Per il 118 la prima cosa fondamentale da conoscere quando qualcuno chiama in una situazione d’emergenza è lo stato vaccinale della persona da soccorrere.
“Perchè mi hanno chiesto lo stato vaccinale di mia madre? Mio padre ha chiamato il 118 per dirgli che era svenuta, ma per loro in quel momento era più importante sapere se fosse vaccinata o meno, una domanda che hanno rifatto in seguito anche a me. Perchè?”
S è una donna che vive in Sicilia. Mi ha chiesto di mantenere l’anonimato perché la storia che stiamo per raccontare è avvenuta in un piccolo paese dove risiedono i suoi genitori, distante circa un’ora dalla città in cui vive. Ha paura che la sua testimonianza su quanto accaduto, in un paese così piccolo dove si conoscono tutti, possa scatenare un pettegolezzo che non farebbe bene alla sua famiglia.
La sua storia è iniziata quando la madre è risultata positiva al Covid. Come da prassi, lei e il padre hanno subito contattato l’Usca per comunicare il contagio. E qui la prima cosa strana. L’Usca chiede in primo luogo di conoscere lo stato vaccinale della donna. Una domanda che irrita S che non ne comprende l’utilità.
“L’Usca però dopo averla registrata, non si è preoccupata di chiedere se presentava sintomi, l’hanno fin da subito abbandonata a se stessa”.
Anche da parte del medico di famiglia, a cui da prassi dovrebbe arrivare immediata comunicazione sui pazienti risultati positivi al coronavirus, nessuna chiamata. Nessuno sembra interessato a sapere se la madre sta bene, se è asintomatica oppure presenta sintomi che vanno curati con tempestività.
“Perchè i medici non fanno una sorveglianza attiva, in particolar modo sulle persone anziane che risultano positive? Perché quando si registra una persona come positiva, nessuno chiama per sapere come sta?”
Una famiglia in difficoltà lasciata sola, nell’indifferenza burocratica della nostra sanità. Sembra una storia di malasanità come ne abbiamo lette tante in questi anni, ma i protocolli che si stanno iniziando ad adottare da quando è iniziata la pandemia, sembrano configurare un sistema persino peggiore di quello adottato in passato. Un sistema in cui tutti sembrano ossessionati dallo stato vaccinale dei pazienti. Sconsolata dall’indifferenza che le hanno riservato l’Usca e il medico di base, S contatta un medico della sua città affinché possa fare una visita a domicilio alla madre e assicurarsi che stia bene.
Dopo qualche giorno però la madre di S si sente male: mentre si trova in bagno perde i sensi. Se ne accorge subito il marito che chiama immediatamente il 118. I soccorsi però non arrivano e S viene richiamata mezz’ora dopo dall’operatrice del 118. Il motivo?
“Mi hanno chiamata per rimproverarmi perché non avevamo comunicato che mia madre era positiva e dunque erano stati costretti a rimandare indietro l’ambulanza”
E anche questa volta, la stessa domanda.
“Sua madre è vaccinata? Questo mi hanno chiesto. Perchè? Non hanno il diritto di farlo, e che importanza aveva in quel momento? Mia madre era svenuta, aveva bisogno di aiuto”
Si perchè, come ha spiegato l’operatrice del 118 a S, le ambulanze tradizionali non possono soccorrere le persone contagiate. Chi le soccorre allora?
“Mi hanno spiegato in seguito che esistono delle ambulanze specifiche per il Covid. Ho scoperto così che se il paziente è affetto da Covid bisogna segnalarlo perché devono mandare delle persone dotate di uno specifico equipaggiamento Covid. Mi sembra sinceramente assurdo, perchè in un periodo in cui si sono contagiati tutti, per la maggior parte asintomatici, non capisco che differenza debba esistere tra un’ambulanza Covid e una normale”
S comunque perde qualunque fiducia nel 118 e nelle sue procedure, e decide di far curare la madre privatamente.
“Mia madre era svenuta, stava male e loro mi chiedevano lo stato vaccinale, mi rimproverano per non aver avuto la lucidità di avvertire che fosse positiva. Questo è inaccettabile, questo è da denuncia”
D’altronde, se chiami il 118 è perché una persona sta male e bisogna agire subito. Che senso ha informarsi sullo stato vaccinale della donna? E anche se in quel momento era positiva e ci fosse stata una sola ambulanza disponibile, non la si mandava? Si perdeva tempo, soltanto perché si trattava di una persona considerata contagiosa? La madre di S oltretutto era risultata positiva al Covid dopo aver fatto due dosi di vaccino.
I sanitari preposti e autorizzati a soccorrere la madre ne hanno invece fatte tre di dosi. Ma nonostante questo, non gli viene concesso di soccorrere una persona positiva in modo celere. A distanza di due anni, sembra ancora di essere dentro quel terrore di essere contagiati che nei primi mesi della pandemia portava tantissimi medici ad avere paura di visitare i pazienti, limitandosi a delle prescrizioni telefoniche.
Come se il vaccino non esistesse.
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