La prima serial killer italiana, Leonarda Cianciulli, nota come la ‘Saponificatrice di Correggio”. Una vita difficile, un’infanzia travagliata, una maledizione.
Leonarda nacque a Montella, in provincia di Avellino, nel 1894. La madre Emilia, venne violentata in giovane età dal Cianciulli e costretta a sposarlo perché incinta. Fu così che durante tutta l’infanzia e l’adolescenza, la madre sfogò la sua rabbia e la sua frustrazione sulla figlia che veniva costantemente riempita di insulti. A seguito della morte del marito, la madre decise di risposarsi, ma al posto che migliorare la situazione peggiorò ulteriormente e spinse la giovane Leonarda a pensare al suicidio.
Il matrimonio e la maledizione
Leonarda si sposò con Raffaele Pansardi poco prima della fine della Prima Guerra Mondiale. Il marito era molto più anziano di lei, lavorava come impiegato all’anagrafe e non era lo sposo scelto dalla famiglia che l’avrebbe voluta vedere maritata con un ricco cugino. La Cianciulli, raccontò di essere stata maledetta dalla madre alla vigilia delle nozze e d’aver perciò interrotto ogni rapporto con lei. Come se non bastasse, qualche anno prima del suo matrimonio, Leonarda aveva conosciuto un’indovina che le aveva predetto che tutti i suoi figli sarebbero morti. Per diversi anni, in effetti, le sue prime 13 gravidanze finirono con tre aborti spontanei e dieci neonati morti nella culla. Fu così che la donna decise di farsi aiutare da una strega locale. Incredibilmente riuscì a rimanere incinta e concludere 4 gravidanze.
Il trasferimento a Correggio
La famiglia di Leonarda si trasferì a Correggio in seguito al terremoto in Irpinia, nel 1930. Lì divenne proprietaria di una bottega e una figura ben nota e apprezzata in paese grazie alla creazione delle sue saponette. All’alba della guerra, nel 1939, Leonarda dovette fare i conti con una questione terrificante: il figlio prediletto, Giuseppe, chiamato ad arruolarsi e lei, che aveva vissuto la maternità in modo tanto drammatico, travolta da un vortice di terrore, misto a pazzia, tant’è che si convinse che l’unico modo per poter salvare la vita del figlio, dovesse essere il sacrificio: quello umano.
Le vittime di Leonarda
Furono tre donne ad essere sacrificate sull’altare di Leonarda, tra il 1939 e il 1941. Nessuno a Correggio avrebbe mai pensato che fosse lei, una donna di 1 m e 50, e di 50 kg di peso, coinvolta nelle sparizioni. Le vittime non vennero scelte in modo casuale, si trattava infatti di tre donne sole, con molti denari, e poche persone a Correggio. Queste conoscevano Leonarda e chiedevano i suoi servigi.
La prima vittima, Faustina Setti, 70 anni, semianalfabeta, ma molto romantica e ancora in cerca di marito; si rivolse a Leonarda per questa ragione. La Cianciulli le aveva infatti garantito che aveva trovato un marito per lei nel villaggio accanto, si era fatta anche anticipare, per il disturbo, 30.000 Lire. Leonarda costrinse la donna a scrivere una lettera in cui parlava del motivo della sua assenza. Quando Faustina giunse a casa della Cianciulli, venne accolta con un’ascia. La seconda vittima fu Francesca Clementina Soavi, un’insegnante d’asilo. La Cianciulli questa volta le promise un lavoro come insegnante a Piacenza. Il copione fu lo stesso: delle lettere per tranquillizzare le persone che la conoscevano, spiegando loro dove sarebbe andata, poi l’ultimo saluto, e quindi la morte. La terza ed ultima vittima fu Virginia Cacioppo, un’ex soprano noto per aver studiato a Milano ed essersi esibita al Teatro alla Scala. Anche questa venne attirata dalla Cianciulli con un finto lavoro da parte di un impresario a Firenze, di nuovo il suo vino venne drogato e la donna uccisa a colpi di ascia.
Il rituale
Dopo averle uccise, Leonarda Cianciulli le trasportava in un armadio e faceva colare il sangue in una bacinella. Asciugava poi i pezzi dei cadaveri in un forno, per mescolare il tutto con altri ingredienti e sfornare torte e biscotti che distribuiva a familiari e amici. Leonarda, nota con il soprannome di “Saponoficatrice di Correggio” per via della pratica di sciogliere la carne delle vittime con la soda caustica. Ammise lei stessa di aver agito così con tutte e tre le sue vittime gettando parti di corpo grasso in litri di soda caustica utilizzata per fabbricare saponette. Riuscendo così nel suo intento di disfarsi completamente dei corpi. Leonarda, al suo miscuglio, aggiungeva inoltre alcune gocce di colonia, per creare, a suo dire, delle saponette profumate, anch’esse distribuite tra amici e familiari.
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Il processo
Gli omicidi di Leonarda vennero a galla grazie alla cognata dell’ultima vittima, Virginia Cacioppo, che vide entrare la donna dentro casa della Cianciulli per scomparire nel nulla. Nel 1946 fu ritenuta colpevole di tre omicidi, l’accusa parlò di movente economico ma la Cianciulli spiegò che si trattava di un tributo.
«Non ho ucciso per odio o per avidità, ma solo per amore di madre.»
Leonarda Cianciulli si adoperò inoltre per mostrare come avesse fatto ad uccidere da sola tutte e tre le vittime, spiegando nel dettaglio i delitti. Venne condannata a 30 anni di reclusione, più un periodo in un manicomio criminale. Morì nel 1970 in manicomio a causa di un ictus.
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Gli strumenti utilizzati dalla killer per compiere gli atroci crimini, sono conservati nel Museo Criminologico di Roma, dove vennero portati nel 1949.