Il killer di Utoya, Anders Breivik, dice di essere cambiato e di non rappresentare più una minaccia per la società. Pronto a presentare domanda di scarcerazione, è tuttavia improbabile che la corte lo rilasci. “In lui non c’è traccia di rimorso”.
A più di 10 anni dalla strage di Utoya (Norvegia), Anders Behring Breivik dice di essere cambiato. Era il 22 luglio 2011 quando perpetrò la strage che gli fece guadagnare il soprannome “killer di Uotya”. Accecato dalle sue ideologie estremiste, l’uomo fece prima esplodere un’autobomba davanti alla sede del governo di Oslo, uccidendo otto persone, poi sparò a 69 ragazzi nel campo estivo annuale dell’ala giovanile del partito laburista. Un totale di 77 vittime, le cui famiglie (insieme ai sopravvissuti all’attentato) sono tutt’oggi tormentate dalle lettere che lo stesso killer invia dal carcere.
Condannato a 21 anni per la strage di Utoya, Breivik è tuttavia pronto a richiedere la scarcerazione anticipata di 11 anni, sostenendo di non essere più un pericolo, di essere “cambiato”. Secondo gli esperti, però, è improbabile che riesca a ottenere la scarcerazione anticipata, dato che non ha mai mostrato segno di alcun pentimento.
“Questo è improbabile che accada. Penso infatti sia abbastanza ovvio che c’è ancora un alto rischio che possa commettere nuovi crimini, nel caso in cui venga rilasciato”. Queste le parole di Berit Johnsen, professore di ricerca presso lo University College of Norwegian Correctional Service. Della stessa opinione, del resto, è anche la psichiatra che ha seguito Breivik fin dalla sua incarcerazione nel 2012.
Secondo quanto spiegato dalla dottoressa, il killer non sarebbe affatto cambiato. “Dal suo processo penale, quando si vantò della portata del suo massacro, alla causa che intentò nel 2016 contro il governo accusandolo di violare i suoi diritti umani, quando alzò la mano in un saluto nazista, posso dire di non rilevare grandi cambiamenti in lui“, ha infatti affermato Randi Rosenqvist. E ha poi aggiunto: “In linea di principio e in pratica, chi chiede la libertà condizionale dovrebbe mostrare rimorso e dimostrare di capire perché tali atti non possono essere ripetuti”. Ad ogni modo, durante l’udienza Rosenqvist presenterà il rapporto psichiatrico, documento cruciale nei casi in cui i criminali tentano dimostrare di non essere più pericolosi per la società.
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Preoccupati, però, i familiari delle vittime. Già tempestati di messaggi intimidatori dal carcere, temono infatti che l’udienza possa essere una scusa per focalizzare l’attenzione sulle sue ideologie estremiste, con il rischio di ispirare altri attentati del genere. Basti pensare, in effetti, che l’uomo che dice di essere cambiato, ha inviato una lettera al gruppo di supporto dei parenti delle vittime: un documento, firmato a mano, che conta ben otto pagine, tutte ricche di contenuti di propaganda della “supremazia bianca”. L’udienza, comunque, dovrebbe durare tre giorni. Pare ci vorranno però diverse settimane prima che la sentenza venga annunciata.
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