La pandemia fa bene ai ricchi, il divario con i più poveri non è mai stato così alto

Gli ultimi report testimoniano in modo inequivocabile quanto la pandemia abbia contribuito ad allargare il divario sociale ed economico tra ricchi e poveri nel mondo. 

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Da 700 miliardi a circa 1.500 miliardi di dollari. 

Questo l’incredibile aumento del patrimonio che i dieci uomini più ricchi al mondo hanno registrato complessivamente durante la pandemia. E a lanciare l’allarme su una crescita della disuguaglianza sociale ormai insostenibile, è un rapporto dell’Oxfam, la confederazione internazionale dell’organizzazione no-profit contro la povertà globale. Il report, intitolato “La pandemia della disuguaglianza”, è stato presentato al World Economic Forum di Davos che quest’anno si terrà online in virtù di un’emergenza sanitaria che continua a bloccare il mondo occidentale a distanza di due anni. Un documento che illustra evidenze scientifiche allarmanti, come quella ad esempio che rimarca come le dieci persone più ricche del mondo possiedono attualmente il 40 per cento della ricchezza globale. Basti solo pensare quanto Jeff Bezos abbia beneficiato dei primi lockdown. In questi ultimi due anni di pandemia Amazon ha registrato un aumento record delle vendite per motivi facilmente comprensibili. Tra lockdown e chiusure restrittive, gli acquisti online sono diventati per una buona parte della popolazione mondiale l’unico modo per rifornirsi in sicurezza. Una situazione che ha portato Bezos a incrementare di circa 81 miliardi il suo patrimonio personale. Il quadro delineato dall’Oxfam è semplicemente tragico, al punto che la confederazione parla di un vero e proprio “virus della disuguaglianza”, un’emergenza che va intesa e affrontata seriamente tanto quanto la pandemia che stiamo vivendo. 

Ma non solo, perché gli analisti di Oxfam stimano anche che al momento, dato che non sono state intraprese delle vere manovre economiche nel mondo di contrasto a questo fenomeno, i livelli di povertà non scenderanno entro il 2030. La pandemia insomma, ha allargato in modo abnorme un divario tra ricchi e poveri già molto alto e al momento non sono state prese contromisure adeguate per ridurlo nei prossimi decenni. E come sempre purtroppo, le donne risultano più colpite e danneggiate rispetto agli uomini e l’Oxfam stima che 13 milioni di donne che hanno perso il lavoro a causa della pandemia non ne hanno ancora trovato un altro. Ad affiancare questa analisi c’è poi il World Inequality Report che si occupa di misurare e monitorare le differenze di reddito e ricchezza nel mondo. Nel report si può leggere come gli attuali livelli di disuguaglianza planetari risultano persino superiori a una rilevazione condotta alla fine del 1800. Un dato che va però preso con una certa cautela. Evidente come a partire dal dopoguerra, la classe media abbia beneficiato di un benessere e un un reddito sconosciuti nella storia. In termini assoluti però, la popolazione mondiale rispetto a un secolo fa è mediamente più povera.

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E non può invece che preoccupare la continua crescita del patrimonio dell’1 per cento della popolazione più ricca, specchio di un divario intollerabile e che mina la democrazia occidentale alla base. All’interno del World Inequality Report è poi contenuta un’analisi che si sofferma in modo specifico sul nostro paese. Nel documento si evidenzia come, nell’arco temporale che va dal 2007 al 2019, mentre il reddito nazionale aumentava di 12 punti percentuali, la quota di reddito detenuta dai più poveri si è progressivamente assottigliata, passando dal 50 per cento al 35 per cento. Un’altra analisi condotta dal ricercatore Salvatore Morelli ha messo in rilievo come a partire da inizio anni novanta, lo 0,1 per cento della popolazione più ricca in Italia ha visto invece raddoppiare la sua ricchezza netta. L’ennesima analisi dunque che rimarca quanto sia ormai diventato profondo il divario tra ricchi e poveri nel mondo, e quanto la pandemia abbia forse in tal senso tracciato un punto di non ritorno.  La forbice è infatti diventata così ampia che diventa difficile adesso capire come invertire questa tendenza, laddove naturalmente vi sia un reale volontà da parte dei governo mondiali di agire in tal senso. 

E se a questo si va poi ad aggiungere la problematica ambientale, la questione diventa molto più seria. Un recente studio pubblicato dal gruppo Ener2Crowd, ha fatto emergere due dati drammatici in termini di disuguaglianza economica e ambientale. Se infatti l’1 per cento della popolazione mondiale è attualmente responsabile del 15 per cento di emissioni inquinanti, è la fascia più povera della popolazione a produrre in tal senso i numeri peggiori. In Italia ad esempio, si legge nel rapporto, il 50 per cento della popolazione produce un impatto ambientale inquinante superiore a 8,2 volte quello invece creato dal 10 per cento più ricco. 

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Giorgio Mottironi, co – fondatore di Ener2 Crowd, ha commentato questa ricerca spiegando che “questo vuol dire solo una cosa: non solo le persone più povere sono tali da un punto di vista “monetario”, ma lo sono anche da un punto di vista ecologico, potendo accedere a prodotti e servizi dalle qualità ecologiche intrinseche peggiori”. C’è bisogno dunque di ripensare in modo totale l’economia planetaria e comprendere la necessità di “un nuovo modello culturale orientato alla sostenibilità retroagisca su quello economico, permettendo a chiunque di godere di una migliore “qualità ecologica”, consci della necessità che i costi di un “premium green” più innovativo siano a carico di chi può effettivamente permetterseli, in attesa che vengano socialmente redistribuiti per favorire il progresso collettivo”.

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