C’è la mano di un notaio ebreo che avrebbe chiesto protezione per la sua famiglia dietro la morte dell’autrice del diario di guerra più famoso della storia dell’umanità
Dici “Anna Frank” e ti viene subito in mente quel diario che è una cronaca di guerra che racconta come vivevano gli ebrei ai tempi della Shoah attraverso gli occhi di una adolescente, meglio di un qualsiasi documentario. Per anni si è cercato chi tradì, a pochi mesi dalla fine della seconda guerra mondiale, la ragazza e la sua famiglia, dopo che si erano rifugiati per anni in clandestinità in un nascondiglio ad Amsterdam.
La risposta è finalmente arrivata grazie a una squadra di investigatori internazionali, tra cui un agente dell’Fbi in pensione. E il colpevole, ma non troppo sembra avere il nome e il cognome di Arnold van der Bergh notaio ebreo che avrebbe rivelato alla Gestapo il nascondiglio della giovane in cambio della sicurezza per la propria famiglia. Insomma: uno scambio di persone e di vite neanche troppo velato.
Un tradimento “per legittima difesa” figlia dell’incrocio di informazioni, documenti, testimonianze e una nota di polizia che dopo la fine della guerra sarebbe arrivato tra le mani di Otto Frank, il padre di Anna, che si salvò dalla morte e raccolse – senza fare non poche censure – gli scritti del diario.
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Nella sostanza Jewish Council – una sorta di comitato ebraico che non disdegnava il rapporto con i nazisti e faceva un po’ da mediatore del tempo – aveva stilato elenchi di indirizzi di famiglie ebree nel tentativo di mostrare ai tedeschi che stava collaborando e, come membro di questo organismo, Van den Bergh avrebbe venduto i Frank per salvare la propria famiglia
L’indirizzo dei Frank finì nelle mani di un ufficiale delle Schutz-Staffel, che fece arrestare tutti. E se ancora le indagini sono in corso e non sono state consegnate a una commissione indipendente, cade però quasi al cento per cento la teoria che la scoperta del rifugio, la prigionia e la morte di Anna Frank siano file del caso.
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Insomma, la ragazza si poteva salvare e forse ne avremmo conosciuto direttamente le gesta raccontate nel suo noto diario, diventato un libro da milioni di copie vendute e testimonianza sulle brutture della guerra.
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