Katharina Miroslawa, conosciuta come ‘La mantide’, come il noto animale, la cui femmina, dopo l’amplesso, uccide il maschio. Accusata di aver fatto assassinare l’imprenditore Carlo Mazza. Una lunga storia che ha tenuto banco tra gli anni ’80 e i primi 2000 tra l’omicidio, poi la sua condanna, la latitanza, la cattura ed il carcere e ora la nuova vita della donna, fuori dalla prigione.
Le pagine della cronaca nera e rosa dell’epoca furono molto impegnate ad occuparsi di questa vicenda che vide poi la sua chiusura, a livello processuale, con la condanna per ‘concorso morale’ nell’omicidio dell’imprenditore, Carlo Mazza, amante della Miroslawa. La donna ha sempre negato qualsiasi responsabilità, ha anche raccontato la sua versione al programma “Che fine ha fatto Baby Jane?”, di Franca Leosini. La vicenda della mantide è durata quasi 15 anni, dal delitto di Carlo Mazza, accaduto nella notte tra l’8 e il 9 febbraio del 1986 a Parma, all’arresto della donna, dopo la latitanza, nel febbraio del 2000.
L’omicidio dell’imprenditore
L’imprenditore 52enne Carlo Mazza, venne ritrovato senza vita, sotto casa, all’interno della sua auto, con due colpi di calibro 6.35 alla testa. Immediatamente gli investigatori concentrano le indagini sulla vita notturna di Mazza, sulle sue frequentazioni e in breve tempo arrivano a Katharina Miroslava, una ragazza di 23 anni, ballerina di nightclub con la quale la vittima aveva appunto una relazione da diverso tempo. L’imprenditore regalava alla ragazza gioielli, regali importanti, viaggi.
L’accusa
L’ipotesi è che la donna abbia progettato insieme al marito, Witold Kielbasinski, anche lui ballerino, l’omicidio dell’imprenditore per intascare la polizza assicurativa sulla vita, un miliardo di lire, che Mazza aveva stipulato in favore della ballerina.
La lunga vicenda processuale
Durante il processo prendono vita diversi colpi di scena, dal coinvolgimento del fratello di Katharina, ad un cittadino greco, entrambi accusati di aver partecipato al delitto. I due principali indiziati si sono sempre dichiarati innocenti, arrivando perfino a fornire un alibi riguardante la loro presenza all’estero al momento dell’assassinio.
Sia la Miroslawa che il marito, vennero assolti in primo grado per insufficienza di prove, in appello la sentenza venne però ribaltata con la condanna di tutti gli imputati. In terzo grado la Cassazione annullò la sentenza, rinviando gli atti in appello. La sentenza bis vede la condanna di Katharina Miroslowa e del fratello a 21 anni e mezzo di carcere questa arriva il 20 giugno 1992, il marito viene invece condannato a 24 anni di carcere. La pronuncia divenne definitiva con la sentenza della Cassazione il 24 febbraio 1993.
LEGGI ANCHE > Gialli e misteri italiani, la morte di Lolita: il successo, il declino e il brutale omicidio
La latitanza
Dopo la sentenza la Miroslawa scappa all’estero, tiene nascosta la sua vera identità, si rifà una vita con un altro uomo, tutto questo per sette anni, fino a quando non viene arrestata, a Vienna, il 3 febbraio del 2000 ed estradata in Italia. Nel nostro Paese, la mantide, sconta 12 anni di pena, uno in affidamento ai servizi sociali grazie ad una serie di sconti pena. Katharina Miroslowa durante la sua detenzione ha continuato a dichiararsi innocente. Il marito – catturato a sua volta dopo alcuni mesi di latitanza – ha sempre supportato la sua tesi, dicendo di essere lui l’unico colpevole, di aver ucciso l’uomo per gelosia. La donna, per due volte ha tentato di chiedere la revisione del processo ma l’istanza è sempre stata respinta.
LEGGI ANCHE > Gialli e misteri italiani, il delitto Gucci: odio, vendetta e affari di famiglia
La libertà
Il marito della Miroslowa, Witold, è tornato da uomo libero in Polonia nel 2007. Katharina è invece tornata in libertà nel 2013. Si è rifatta una vita, ha un marito e dei figli e ha continuato a sostenere la sua innocenza. “Io non mi sento pregiudicata, perché so di non aver fatto nulla, di essere stata condannata senza prove. Io so di essere innocente. E chi mi conosce bene sa che lo sono. Quella sentenza è un’ingiustizia e vorrei fosse riscritto un finale diverso”.