La partita per il Quirinale prosegue e gli animi si fanno più tiepidi nei confronti dell’ipotesi Berlusconi al Colle. Non poteva mancare il commento dell’ex presidente del Consiglio Massimo D’Alema, rilasciato al manifesto.
Massimo D’Alema, volpe di lunga data della politica italiana, sta a guardare, osserva i piccoli movimenti e le macro mutazioni, e alla fine dice la sua, sull’ipotesi Berlusconi al Colle, su Draghi, sul futuro dell’esecutivo. Tutti temi legati a doppio filo a un’incombenza che, nelle prossime settimane, scatenerà tutti i suoi effetti: l’elezione del nuovo presidente della Repubblica. “Mai come in questo momento serve un’intesa tra le forze politiche, altrimenti si rischia il caos. Il centrosinistra in passato, pur avendo la maggioranza dei grandi elettori, ma non ne ha mai abusato proponendo figure che non dividevano il paese, come Ciampi, Napolitano e Mattarella. Oggi nessuno ha la forza di governare il processo”, dice D’Alema al manifesto. Insomma, l’ex presidente del Consiglio sa bene che la prossima elezione del Capo dello Stato non sarà un’elezione qualsiasi, sa che in ballo c’è la tenuta del sistema democratico e della politica italiana. Per questo usa i guanti di velluto, e quando gli viene chiesto per chi voterebbe, risponde cautamente: “Sarebbe importante che le forze politiche si vincolassero ad avanzare ipotesi di candidature femminili. Dopo 70 anni, e in una fase di crisi profonda del sistema democratico, sarebbe un segnale importante. Non sono nelle condizioni di avere preferenze e se le avessi indicherei una donna del centrosinistra“.
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Scendendo però nell’agone politico delle ipotesi più accreditate, D’Alema ribadisce: “Se i partiti ritengono che l’unica personalità su cui si può trovare una larga convergenza è quella di Draghi, questo però richiede un accordo per il governo. In questo scenario confuso vedo un unico disegno chiaro, quello della destra di Giorgia Meloni: eleggere il premier con buona pace del folle tentativo di Berlusconi di assaltare il Quirinale. Così si pagherebbe un ticket di legittimazione agli occhi dell’establishment internazionale per poi andare subito alle elezioni con questa legge elettorale. Questa almeno è un’agenda politica, che io ritengo dannosa. Il resto dello scenario mi pare confuso“, conclude D’Alema. Insomma, per D’Alema il sogno di ascesa al Colle di Berlusconi rappresenterebbe solo un “folle tentativo” che, con ogni probabilità, incontrerà le aspirazioni avverse di FdI. Mentre la Repubblica riporta l’indiscrezione di un umore tiepido nel centrodestra nei confronti dell’ipotesi Berlusconi, mentre si inizia a parlare di piano B, D’Alema derubrica tale ipotesi all’assurdità (c’è da dire che questo non basta a scansare l’ipotesi: l’Italia ci ha abituati a veder realizzati gli scenari più improbabili). A sostegno di ciò, D’Alema sottolinea: la reale intenzione di Giorgia Meloni è quella di “liberarsi” di Draghi, spostandolo al Colle, per poter arrivare il prima possibile alle elezioni anticipate. Le altre forze politiche, navigano a vista. In questo scenario, riemerge il nome di Draghi.
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“Il premier svolge efficacemente il suo ruolo internazionale spendendo la sua forte credibilità, a Bruxelles e con gli Stati Uniti. Sul lato interno fa il possibile con una maggioranza contraddittoria e inevitabilmente divisa, cerca i compromessi possibili. Fa politica quindi, misurandosi con una realtà rispetto alla quale non esistono super poteri in grado di produrre soluzioni miracolistiche”, ribadisce D’Alema, che poi sottolinea: “Non vedo la possibilità di una maggioranza ristretta. E mi pare difficile mantenere una maggioranza larga senza Draghi. Non è un compito facile arrivare al 2023 se il premier viene eletto al Quirinale“. Insomma, il rebus è tutto lì: bisogna mettere a terra il Pnrr e gestire la pandemia, per farlo è necessaria una maggioranza ampia che solo Draghi riesce a raccogliere, lo stesso Draghi che alcune forze politiche – per motivazioni diverse – vorrebbero vedere al Quirinale. Tra queste motivazioni, appare anche quella che sembra rassicurare alcuni osservatori italiani ed esteri: l’attuale presidente del Consiglio dal Quirinale potrebbe continuare a sorvegliare (leggasi governare) lo stato dei lavori, posizionando una persona di fiducia a Palazzo Chigi.
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Uno scenario che – non lo ricorda solamente D’Alema – potrebbe sconvolgere il senso stesso del ruolo del presidente della Repubblica. Uno scenario che, secondo l’ex presidente del Consiglio, ben si adatta ad un nuovo sentimento diffuso di “antipolitica, elitismo e spirito antidemocratico. L’apice si è raggiunto quando si è scritto che il problema non è quello che pensa il Parlamento bensì quello che vuole Goldman Sachs a proposito della collocazione futura del presidente Draghi. È umiliante per il nostro paese. Ma oltretutto, queste considerazioni sono sciocche perché alimentano delle aspettative messianiche che sono inevitabilmente destinate ad essere deluse, generando qualunquismo e sfiducia”, conclude D’Alema.
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