Per il virologo americano è iniziato un nuovo mailgate e anche stavolta la sua corrispondenza privata con membri autorevoli del mondo scientifico e del governo, sembra raccontare una storia diversa da quella ufficiale.
Anthony Fauci è di nuovo nella bufera.
Il consigliere per l’emergenza pandemica Usa è finito al centro di uno scandalo. La notizia arriva da Sky News Australia e racconta di come il senatore repubblicano Jim Jordan sia riuscito a pubblicare il contenuto di alcune e-mail private del virologo americano. In particolare, il senatore ha reso nota una corrispondenza tra Fauci e il dottor Francis Collins, medico affermato che dirige il National Institutes of Healths. Da quanto si apprende in questo scambio di messaggi, i due discutevano per concordare insieme una strategia che aveva lo scopo di screditare agli occhi dell’opinione pubblica l’ipotesi che il Covid-19 non fosse un virus prodotto dalla natura, ma fosse stato invece creato dall’uomo. Per il momento non è ancora chiaro in che mesi i due abbiano avuto questo scambio di messaggi.
Resta comunque il fatto che la posizione del virologo americano si fa adesso sempre più delicata in quanto la corrispondenza pubblicata dal senatore Jordan non è altro che il nuovo capitolo di quello stesso scandalo che lo aveva travolto sei mesi fa.
Nel Giugno del 2021 infatti, il mondo occidentale scoprì che uno dei consulenti più importanti nella lotta alla pandemia, forniva due narrazioni molto diverse di quanto stava accadendo, tra il suo ruolo pubblico e quello privato. La sua corrispondenza oltretutto non venne trafugata nel corso di un’inchiesta giornalistica, ma grazie a una richiesta ottenuta mediante il ricorso al Freedom Information Act. Si tratta di una legge americana che permette le desecretazione dei documenti segreti in possesso delle agenzie federali. E tra queste, ce n’erano alcune che hanno messo in grande difficoltà il medico americano. Oltre tremila mail vennero desecretate e quelle più importanti furono pubblicate dal Washington Post e da Buzzfeed.
Il 31 Gennaio del 2020 un esperto di malattie infettive di nome Kristian Andersen scrive a Fauci. Aveva fatto alcune scoperte a suo parere inquietanti analizzando in laboratorio il Covid 19. “Alcune caratteristiche sembrano (potenzialmente) costruite”, scriveva Andersen. Ma non solo perché vi erano anche alcune “inconsistenze nel genoma rispetto a quelle previste in linea con la teoria evoluzionistica. Dobbiamo analizzarlo più attentamente, ci sono ulteriori indagini che devono essere fatte, perché queste opzioni possono sempre cambiare”. Il fatto strano è che Andersen di lì a poco cambierà repentinamente idea, iniziando a etichettare lui stesso come “strampalata” la tesi secondo cui ci si trovava di fronte a un virus nato in laboratorio. Alcuni giorni dopo la missiva inviata a Fauci infatti, lo scienziato scrisse una lettera alla Nationals Academies of Science in cui spiegava, argomentando sulle ipotesi circa l’origine del virus che “costruito può significare molte cose, può essere fatto per ricerche di base o per scopi nefasti, ma i dati dimostrano in modo conclusivo che nessuna di queste due cose è stata fatta”. L’unico fatto certo che emerge da quella corrispondenza è che Fauci era cosciente fin dall’inizio delle teorie circa l’origine artificiale del Covid-19, e che nonostante la segnalazione di Andersen, non ritenne comunque opportuno avviare un’indagine indipendente in merito.
Fauci si difese dalle accuse cercando di minimizzare quanto accaduto e sostenendo che quella corrispondenza privata veniva strumentalizzata al solo fine di attaccarlo, anzi per “attaccare la scienza”. Una difesa che naturalmente scontentò i repubblicani che ne chiesero prontamente le dimissioni, ma Biden subito gli rinnovò la fiducia mantenendolo saldo nel suo ruolo di consulente del governo. Il problema è che la mail di Andersen non era certo l’unica interessante tra quelle rese pubbliche dal Freedom Act. Ce n’era un’altra ad esempio, scritta da Peter Daszak, presidente della EcoHealth Alliance, un gruppo che collaborava attivamente con l’Istituto di virologia di Wuhan.
“Voglio solo inviarle un mio personale ringraziamento e a nome del nostro staff e dei nostri collaboratori per aver dichiarato pubblicamente che ci sono prove scientifiche a favore di un’origine naturale del Covid-19, con un passaggio dal pipistrello all’uomo, e non con una fuga dall’Istituto di Wuhan”
La cosa interessante è che Daszak era uno degli uomini scelti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per il gruppo che fu spedito in Cina allo scopo di indagare sulle origini del virus. Venne però ben presto rimosso dal suo ruolo. All’Oms non si erano infatti accorti che stavano delegando questo compito a uno scienziato che negli ultimi anni aveva lavorato in partnership con Wuhan, e che dunque aveva un conflitto di interessi troppo grande per sperare nella sua neutralità investigativa sul tema.
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C’erano poi altre mail in cui lo stesso Fauci metteva in dubbio l’utilità delle mascherina. Ad esempio, in una sua corrispondenza con Mathews Burwell, che aveva ricoperto il ruolo di Ministro della sanità durante l’amministrazione Obama scriveva che “le mascherine servono solo alle persone infette per impedire loro di diffondere l’infezione a persone che non sono infette, e non a proteggere le persone non infette dal contagio”. Va detto in questo caso però che questa tesi veniva anche sostenuta da Fauci davanti all’opinione pubblica, e che soltanto nel giugno del 2020 iniziò invece a considerare le mascherine come una vera e propria arma per impedire la trasmissione del virus anche tra persone sane.