Prosegue l’incertezza sulla corsa al Quirinale che dovrebbe chiudersi a fine gennaio: le consultazioni informali tra forze politiche proseguono e l’impressione generale è che si sia ancora lontani dal trovare un accordo definitivo.
Nonostante il largo anticipo con il quale si è deciso di affrontare il momento delicato, nonostante il grande proliferare di nomi candidabili al Quirinale, l’incertezza regna sovrana sull’elezione del prossimo presidente della Repubblica. E il tempo stringe. A preoccupare non è tanto l’impossibilità di trovare un accordo su un nome (quello prima o poi spunterà fuori, è inevitabile). Il problema è il modo in cui questo accordo verrà trovato, le ferite che aprirà all’interno della maggioranza e – vien da sé – il nome che salterà fuori dalle consultazioni. Il problema è che in un quadro che ancora stenta a fornire certezze, la corsa contro il tempo potrebbe creare danni non indifferenti. Soprattutto se si pensa alla fragilità con cui la politica italiana si avvicina al moment0 fatidico: in una sola legislatura si sono alternati due esecutivi molto diversi, un governo di unità nazionale e ben tre maggioranze diverse. Insomma, tutti hanno già avuto modo di litigare con tutti, e ora tutti dovranno ricongiungersi per trovare una convergenza, anche abbastanza rapidamente: i grandi elettori dovrebbero riunirsi nella seconda metà di gennaio. Per questo aumenta il desiderio di perseguire una strada percepita come sicura: Mario Draghi al Quirinale. Tuttavia, senza parlare di quanto questa ipotesi sia semplice in apparenza e complessa nella sostanza, senza parlare di come trasfigurerebbe il ruolo del presidente della Repubblica (avvicinando l’Italia al sistema semipresidenziale), senza parlare di tutto questo, gli effetti immediati di questo scenario restano ancora ignoti.
Mario Draghi da un lato ha fatto sapere di non aspirare al Colle, e dall’altro ha ricordato: il lavoro sul Pnrr può andare avanti anche in sua assenza. Insomma, il sottotesto sembra essere: nel caso in cui i parlamentari volessero chiedere a Draghi di diventare il nuovo presidente della Repubblica, lui non rifiuterebbe. Bisogna capire, però, quali potrebbero essere le conseguenze pratiche, immediate, di un tale spostamento. A quel punto la legislatura dovrebbe trovare l’ennesimo accordo per dare fiducia all’ennesimo presidente del Consiglio, in grado di tenere insieme i pezzi di un parlamento che pian piano si sfalda. In alternativa, si dovrebbe andare a elezioni anticipate, un’ipotesi che difficilmente potrebbe esser presa in considerazione visto il persistere dell’emergenza.
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I nomi per la partita al Quirinale
In breve, l’ipotesi Draghi al Quirinale sembra essere la scelta più rapida e la più complessa allo stesso tempo: è anche la scelta che avrebbe più ripercussioni sulla tenuta dell’attuale governo. Per questo si snocciolano altri nomi, altre ipotesi, ed è a questo punto che rispunta il nome di Silvio Berlusconi. Il vecchio sogno del Cavaliere potrebbe tornare in campo a partire dalla quarta votazione, qualora si arrivasse a tanto. In quel caso, tuttavia, dovrebbe scontrarsi con la conclamata contrarietà del M5s e Iv. Così i parlamentari continuano a snocciolare nomi, e tra questi emergono quelli dell’ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini e dell’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato. Per il leader del M5s Giuseppe Conte è il momento di candidare una donna al Quirinale, e anche in questo caso si apre il ventaglio delle ipotesi (più lontane rispetto alle altre): in ballo ci sarebbero l’attuale presidente del Senato Elisabetta Casellati, Emma Bonino, Rosy Bindi e Marta Cartabia. Tutti nomi che, tuttavia, dovranno scontrarsi con il confronto tra forze politiche.
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Le geometrie parlamentari
A preoccupare è soprattutto la forte frammentazione tra forze alternative e alleate, che si astengono dal comunicare una linea netta. Il problema è che, al di là di tatticismi e strategie, sembra mancare una reale convergenza tra le parti. A partire dal centrodestra, che vanta circa il 46% dei grandi elettori e che presenta una coalizione ancora disunita. “Condivisione, o si fa sul serio dal quarto scrutinio. La Lega sarà compatta sul nome che ci indicherà Salvini. Se sarà Berlusconi tenteremo qualsiasi strada“, fa sapere Roberto Calderoli ad Affaritaliani. Ma a pesare è soprattutto la posizione di un convitato di pietra che potrebbe scompaginare le carte: Matteo Renzi. Stando a quanto ricordato dal Corriere della Sera, di fronte alla rottura post-Ddl Zan con il Pd, anche Italia viva avrebbe orientato il proprio sguardo verso il centrodestra. O meglio, verso Matteo Salvini. In questo quadro Renzi, durante l’approvazione della manovra in Senato, sarebbe rimasto seduto per circa mezz’ora a parlare con il leader della Lega Matteo Salvini. Un incontro che, sottolinea il Corriere, sembra preparato a tavolino per attirare gli occhi delle forze parlamentari, e sollevare qualche preoccupazione. Anche perché nel mezzo c’è il nome di Silvio Berlusconi: Iv ha già fatto sapere di non essere disposta a votarlo. Così, mentre Fratelli d’Italia con Ignazio La Russa ribadisce che il centrodestra è compatto su Berlusconi, dalle retrovie fanno sapere: i parlamentari risultano piuttosto divisi. E parliamo di alleanze conclamate. Meglio non chiedersi, a questo punto, cosa accade sul fronte Pd-M5s. Ma un’idea ce l’abbiamo già.