Manovra, il governo ha posto la fiducia alla Camera: il punto

La Manovra 2022 approda alla Camera. Il governo avrebbe già posto la fiducia in Aula al termine della discussione generale. La seduta è stata sospesa per la conferenza dei capigruppo di Montecitorio, che ha deciso il timing delle prossime votazioni. Il punto della situazione. 

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MeteoWeek.com (Photo by Giorgio Cosulich/Getty Images)

La discussione generale sulla Manovra 2022 è approdata nella giornata di oggi in Aula alla Camera. Il testo è stato licenziato in seconda lettura dalla Commissione Bilancio di Montecitorio con il mandato alla relatrice Daniela Torto (M5s). Il testo è stato presentato senza modifiche rispetto a quello licenziato dal Senato. Sulla manovra è già stata posta la questione di fiducia alla Camera. A presentarla è stato il governo, nella persona del ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà, a conclusione della discussione generale. La seduta in Aula è stata sospesa per la conferenza dei capigruppo di Montecitorio, che decide programma e tempistiche delle votazioni. Più nello specifico, la conferenza dei capigruppo ha stabilito che le operazioni di voto sulla questione di fiducia inizieranno con la prima chiama domani alle 18.57. Dopo il voto di fiducia si proseguirà con l’esame degli ordini del giorno. Il prosieguo dei lavori è previsto dalle 9 di giovedì 30.

Insomma, stando a quanto emerso, a preoccupare sarebbero soprattutto le tempistiche di approvazione, piuttosto che il contenuto del testo, che appare ormai blindato. Tra le principali misure, si ricordano la riforma dell’Irpef, un piano per rateizzare le bollette in 10 mesi, la stretta contro le delocalizzazioni, la proroga di sei mesi per le cartelle esattoriali notificate dal primo gennaio al 31 marzo 2022, l’eliminazione dei vincoli per accedere al Superbonus. Ma se gran parte dei contenuti della Manovra era già nota ai più, non mancano alcune, fugaci, sorprese.

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Spunta una novità

Stando a quanto riportato emerso fino ad ora, una delle novità contenute nel maxi-emendamento del governo alla legge di Bilancio approvata in Senato riguarda gli stipendi dei dirigenti pubblici: nelle modifiche inserite, il tetto di 240mila euro l’anno si sposterebbe verso l’alto. Da due mesi, ormai, l’adeguamento attendeva di essere inserito in manovra. La notte dell’antivigilia di Natale è stato approvato dal Senato, che lo a inserito in extremis nel maxi-emendamento alla legge di Bilancio. L’adeguamento si trova ora all’esame della Camera, ma è lecito pensare che il vaglio si tradurrà in una semplice ratifica finale. Sforato il tetto dei 240mila euro l’anno, dovrebbe essere l’Istat a fissare la percentuale degli aumenti, “che equivarrà a quella degli adeguamenti annuali degli stipendi riconosciuti ai dirigenti di Polizia e forze armate e ai docenti universitari, che a propria volta è tarata sugli ‘incrementi medi conseguiti nell’anno precedente dalle categorie di pubblici dipendenti contrattualizzati’“, riporta il Fatto Quotidiano. La novità, tuttavia, avrà effetto solo a partire dal 2023.

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Le altre sfide

quirinale
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Al di là di sorprese dell’ultimo minuto, ad ogni modo, la partita della Manovra sembra ormai giunta quasi a conclusione. Con estremo ritardo, certamente, di nuovo attraverso la questione di fiducia, ma la direzione sembra ormai tracciata. Ciò che non è certo è cosa accadrà al governo, una volta archiviata la partita economica. A preoccupare è innanzitutto l’elezione del nuovo presidente della Repubblica, un tema caldo che già da diverse settimane agita gli animi dei parlamentari. “Indicherò la data” di inizio dei lavori “nella lettera che manderò per la convocazione del Parlamento in seduta comune, che sarà inviata il 4 gennaio. La lettera sarà inviata il 4 gennaio anche alle Regioni per l’individuazione dei delegati regionali“, ha fatto sapere Roberto Fico a metà dicembre. La data, tuttavia, rischia di inserirsi in un clima di fermento non indifferente: intorno alla metà di gennaio al Parlamento spetterà approvare il decreto Green Pass, un’incombenza che potrebbe far slittare le votazioni per il Quirinale intorno al 20 gennaio, stando all’Agi. Ovviamente, i parlamentari non staranno ad attendere.

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Le consultazioni informali tra le forze politiche vanno avanti ormai da tempo, come ha ricordato lo stesso Matteo Salvini: “Verrà eletto un presidente della Repubblica spero presto e bene, e su questo ci sto lavorando personalmente. Anche in questi giorni, anche in queste ore, sto contattando tutti i miei colleghi segretari, perché con tanti problemi che hanno gli italiani conto che la politica dimostri concretezza e rapidità nelle scelte“. L’impressione, tuttavia, è che fino ad ora non si sia giunti a una linea precisa e condivisa o, in alcuni casi, che non si abbia voglia di scoprire le carte troppo in anticipo. In entrambi i casi, tuttavia, risulta difficile, al momento, immaginare un dialogo pacifico tra le diverse forze parlamentari. Per questo, in fondo a ogni questione, continua a riemergere la domanda principale: quale sarà la sorte dell’attuale governo?

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