È morto Desmond Tutu, l’arcivescovo che sconfisse l’apartheid in Sudafrica. Aveva 90 anni. “Con lui si chiude un capitolo importante della storia del Sud Africa”. “Era un essere umano straordinario. Un pensatore. Un leader. Un pastore”.
L’arcivescovo Desmond Tutu, il premio Nobel per la pace che ha contribuito a porre fine all’apartheid in Sudafrica, è morto oggi all’età di 90 anni. Il presidente Cyril Ramaphosa ha affermato che la sua scomparsa si chiude il capitolo più importante della storia del Sudafrica, con “l’addio della nostra nazione a una generazione di eccezionali sudafricani”. L’arcivescovo Tutu aveva contribuito a lasciare in eredità “un Sudafrica liberato”, ha aggiunto Ramaphosa, ed era una delle figure più conosciute del paese in patria e all’estero. Contemporaneo a Nelson Mandela, è stato una delle forze trainanti del movimento dell’Apartheid, atto a porre fine alla politica di segregazione e discriminazione razziale imposta dal governo della minoranza bianca contro la maggioranza nera in Sud Africa dal 1948 al 1991.
La morte di Tutu arriva poche settimane dopo quella dell’ultimo presidente sudafricano dell’era dell’apartheid, FW de Clerk, morto all’età di 85 anni. Tutu, scomparso oggi, 26 dicembre, a Cape Town, era stato insignito del premio Nobel nel 1984 per il suo ruolo nella lotta per l’abolizione della politica di segregazione e discriminazione razziale in Sud Africa. Il presidente Ramaphosa “a nome di tutti i sudafricani, esprime la sua profonda tristezza per la morte dell’Arcivescovo emerito Desmond Mpilo Tutu”, si legge in una notta ufficiale della presidenza della Repubblica sudafricana. “La sua scomparsa è un altro capitolo del lutto della nostra nazione: diamo l’addio a una generazione di formidabili concittadini che hanno contribuito a lasciarci in eredità un Sudafrica libero”, viene sottolineato nella nota.
Il presidente lo ha descritto come “un uomo di straordinario intelletto, integrità e invincibilità contro le forze dell’apartheid, era anche tenero e vulnerabile nella sua compassione per coloro che avevano sofferto l’oppressione, l’ingiustizia e la violenza sotto l’apartheid e per le persone oppresse e oppresse in tutto il mondo”. Veniva da una famiglia povera dell’etnia Xhosa, la stessa di Nelson Mandela. Diventato sacerdote nel 1960, Tutu è stato vescovo del Lesotho dal 1976 al 78, vescovo aggiunto di Johannesburg e rettore di una parrocchia a Soweto. Divenne vescovo di Johannesburg nel 1985 e l’anno successivo venne nominato primo arcivescovo nero di Cape Town. Usò il suo ruolo di alto profilo per parlare contro l’oppressione dei neri nel suo paese d’origine, dicendo sempre che le sue motivazioni erano religiose e non politiche.
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Dopo che Mandela divenne il primo presidente nero del Sudafrica nel 1994, Tutu era stato nominato da lui in una Commissione per la verità e la riconciliazione istituita per indagare sui crimini commessi sia dai bianchi che dai neri durante l’era dell’apartheid. È stato anche accreditato per aver coniato il termine Rainbow Nation per descrivere il mix etnico del Sudafrica post-apartheid, ma negli ultimi anni ha espresso rammarico per il fatto che la nazione non si fosse unita nel modo in cui aveva sognato. Nel 1984 gli venne conferito il premio Nobel per la Pace.
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La Nelson Mandela Foundation è stata in queste ore tra coloro che gli hanno reso maggiormente omaggio, affermando che “i contributi di Tutu alle lotte contro l’ingiustizia, a livello locale e globale, sono pari solo alla profondità del suo pensiero sulla creazione di futuri liberatori per le società umane. Era un essere umano straordinario. Un pensatore. Un leader. Un pastore“.
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