Parla Antonio Mello, un montatore di gru, e racconta:«Montare gru non è un lavoro per tutti: è un mestiere che va amato e non si deve fare per soldi. Io la penso così, sennò rischi la pelle».
Antonio Mella, montatore di gru, ha rilasciato in un’intervista a La Stampa la sua testimonianza sui fatti di Torino, dove tre operai sono morti a causa del crollo del carrello mobile. «Stare lassù è bellissimo e rischiosissimo. Adrenalina e concentrazione», ha detto Mella. «Montare gru non è un lavoro per tutti: è un mestiere che va amato e non si deve fare per soldi. Io la penso così, sennò rischi la pelle. L’incidente avvenuto a Torino mi ha fatto tanto male, quella di sabato scorso è stata una delle giornate più dolorose della mia vita professionale. Perché sono cose che non dovrebbero capitare: qualcosa è andato storto, c’è stata della negligenza».
Mella prosegue nel suo racconto e dice:«Conoscevo Marco perché ho più o meno la stessa età. Lo incrociavo talvolta nel magazzino dove di solito vado a rifornirmi di materiale. Siamo una piccola comunità. Ecco, siamo un pò come gli indiani d’America che costruivano i grattacieli passeggiando sulle impalcature. Camminiamo su passerelle poco più grandi di un pacchetto di sigarette e non sappiamo cosa siano le vertigini».
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Quando gli hanno domandato in che modo sono cambiate le dotazioni di sicurezza, Mella ha risposto che prima «si usava un’imbracatura classica, niente di tecnologico. Adesso è tutto diverso. Soprattutto sono cambiate le autogru che usiamo nelle operazioni assemblaggio: una volta non valevano niente, oggi sono affidabilissime. A Torino è andato tutto storto, anche la sicurezza della strada».
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«In Svizzera non si lavora così. Si fanno sopralluoghi accurati prima di iniziare e poi si chiudono le strade alle auto e ai pedoni. Lavoriamo con materiali pesanti: da quaranta metri d’altezza anche un piccolo bullone può uccidere», ha chiosato il montatore.