La BCE racconta che non c’è inflazione, intanto l’Italia torna al carbone.
Sembra uno scherzo, ma invece è tutto vero. La Banca Centrale Europea come di consueto ha continuato a sostenere che non esiste un vero problema legato all’inflazione. Ha profetizzato di un picco dell’inflazione al quale siamo vicini e dopo il quale l’inflazione scenderà. Dunque non c’è bisogno di toccare i tassi che infatti rimangono fissi allo zero. La Banca Centrale Europea continua così la sua opera di negazione sistematica del problema dell’inflazione. Ma questo è grave perché i cittadini italiani stanno pagando assai cara questa spirale inflazionistica. I problemi che l’inflazione pone sono molteplici, ma i più gravi probabilmente riguardano il cosiddetto energy crunch.
In sostanza l’Europa è a corto di energia ed è fortemente dipendente dall’estero. Quando, qualche tempo fa, Cina ed India hanno pensato bene di infischiarsene degli accordi sul clima e di tornare al carbone perché non ce la facevano più a pagare una bolletta elettrica esorbitante, gli ambientalisti di tutto il mondo hanno detto peste e corna. Ma adesso siamo proprio noi italiani a tornare al carbone. Può sembrare una battuta, ma invece è assolutamente vero. La Spezia e Monfalcone ricominceranno a funzionare. Ma in tutta Europa la musica non è diversa. Chi torna al nucleare, chi riscopre il carbone e così via. Non stupisce visto che il prezzo del gas è quintuplicato in un anno.
L’energy crunch è una delle grandi emergenze negate del periodo nel quale ci troviamo, un po’ come l’inflazione. Sostanzialmente i governi UE e la banca centrale non hanno un quadro chiaro di come affrontare energy crunch ed inflazione e così vanno avanti navigando un po’ a vista. Ma adesso i costi dell’energia sono arrivati a vette davvero inverosimili e così l’Italia è costretta a fare questa scelta. Si sta discutendo molto anche di nucleare: è in particolare la Lega che sostiene che dovremmo tornare al nucleare, ma il problema è che per tornare al nucleare servono anni, mentre noi rischiamo di rimanere seriamente senza energia o con un’energia troppo cara già in questa invernata. Suona veramente paradossale come di fronte ad un’impennata del costo dell’energia letteralmente senza precedenti, la Banca Centrale Europea abbia lasciato i tassi fermi e sia rimasta inerte.
Proprio ieri vi dicevamo da queste pagine quanto questa fosse una scelta assurda ed incomprensibile e che l’avremmo pagata cara. Il ritorno in funzione di La Spezia e Monfalcone, dimostra quanto non domare l’inflazione sia estremamente pericoloso. Quando le merci diventano troppo care, per le imprese o per i cittadini procurarsele diventa problematico e costringe a scelte anche discutibili se non decisamente censurabili come quella del carbone. Come scrivevamo ieri da queste pagine, le scelte delle banche centrali possono sembrare qualcosa di assolutamente astratto, ma in realtà hanno il potere di decidere quanto paghiamo ciò che acquistiamo e di conseguenza hanno il potere di distorcere ad un livello profondo il mercato e le sue dinamiche. Non si contano le aziende italiane che minacciano di chiudere a causa del caro energia e probabilmente il governo dovrà fare scelte sempre più pesanti per arginare questi rincari.
Ma ovviamente l’energy crunch è un problema non solo italiano e secondo molti analisti, rischia di trasformarsi in un credit crunch laddove i costi dovessero superare una certa soglia. In sostanza il problema sarebbe prima energetico, poi produttivo ed infine creditizio. Ma le colpe non sono solo della Banca Centrale Europea, anche le istituzioni europee non hanno in realtà nessun piano sull’energia. Insomma dobbiamo ammettere che in Europa abbiamo una banca centrale che non agisce contro l’inflazione ed istituzioni centrali che non hanno un piano energetico. Non si può che concludere che i presupposti per un energy crunch con i fiocchi ci siano tutti. È vero, il problema dell’energy crunch è globale. Ma altrove almeno si cerca di affrontarlo in qualche modo, sia sotto il profilo dei prezzi che degli approvvigionamenti.
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In tutto ciò ovviamente la parte del leone la fanno i paesi che producono le preziose materie prime.
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Ma ciò è inevitabile ed essendo l’Europa drammaticamente a corto di riserve, possono farlo.
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