L’ultimo rapporto del Censis fornisce dati sconcertanti di un Paese che non crede nella scienza e nemmeno più nel futuro per i giovani
Il Covid non fa per nulla bene ai italiani anche in termini di razionalità, un documento stilato dal Censis lo dimostra. Secondo il 55esimo Rapporto Censis sulla situazione del Paese “si osserva una crescita di teorie infondate e speculazioni complottiste“, una situazione preoccupante che dimostra come il tessuto sociale italiano sia oramai pieno di opinioni non-scientifiche e irrazionali.
“Per il 5,9% degli italiani (circa 3 milioni) il Covid non esiste, per il 10,9% il vaccino è inutile” si legge del documento, mentre “per il 31,4% è un farmaco sperimentale e le persone che si vaccinano fanno da cavie“. Come se non bastasse il problema Covid, a questa follia si aggiunge anche una profonda sfiducia nella scienza: “per il 12,7% la scienza produce più danni che benefici” e “il 19,9% degli italiani considera il 5G uno strumento molto sofisticato per controllare le menti delle persone” mentre “il 10% è convinto che l’uomo non sia mai sbarcato sulla Luna“. La ciliegina sulla torta è questa: “il 5,8% è sicuro che la Terra sia piatta“.
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Queste sono le posizioni più estreme raccontate dal Censis, che mostra però come negli italiani ci sia un generale stato di sfiducia nei confronti del futuro e della società. “Per il 66,2% degli intervistati nel nostro Paese si viveva meglio in passato: è il segno di una corsa percepita verso il basso. Questo determina un circolo vizioso: bassa crescita economica, quindi ridotti ritorni in termini di gettito fiscale, conseguentemente l’innesco della spirale del debito pubblico e una diffusa insoddisfazione sociale” mentre “solo il 15,2% degli italiani ritiene che dopo la pandemia la propria situazione economica sarà migliore. Per la maggioranza (il 56,4%) resterà uguale e per un consistente 28,4% peggiorerà”
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E poi la paura per i giovani: “l’81% degli italiani ritiene che oggi è molto difficile per un giovane vedersi riconosciuto nella vita l’investimento di tempo, energie e risorse profuso nello studio. Il 35,5% è convinto che non conviene impegnarsi per laurearsi, conseguire master e specializzazioni, per poi ritrovarsi invariabilmente con guadagni minimi e rari attestati di riconoscimento”.
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C’è anche un brutto tracollo psicologico per gli studenti. Per “l’81,0% dei 572 dirigenti scolastici di scuola secondaria di secondo grado segnala che tra gli studenti sono sempre più diffuse forme di depressione e disagio esistenziale. Essi sono sottoposti a continui stimoli e informazioni, di cui non riescono a operare una selezione (78,3%). Dopo quasi due anni di pandemia, le certezze rispetto al proprio futuro hanno subito un duro colpo e per il 46,6%. Anche sul versante lavorativo, il 74,1% dei giovani di 18-34 anni ritiene che ci siano troppi anziani a occupare posizioni di potere nell’economia. I Neet, i giovani che non studiano e non lavorano, costituiscono una eclatante fragilità sociale: nel 2020 erano 2,7 milioni, pari al 29,3% del totale della classe di età 20-34 anni: +5,1% rispetto all’anno precedente“.