Gialli e misteri italiani, l’assassinio di Yara Gambirasio: una tragica vicenda dai molti lati oscuri

Uno dei casi più sconvolgenti di questi ultimi anni, l’assassinio di Yara Gambirasio. Una giovane di 13 anni scomparsa il 26 novembre 2016, il cui cadavere è stato ritrovato, dopo lunghe ricerche, il 26 febbraio 2011. In carcere, accusato dell’atroce delitto, Massimo Bossetti. Le indagini, la dinamica dei fatti, i dettagli emersi, presentano diverse contraddizioni e alcuni punti di domanda che forse non otterrano mai una risposta.

Gialli e misteri italiani, l’assassinio di Yara Gambirasio – MeteoWeek

La scomparsa di Yara

Yara è una ragazza di 13 anni, abita a Brembate di Sopra (BG). Il 26 novembre 2010 si reca presso il centro sportivo del suo paese dove è solita allenarsi nella ginnastica ritmica. Yara rimane nel centro sportivo, secondo quanto dichiarato da diverse testimonianze, almeno fino alle 18.40 circa. Dopo quell’ora non si hanno più notizie della 13enne e le telecamere di sorveglianza del centro sportivo sono fuori servizio, non possono quindi aiutare gli inquirenti a poter ricostruire i movimenti della ragazza. Si fa quindi appello alle celle telefoniche del cellulare di Yara che alle 18.44 aggancia la cella di Ponte San Pietro in via Adamello, alle 18.49 quella di Mapello, e alle 18.55 quella di Brembate di Sopra. Il segnale poi scompare e con esso anche Yara.

L’arresto di Mohammed Fikri

Il 5 dicembre 2010 viene fermato Mohammed Fikri su una nave diretta a Tangeri. Si tratta di un operaio marocchino di 22 anni, lavora in un cantiere edile di Mapello, lì i cani molecolari avrebbero individuato l’ultima traccia di Yara. Il 22enne viene fermato a causa di un’intercettazione telefonica in cui parla in arabo. L’intercettazione viene tradotta male, la frase “che Allah mi protegga” in “che Allah mi perdoni” e tanto basta  per farlo finire in cella. Il 22enne risulterà poi completamente estraneo alla vicenda, riuscirà a dimostrare che il viaggio in nave era stato programmato da tempo.

Il ritrovamento del corpo di Yara

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Il corpo viene ritrovato in modo del tutto casuale, dopo lunghe ricerche anche  da parte di diversi volontari. A rinvenire i poveri resti di Yara è un aeromodellista, il corpo viene localizzato in un campo aperto a Chignolo d’Isola, distante circa 10 chilometri da Brembate di Sopra in direzione sud-ovest. Sul corpo privo di vita di Yara sono presenti numerosi colpi di spranga, un trauma cranico, una ferita profonda al collo e almeno sei ferite di arma da taglio. Successivamente verrà ipotizzato che la morte sia sopraggiunta a causa del freddo, dell’indebolimento e degli stenti a causa delle lesioni, molto dopo l’aggressione quindi. Non sono presenti segni di violenza carnale. I funerali di Yara si svolgono il 28 maggio, nel centro sportivo dove si allenava. Durante la cerimonia funebre viene anche letto un messaggio del presidente della Repubblica.

Gialli e misteri italiani, l’assassinio di Yara Gambirasio – Foto Yuri Colleoni – Eco di Bergamo –

L’arresto di Bossetti

Il 16 giugno 2014 viene arrestato Massimo Giuseppe Bossetti, 44 anni, muratore di Mapello incensurato. Il DNA nucleare di Bossetti è risultato sovrapponibile con quello dell’uomo definito “Ignoto 1”, che è stato rintracciato sugli indumenti di Yara nella zona colpita dall’arma da taglio.

La difesa di Bossetti

Viene contestata dalla difesa di Bossetti la prova genetica, per via della mancanza di DNA mitocondriale. Inoltre, secondo la difesa, un DNA mitocondriale minoritario, sarebbe presente nel campione 31-G20, non appartenente né alla vittima né a Bossetti, è riferibile per la difesa a un’altra persona. Secondo la procura, tuttavia, questa traccia genetica potrebbe essere eteroplasma di Yara. Massimo Bossetti si dice innocente, spiega che il DNA presente è stato trasferito accidentalmente, tramite alcuni attrezzi da lavoro sporchi del suo sangue, a causa di epistassi. La moglie di Bossetti dichiara che Massimo si trovava a casa, la sera della scomparsa di Yara. La sorella gemella invece denuncia delle aggressioni, secondo la procura infondate.

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Come si è arrivati a Bossetti

A Massimo Bossetti si arriva tramite un percorso iniziato con la scoperta che l’aplotipo Y di ‘Ignoto 1‘ è uguale a quello di un cliente di una discoteca nella zona del ritrovamento del corpo di Yara, tramite poi l’esame di vari soggetti del ramo familiare, con un profilo via via sempre più correlato, si arriva a Giuseppe Guerinoni, un autista di autobus di Gorno, deceduto nel 1999 che viene identificato come il padre di ‘Ignoto 1’, si riesce poi a risalire a Ester Arzuffi, la donna il cui DNA nucleare corrisponde alla metà del profilo di ‘Ignoto 1’. Successivamente, in un controllo stradale viene prelevato tramite l’etilometro, il DNA di Massimo Bossetti, questo sulla base naturalmente di alcuni indizi. Bossetti è uno dei figli, appunto, della Arzuffi e viene quindi verificata la corrispondenza del DNA con quello rinvenuto su Yara. Massimo Bossetti viene identificato come “Ignoto 1”. Come altra prova, viene portato il fatto che le telecamere di sorveglianza della palestra di Yara hanno filmato diversi passaggi del furgone di Bossetti, anche se, per stessa ammissione del colonnello del RIS Lago, il filmato sarebbe stato creato, in accordo con la Procura di Bergamo, per venire incontro ad alcune esigenze di comunicazione alla stampa.

Il processo

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Il processo viene chiuso ufficialmente dalla Procura della Repubblica di Bergamo, il 26 febbraio 2015. Massimo Giuseppe Bossetti unico colpevole, viene chiesto il rinvio a giudizio. La difesa invece ne chiede la scarcerazione, valutando poi l’opportunità del rito abbreviato, sostenendo che il DNA mitocondriale minoritario apparterrebbe ad un altro individuo, l’Ignoto 2′. Il criminologo Alessandro Meluzzi, consulente di parte, contesta inoltre l’identificazione di Bossetti con Ignoto 1, in quanto il DNA sarebbe contaminato. Vorrebbe inoltre un’indagine sui numeri di telefono presenti nel cellulare di Yara, molti dei quali sono stati ascoltati dagli investigatori. Gli avvocati di Bossetti contestano anche la presunta non ripetibilità del test del DNA, effettuato senza la presenza della difesa. Il processo in primo grado, con l’udienza preliminare, con l’accusa di omicidio volontario aggravato e calunnia nei confronti di un collega, si apre il 27 aprile 2015. Mentre l’apertura del processo innanzi alla Corte d’assise viene decisa dal GUP per il 3 luglio 2015. La difesa di Bossetti convoca 711 testimoni, e sostiene che Yara possa essere stata vittima di bullismo, vengono fatti anche dei collegamenti con altri delitti, accaduti nella stessa zona. La condanna della Corte d’Assise di Bergamo, per Massimo Bossetti, arriva il 1 luglio 2016. Viene condannato all’ergastolo, assolto invece dall’accusa di calunnia. Gli viene anche riconosciuta l’aggravante della crudeltà e revoca a Bossetti la responsabilità genitoriale sui suoi tre figli. Non viene accolta invece la richiesta del Pubblico Ministero, di isolamento diurno per l’imputato, per sei mesi. Viene inoltre disposto dalla corte, un risarcimento per i genitori di Yara, per ogni fratello, e per gli avvocati.

Il processo d’appello

Immagine satellitare fonte macchianera.net

Il 20 giugno 2017 ha inizio il processo d’appello. Come nuova prova, da parte della difesa, viene introdotta una foto satellitare, che sostiene che il corpo di Yara, sia stato spostato, e il DNA depositato dopo il delitto, molto dopo. Cosa che era stata negata dalla Procura nella sentenza di primo grado. Il 17 luglio 2017 la Corte d’Appello di Brescia conferma la sentenza del primo grado di giudizio, giudicando Bossetti colpevole e condannandolo all’ergastolo. Il 12 ottobre 2018 la Corte di cassazione conferma la condanna all’ergastolo di Bossetti.

La lettera a Feltri, i reperti riesaminati

Nell’ottobre del 2019, Bossetti spedisce a Vittorio Feltri, direttore di Libero, una lettera, in cui accusa di essere stato preso di mira, di aver subito delle pressioni. Nella lettera, Bossetti si dichiara innocente e chiede il sostegno del direttore. Dopo altri interventi del collegio difensivo di Bossetti, interviene anche l’avvocato Carlo Taormina, senza essere membro legale del team del muratore, ma come privato cittadino, per presentare un’istanza di riesame del DNA alla procura per poter ottenere una revisione del processo. La corte d’assise di Bergamo, il 29 novembre 2019, autorizza la difesa di Bossetti a riesaminare i reperti, tra questi vi sono anche gli indumenti di Yara, e le tracce del DNA conservate presso l’ospedale San Raffaele di Milano. Tutte le istanze presentate dagli avvocati di Bossetti, vengono rigettate il 3 giugno 2021. La difesa, chiedeva di rianalizzare i reperti delle indagini, che sono stati confiscati dopo la sentenza definitiva. In particolare, l’interesse della difesa di Bossetti, era indirizzata sui campioni del DNA, anche se, era emerso che la traccia decisiva, cioè quella dalla quale venne estratto il DNA di ‘Ignoto 1’ non era più utilizzabile, poiché “definitivamente esaurita”. I difensori non potranno nemmeno effettuarne la ricognizione di altri reperti.

Il movente dell’omicidio

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Secondo quanto individuato dai giudici, il movente sarebbe stato “in un contesto di avances a sfondo sessuale”, in merito invece alla dinamica, la modalità su come possa essere stata ‘agganciata’ Yara, è rimasta oscura. La giovane dovrebbe essere salita sul furgone di Bossetti, volontariamente o meno.

Il cantiere: l’ipotesi di Saviano

Lo scrittore e giornalista Roberto Saviano, nel 2013, nel suo libro ‘ZeroZeroZero’, dichiara di possibili collegamenti tra l’omicidio di Yara, i cantieri edili nel bergamasco e la criminalità organizzata. Lo scrittore, scrive che il padre di Yara, Fulvio Gambirasio, nel 2011 lavorava per Lopav, un’impresa edile che era all’epoca amministrata da Patrizio Locatelli, figlio di Pasquale Locatelli, un imprenditore che era considerato coinvolto nel narcotraffico. Fulvio Gambirasio, secondo l’opinione dello scrittore, era stato testimone in un processo contro la famiglia Locatelli e quindi l’omicidio della figlia potrebbe essere una ritorsione malavitosa. Il tutto viene in seguito smentito. Gambirasio infatti, viene interrogato dal pubblico ministero Maria Cristina Rota dove dichiara di non aver mai testimoniato contro Locatelli; Saviano viene quindi accusato di diffamazione nei confronti di Gambirasio e Locatelli, accusa poi archiviata. Lo scrittore è tornato sulla questione nel 2016, affermando che sarebbe stato utile a suo avviso, indagare anche in quella direzione, considerato che la Lopav aveva un appalto nel cantiere di Mapello.

Le ferite sul corpo di Yara

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Sul corpo di Yara sono state trovate alcune lesioni da taglio, superficiali e in punti non vitali, come la gamba e il dorso e un taglio alla gola. Tutte le lesioni sono state inflitte quando la vittima era ancora in vita, e hanno provocato sanguinamento. Il corpo di Yara è stato lesionato sia nella parte anteriore che posteriore. Nel caso del taglio inflitto ai polsi, la ferita è lineare e non vi è stato alcun impeto, è un taglio simmetrico e pulito. Secondo i giudici, Bossetti avrebbe operato sul corpo di Yara con cura e perizia, girandolo, alzandolo, con tagli lineari e simmetrici. Ferite eseguite per far sanguinare, ma senza causare l’immediato decesso, per poi lasciare la vittima agonizzante nel campo. Un campo molto frequentato, dove si sono svolte le ricerche ma dove il corpo è emerso ben tre mesi dopo.

Chi è Massimo Bossetti: narcisismo e cura di sé

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Di Massimo Bossetti si sa che ama molto prendersi cura di sé, sottoporsi a lampade abbronzanti, depilarsi in modo accurato. All’epoca si faceva fare manicure, che dato il mestiere svolto poteva anche essere una scelta obbligata. Su questa base, non è noto se può essere dichiarato come un individuo con disturbo narcisistico della personalità, non vi sono nemmeno delle valutazioni psicologiche in tal senso. Bossetti, continua ad avere particolare cura di sé stesso anche ora che si trova in carcere. In una lettera in carcere a Gina, una detenuta che lui chiama Miciona, scrive: “La domenica (e nelle giornate di festività) che odio per l’assenza di tutto, allora la spezzo prendendomi cura di me stesso: barba, capelli, depilazione, doccia, una bella incerata tutto il corpo, mi improfumo e poi riprendo a scriverti”. “Sai, il mio compagno mi dice sei peggio di una donna. E lo so: anche mia moglie me lo diceva spesso, ma è più forte di me sentirmi a posto con il mio corpo, e poi mi piace essere ben curato dappertutto!”. Oltre a questo dettaglio legato al narcisismo di Bossetti, viene anche definito un uomo molto abile a mentire, veniva infatti soprannominato ‘favola’ per via delle storie fantasiose e false che raccontava ai colleghi, utilizzate per potersi allontanare dal lavoro.

Bossetti e il concorso di poesia

Massimo Bossetti ha partecipato e vinto un concorso letterario con lo pseudonimo Nicolas Comi, il nome del figlio e il cognome della moglie, e ha scritto una poesia. «Da sette anni penso al giorno in cui sarò fuori», l’associazione che cura il contest, ha sottolineato a TgCom24 che ci sono diversi detenuti che partecipano al concorso da tutta Italia, tra cui diversi nomi famosi per la cronaca nera, come Cesare Battisti, premiato per la narrativa.

«C’è la mia branda, il mio sgabello il mio Gesù. Alle pareti è appeso il resto della vita, almeno quello che rimane. Da sette anni conosco ogni crepa, crepe dei muri, dei pavimenti, crepe del mio cuore. Non so cosa, non so quanto troverò di fuori fuori da questo buco di cemento. Da sette anni parlo alle stelle alla luna, parlo ai miei cari, tentando così di evadere il dolore e la sofferenza… solo infiniti assordanti silenzi. Da sette anni penso al giorno che sarò fuori. Avrò bisogno di altri sette anni per aiutarmi a vivere».

Massimo Bossetti era un maniaco sessuale e un pedofilo?

Secondo quanto riportato nella sentenza della Corte d’Assise di Bergamo, del primo luglio 2016, si legge che sul computer in uso alla famiglia dell’imputato erano presenti delle ricerche, riconducibili a Bossetti di carattere latamente pedopornografico. Naturalmente sono stati analizzati gli apparati informatici e individuati numerosi file dal contenuto pornografico, con delle tracce di visite nei siti tra cui hardteenvideo.com e pratiche sadomaso. Le ricerche emerse, avevano espressioni come: “ragazzine con vagine rasate”; e “ragazze vergini rosse”.  Secondo quanto dimostrato dalla difesa di Bossetti, alcune non erano nemmeno ricerche ma codici di pagine inseriti nel sito, non cercati direttamente dall’utente, termini rimasti memorizzati poiché nei siti visitati erano apparse delle finestre di pop-up, le classiche pubblicità presenti nei siti porno.

Le analisi scientifiche e le parole dell’avvocato

L’avvocato Claudio Salvagni, molto vicino a Massimo Bossetti, sia dal punto di vista legale che da quello umano, ha dichiarato: “La cosa è molto semplice. Noi siamo stati autorizzati nel novembre 2019, quindi a processo finito e già in esecuzione, ad effettuare le analisi sui reperti. Analisi che non sono mai state autorizzate durante il processo”, “Abbiamo sempre chiesto una perizia ma, come detto, non è mai stata concessa. Poi quando abbiamo chiesto le modalità operative per l’effettuazione di questi esami ci hanno detto che la nostra domanda era inammissibile”. “Ci siamo allora rivolti alla Cassazione che ci ha dato ragione”, ha spiegato l’avvocato. “Nel frattempo, visto che i mesi passavano, abbiamo chiesto di sapere come venivano conservati i reperti. Perché è l’unica possibilità di difesa che ha Massimo Bossetti”.

La vicenda di Massimo Bossetti a livello giudiziario è formalmente chiusa, per la legge il colpevole è in carcere, malgrado vi siano diversi punti di domanda, in particolar modo dal punto di vista delle analisi scientifiche, che lasciano in sospeso diversi punti di domanda.

 

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