Saremo, dopo questa vita, come gli angeli: vivremo quindi nella pace, nella lode, e nella contemplazione di Dio.
Dice il Signore:
«Io ho progetti di pace e non di sventura.
Voi mi invocherete e io vi esaudirò:
vi radunerò da tutte le nazioni dove vi ho disperso». (Cf. Ger 29,11-12.14)
Per i mali che ho commesso a Gerusalemme, muoio nella più profonda tristezza.
Dal primo libro dei Maccabei
1Mac 6,1-13
In quei giorni, mentre il re Antioco percorreva le regioni settentrionali, sentì che c’era in Persia la città di Elimàide, famosa per ricchezza, argento e oro; che c’era un tempio ricchissimo, dove si trovavano armature d’oro, corazze e armi, lasciate là da Alessandro, figlio di Filippo, il re macèdone che aveva regnato per primo sui Greci.
Allora vi si recò e cercava di impadronirsi della città e di depredarla, ma non vi riuscì, perché il suo piano fu risaputo dagli abitanti della città, che si opposero a lui con le armi; egli fu messo in fuga e dovette ritirarsi con grande tristezza e tornare a Babilonia.
Venne poi un messaggero in Persia ad annunziargli che erano state sconfitte le truppe inviate contro Giuda. Lisia si era mosso con un esercito tra i più agguerriti, ma era stato messo in fuga dai nemici, i quali si erano rinforzati con armi e truppe e ingenti spoglie, tolte alle truppe che avevano sconfitto, e inoltre avevano demolito l’abominio da lui innalzato sull’altare a Gerusalemme, avevano cinto d’alte mura, come prima, il santuario e Bet-Sur, che era una sua città. Il re, sentendo queste notizie, rimase sbigottito e scosso terribilmente; si mise a letto e cadde ammalato per la tristezza, perché non era avvenuto secondo quanto aveva desiderato.
Rimase così molti giorni, perché si rinnovava in lui una forte depressione e credeva di morire. Chiamò tutti i suoi amici e disse loro: «Se ne va il sonno dai miei occhi e l’animo è oppresso dai dispiaceri. Ho detto in cuor mio: in quale tribolazione sono giunto, in quale terribile agitazione sono caduto, io che ero così fortunato e benvoluto sul mio trono!
Ora mi ricordo dei mali che ho commesso a Gerusalemme, portando via tutti gli arredi d’oro e d’argento che vi si trovavano e mandando a sopprimere gli abitanti di Giuda senza ragione. Riconosco che a causa di tali cose mi colpiscono questi mali; ed ecco, muoio nella più profonda tristezza in paese straniero».
Parola di Dio.
R. Esulterò, Signore, per la tua salvezza.
Renderò grazie al Signore con tutto il cuore,
annuncerò tutte le tue meraviglie.
Gioirò ed esulterò in te,
canterò inni al tuo nome, o Altissimo. R.
Mentre i miei nemici tornano indietro,
davanti a te inciampano e scompaiono.
Hai minacciato le nazioni, hai sterminato il malvagio,
il loro nome hai cancellato in eterno, per sempre. R.
Sono sprofondate le genti nella fossa che hanno scavato,
nella rete che hanno nascosto si è impigliato il loro piede.
Perché il misero non sarà mai dimenticato,
la speranza dei poveri non sarà mai delusa. R.
Dio non è dei morti, ma dei viventi.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 20,27-40
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”.
Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui». Dissero allora alcuni scribi: «Maestro, hai parlato bene». E non osavano più rivolgergli alcuna domanda.
Parola del Signore.
Credere in Dio e pensare che non ci sia risurrezione e vita dopo la morte è un grave errore di valutazione, ci fa capire Gesù. Infatti Dio è “Dio dei viventi”! Se esiste un Dio non può che voler condividere con noi la sua condizione di vita eterna.
Egli infatti non è geloso della sua esistenza imperitura, ma la dona alle sue creature. La vita dopo la morte però non sarà come quella di quaggiù, o come ce la possiamo immaginare. Saremo, dopo questa vita, come gli angeli: vivremo quindi nella pace, nella lode, e nella contemplazione di Dio.
Il commento al Vangelo di ieri:
Non ci sarà più bisogno di nulla, ma saremo in una condizione così lontana da quella consueta, che possiamo solo immaginarla, per ora. Questo passaggio di fede, però, è fondamentale per avere un approccio giusto davanti a Dio e al mondo spirituale: quale senso o giustizia ci sarebbe se la vita si limitasse ad essere la “valle di lacrime” che, se non per tutti in senso stretto, lo è per molti esseri umani, provati dalle tante avversità?
La risurrezione ci pone in una visione di uguaglianza e in un certo senso di umiltà, smascherando i nostri comportamenti attuali che ci fanno chiedere: ma io merito veramente una vita, una gioia eterna? E ancora: chi è che merita veramente questo? I “primi” o gli “ultimi” del mondo? Non è mai tardi però per accogliere questo dono: basta ascoltare Gesù, evitare quello che la nostra coscienza ci rimprovera continuamente e aprirsi al dono di sé, in un cammino lungo una vita, ma mai troppo faticoso, perché avrà in dono un giorno una vita di gioia eterna.
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