Covid, il presidente nazionale dell’Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri italiani (Aaroi-Emac): “I no vax sono uno zoccolo duro difficile da scalfire. Non cambiano idea nemmeno se si ammalano”.
Mentre in diversi Paesi europei i numeri riferiti ai contagi da Covid-19 stanno aumentando sensibilmente, in Italia la situazione relativa alla quarta ondata sembra essere ancora sotto controllo. Tuttavia, aumentano anche nel nostro Paese i ricoveri in terapia intensiva a seguito della malattia. Anche se, spiega all’Adnkronos Salute Alessandro Vergallo, presidente nazionale dell’Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri italiani (Aaroi-Emac), “rischiare la vita non fa cambiare idea ai no vax sulla vaccinazione anti Covid”.
A finire in ospedale a causa del Covid-19 sono ormai per lo più le persone che non hanno ancora provveduto a sottoporsi nemmeno alla prima dose di vaccino. I no vax sono al momento circa 5 milioni, “5 milioni di potenziali veicoli di trasmissione del contagio che dovrebbero invece al più presto vaccinarsi”, ha spiegato sempre al Corriere della Sera Antonelli, primario del Gemelli di Roma. Eppure, spiega Vergallo, “tra i ricoverati solo una piccola quota di quanti se la cavano e vengono dimessi cambia idea sul vaccino. Un numero che non serve nemmeno a fare da cassa di risonanza per quella parte di popolazione non ancora vaccinata, a sostegno dell’importanza della vaccinazione”.
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“Non rileviamo molti ‘pentimenti’, raccogliamo solo qualche scarsa testimonianza in questo senso, minima rispetto alla platea di non vaccinati. Si tratta di un fenomeno che avevamo previsto, come abbiamo più volte dichiarato. Più si va avanti con la campagna vaccinale più lo zoccolo duro diventa inscalfibile, con una posizione ideologica inflessibile”, spiega quindi il presidente Aaroi.
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Stesso quadro è quello descritto anche dal primario di anestesia e rianimazione all’ospedale di Perugia, Edoardo De Robertis. “In rianimazione abbiamo pochi pazienti ricoverati per Covid, tutti no vax. Ma non sempre il ricovero si traduce in una presa di coscienza sull’importanza del vaccino. Nella maggioranza dei casi non ho notato che lo scontrarsi con la realtà abbia avuto la meglio sulla convinzione ideologica”. Non tutti i no vax che finiscono in terapia intensiva, quindi, si ricredono sulla pericolosità del virus e sugli strascichi che la malattia lascia loro. “Ho potuto osservare l’impatto della malattia grave sul nucleo familiare: solo in pochi casi ci hanno ripensato. Molti continuano imperterriti“, riferisce infatti De Robertis ai giornalisti dell’Adnkronos Salute.
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