Covid, il primario di terapia intensiva a Perugia De Robertis: “Il ricovero non sempre fa ricredere i no vax. Solo in pochi casi ci hanno ripensato, e vale anche per i famigliari”. Il primario Antonelli: “Ma invece non è meglio ricevere il vaccino con una iniezione?”.
Nonostante il nord Europa si prepara a reagire alla pressione della nuova ondata di contagi e ricoveri da Covid-19, in Italia la situazione sembra essere ancora sotto controllo. Eppure, come già spiegato da Massimo Antonelli, direttore del Dipartimento di emergenza, anestesia e rianimazione del Policlinico Gemelli di Roma, continua ad essere di fondamentale importanza non soltanto seguire le regole (uso della mascherina in primis), quando provvedere quanto prima alla somminsitrazione delle terze dosi. “Terapie intensive sotto pressione, terza dose in fretta. Fino a qualche settimana fa 5% di ricoverati, ora siamo al 15%”, ha infatti evidenziato il primario al Corriere della Sera. E dello stesso avviso è anche Edoardo De Robertis, primario di anestesia e rianimazione all’ospedale di Perugia.
“In rianimazione abbiamo pochi pazienti ricoverati per Covid, tutti no vax. Ma non sempre il ricovero si traduce in una presa di coscienza sull’importanza del vaccino. Nella maggioranza dei casi non ho notato che lo scontrarsi con la realtà abbia avuto la meglio sulla convinzione ideologica”. Queste sono le parole di Edoardo De Robertis, primario di anestesia e rianimazione all’ospedale di Perugia. Ai giornalisti dell’Adnkronos, l’esperto ha spiegato come già da questa estate, su circa una ventina di pazienti ricoverati e finiti nella rianimazione della struttura umbra, uno soltanto era un paziente vaccinato. Una persona fragile, con più patologie, che la somminsitrazione delle dosi non poteva permettersela.
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Alla luce di questa situazione, il primario ha anche “confessato” di “non aver avuto molta esperienza di ‘pentimenti’. Parliamo però di numeri molto piccoli. La casistica è limitata, e i pazienti che vediamo non possono esprimersi, quindi non posso dire che la mia esperienza sia rappresentativa della realtà”. Ad ogni modo, l’esperto ha anche spiegato come non tutti i no vax che finiscono in terapia intensiva si ricredono sulla pericolosità del virus e sugli strascichi che la malattia lascia loro. “Ho potuto osservare l’impatto della malattia grave sul nucleo familiare: solo in pochi casi ci hanno ripensato. Molti continuano imperterriti “, riferisce infatti De Robertis ai giornalisti.
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“I 5 milioni circa di persone che in Italia ancora non l’hanno fatto, 5 milioni di potenziali veicoli di trasmissione del contagio, dovrebbero al più presto vaccinarsi”, spiega invece Antonelli, primario del Gemelli di Roma, che invece racconta: “Sapeste quanti no vax ricoverati da noi ora stanno piangendo pentendosi”. E prosegue: “Lo dico di cuore ai no vax, vaccinandosi potrebbero risparmiare innanzitutto a loro stessi una trafila terapeutica più o meno siffatta: ossigeno, alto flusso, pronazioni, supinazioni, incubazione, ventilazione, fino alla circolazione extracorporea. Cioè, ma non è meglio ricevere il vaccino con una iniezione?“.
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