La crisi migratoria sul confine tra Polonia e Bielorussia si fa sempre più incandescente e il rischio è che la questione si allarghi a macchia d’olio: ieri il presidente bielorusso Alexander Lukashenko avrebbe minacciato di chiudere le forniture di gas naturale che arrivano in Europa prevalentemente dalla Russia, passando per la Bielorussia. Il problema è che Putin e Lukashenko da tempo sembrano spalleggiarsi nell’intento di rendere l’Ue ancora più fragile.
La crisi migratoria al confine con la Polonia non accenna ad arretrare, anzi: le ultime evoluzioni lascerebbero pensare a un innalzamento dei toni sia da parte dell’Ue che da parte della Bielorussia. Al centro della gestione del flusso migratorio, infatti, ci sarebbe un conto in sospeso non di poco conto tra i due: Alexander Lukashenko avrebbe ormai da tempo incentivato una rotta che dal Medio Oriente passa per la Bielorussia fino ad arrivare in Polonia, spesso alimentando l’utilizzo di visti turistici presso agenzie di viaggio incaricate dal governo bielorusso. “Quello che sta facendo la Bielorussia è terrorismo di Stato”, avrebbe tuonato il primo ministro polacco. Il motivo? Far arrivare i migranti alle porte della Polonia, utilizzandoli per fare pressione sull’Ue affinché Bruxelles ritiri le sanzioni scattate contro la Bielorussia. Le sanzioni erano scattate in occasione delle repressioni delle manifestazioni per le elezioni dell’agosto 2020 e in occasione del dirottamento del volo Ryanair Atene-Vilnius, con il conseguente arresto del dissidente Roman Protasevic.
All’interno di questo quadro, la Polonia, guidata dal partito di estrema destra Diritto e Giustizia, non accenna a cedere né ad accettare l’aiuto dell’Ue attraverso l’installazione di punti Frontex e Europol, stando a quanto riportato dall’Ispi. Lo scopo sarebbe chiaro: continuare a perpetrare respingimenti sommari lontani dagli occhi di Bruxelles e utilizzare la crisi migratoria per fini propagandistici, per recuperare consenso a seguito delle contestazioni per le leggi sull’aborto. Inoltre, anche la stessa Varsavia si troverebbe al centro di un braccio di ferro con Bruxelles, proprio in tema democrazia e stato di diritto: sono 36 i miliardi di euro del Next Generation Eu bloccati a causa del mancato rispetto dello stato di diritto in Polonia.
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Il punto è che la situazione potrebbe peggiorare ancor di più: l’Ue avrebbe ventilato l’applicazione di ulteriori sanzioni nel caso in cui Lukashenko volesse continuare con quella che appare come una vera e propria tratta di esseri umani. Per tutta risposta, ieri il presidente bielorusso ha minacciato di chiudere le forniture di gas naturale che arrivano in Europa, in caso di ulteriori sanzioni economiche. “Noi riscaldiamo l’Europa, e loro minacciano di chiudere il confine. Ma che succede se gli tagliamo il gas?”, avrebbe affermato il presidente bielorusso. In realtà la Bielorussia è solamente un Paese di transito per il gas naturale, le cui forniture partono dalla Russia. Un quinto di queste passano, appunto, attraverso il territorio bielorusso.
I problemi a questo punto sono due. Il primo è che una minaccia di questo tipo è tanto più pericolosa in un periodo con grave carenza di gas in tutto il mondo, che a sua volta ha causato e causerà i gravi aumenti in bolletta. In secondo luogo, va ricordato che i rapporti tra Lukashenko e Putin non sono poi così formali: è vero che il presidente bielorusso – per bloccare le forniture di gas – dovrebbe ottenere l’ok da parte della Russia, ma è anche vero che fino ad ora proprio la Russia si è sempre schierata a sostegno della Bielorussia di Lukashenko. Nel frattempo, infatti, la Russia avrebbe tenuto delle esercitazioni a pochissima distanza dal confine con la Polonia, sarebbe stata accusata dal primo ministro polacco Mateusz Morawiecki di essere la vera “mandante” della strategia bielorussa, e starebbe approfittando della situazione per ammassare truppe vicino all’Ucraina.
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All’interno di questo scacchiere di strategie politiche e militari ad essere spostate sono le pedine, in carne ed ossa, e sono i migranti, abbandonati al gelo e senza sostegno, respinti a volte anche con azioni di violenza. I grandi scendono sotto lo zero e i migranti sono costretti a riscaldarsi come possono, ma non ci riescono sempre, anche se al momento mancano dati sicuri sul numero delle vittime. Se n’è parlato anche durante un incontro del Consiglio di sicurezza Onu, in cui i Paesi occidentali avrebbero accusato governo bielorusso di mettere in pericolo le vite dei migranti per “ragioni politiche“. A fare da scudo alle accuse, il Cremlino, che ha invece puntato il dito verso la Polonia: sarebbe lei – secondo la Russia – a violare i diritti umani non accogliendo i migranti. A dimostrazione del fatto che se Putin chiede, Lukashenko esegue. In cambio se Lukashenko ha bisogno di una copertura, Putin gliela fornisce.
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E l’Ue? Ieri il presidente del Consiglio europeo ha aperto a una possibilità: la costruzione di un muro sulla frontiera tra Polonia e Bielorussia. Proposte che sembravano far parte di un altro secolo e che tornano in varie forme, tra l’altro denotando una certa cecità: il problema non sarebbero i migranti in sé, ma le strategie aggressive da parte di Bielorussia e Russia che, avendo in mano i gasdotti, possono trovare altri modi per fare pressione sull’Ue. Eppure, dietro l’apertura all’ipotesi si intravedrebbero – riporta l’Ispi – proprio le esigenze di Berlino: una volta varcato il confine con la Polonia, è facile immaginare che i migranti si dirigeranno verso la Germania, innestando una crisi che, sommata a quella energetica, potrebbe mettere in seria difficoltà il Paese tedesco e, con esso, tutta l’Ue.
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