Secondo gli inquirenti, la somma incriminata pari a 500 mila euro, sarebbe stata un premio elargito dal clan Polverino ai due imprenditori, per la loro fedeltà al clan, e il sodalizio commerciale stipulato di conseguenza.
Accertamenti nati dopo alcune segnalazioni di attività finanziarie sospette arrivate agli inquirenti e che hanno permesso di sequestrare beni per oltre mezzo milioni di euro a due imprenditori. Questo il risultato di un decreto emesso dal Tribunale di Napoli – Sezione per l’Applicazione delle Misure di Prevenzione, e messo in esecuzione dalla Direzione Investigativa Antimafia nei confronti di due imprenditori edili residenti a Marano. I due liberi professionisti accusati, erano già stati coinvolti in un’indagine del 2013 e condannati per aver collaborato con il clan camorristico dei Polverino. Inoltre, nel giugno del 2020, lo stesso Tribunale di Napoli aveva già emesse un decreto di sequestro nei confronti dei due imprenditori che riguardava una somma che secondo la Procura accumulato in modo illecito dai due e pari a circa dieci milioni di euro, tra immobili di proprietà e anche una società di costruzione, costituita secondo i magistrati, per finalità criminali.
E l’ordine emesso nella giornata di oggi è un’integrazione di quello dello scorso anno. Gli accertamenti svolti dalla Direzione Investigativa Antimafia hanno permesso di appurare diverse somme di denaro, che risultano investite in fondi di investimento, azioni e altri strumenti finanziari, per un valore di circa 500 mila euro, che per gli inquirenti rappresentano un vero e proprio premio elargito dalla camorra ai due, per la loro adesione al sodalizio criminale. I due, come si accennava in precedenza, sono considerati vicini al clan Polverini che operano a Marano, e che secondo gli esperti rappresenta la famiglia che ha preso lo scettro che fu del clan Nuvoletta.
La storia del clan dei Polverini, i successori a Marano dei Nuvoletta
Fu Giuseppe Polverino a fondare il clan agli inizi degli anni novanta, in un momento in cui i Nuvoletta si trovavano in fortissima difficoltà a causa delle numerose inchieste che la magistratura stava portando avanti nei loro confronti. Polverino in quel momento sfruttò probabilmente la debolezza del clan, per prendere gradualmente il potere sul territorio da loro controllato. Le indagini permisero in seguito di scoprire una riunione in cui questo passaggio di leadership venne sancito in modo ufficiale. Giuseppe Polverino da quel momento, ci mise poco tempo a farsi conoscere negli ambienti mafiosi come il “re dell’hashish”. Secondo quanto riportato da Domenico Verde, un pentito di mafia che faceva parte della famiglia, tale soprannome era dovuto al fatto che dal 1992 al 2009, la sua famiglia ha sostanzialmente detenuto un vero e proprio monopolio sull’importazione di questa droga dal Marocco, che arrivava attraverso un canale spagnolo. Gli inquirenti hanno sempre descritto Polverini come un uomo dalla spiccata capacità imprenditoriale, che riuscì negli anni a costruirsi un patrimonio che superava il miliardo di euro. E proprio in virtù di queste cifre che i magistrati hanno sempre sostenuto che la famiglia Polverino, era una delle più potenti della nazione.
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Giuseppe Polverino è stato arrestato nel marzo del 2021 mentre si trovava in Spagna. Al suo posto prese il comando Giuseppe Simioli, che venne in seguito arrestato nel 2017 con l’accusa di associazione mafiosa, e traffico illegale di armi e stupefacenti. Entrambi verranno condannati nel 2019 all’ergastolo.