Cop 26: raggiunto l’accordo per dismettere il carbone entro il 2050, ma secondo gli scienziati non basterà a salvarci

Il  nuovo accordo formalizzato nel vertice Onu sul clima di Glasgow è stato presentato come l’unica intesa possibile, vista anche la riluttanza della Cina a prendersi degli impegni scritti in tal senso. Il problema è che non sarà possibile alle condizioni sottoscritte, affermano gli scienziati, fermare il riscaldamento globale. 

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Sono più di quaranta le nazioni che alla conferenza del clima di Glasgow, hanno deciso di sottoscrivere un accordo per non utilizzare più il carbone per quanto riguarda la produzione di energia elettrica.

Un’intesa significativa, in quanto parliamo del combustibile che al momento è il principale responsabile delle emissioni nocive di gas serra nel mondo. E d’altronde, come hanno avuto modo di attestare i vari leader politici presenti agli incontri, la situazione è molto grave: se il lockdown dello scorso anno aveva permesso di ridurre anche in modo considerevole le emissioni, adesso ormai i livelli di produzione e inquinamento si sono nuovamente riallineate agli anni precedenti.

Il mondo insomma, dopo questa breve parentesi pandemica, è tornato di nuovo a inquinare come prima. Come nulla fosse, verrebbe da aggiungere.

E anche per questo, con questa nuova intesa, si stabilisce che le nazioni più avanzate dismetteranno il carbone entro il 2030, mentre le restanti firmatarie entro il 2040. C’è un problema però: non tutti hanno sottoscritto questo accordo e all’appello mancano nazioni di un certo peso quali Cina, Australia, Polonia, Ucraina, Vietnam e Canada. Ma non è l’unica criticità, in quanto alcuni scienziati presenti al vertice, hanno fatto notare che si tratta di un accordo che comunque da solo non permette in alcun modo di correre ai ripari, non incide cioè più di tanto nella lotta all’inquinamento e al riscaldamento globale.

L’ultimo rapporto pubblicato dal Global Carbon Project ha rimarcato come le emissioni sono ormai ritornate ben sopra il livello di guardia, dopo la parentesi pandemica, e si accingono a raggiungere i livelli più alti di sempre. E la Cina da sola produce un terzo delle emissioni globali. Corrine La Querre, una delle autrici del rapporto, presente alla Cop 26, ha dichiarato: “Questo rapporto fa i conti con la realtà. Esso mostra cosa sta succedendo nel mondo reale mentre siamo qui a Glasgow a parlare di come affrontare il cambiamento climatico”.

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I modelli di previsione scientifici a riguardo, sembrano infatti essere tutti concordi nello stabilire che quei 1,5 gradi centigradi, obiettivo dichiarato un po di tutti, possono essere raggiunti soltanto se tutti i paesi dismettono il carbone entro il 2030. Non si può allora non ripensare alle parole con cui Boris Johnson aveva inaugurato la Cop 26: “Se fallisce Glasgow, fallisce tutto”.

Un monito che l’Inghilterra aveva tutto il diritto di lanciare essendo l’unica nazione al momento che ha dichiarato formalmente lo stato di emergenza climatica. Non bisogna poi dimenticare che la Cina resta fuori da questi discorsi, non avendo aderito all’accordo. un particolare non da poco considerato che parliamo di una potenza globale sorretta da miliardi di persone e che inquina in modo consistente. E di tempo per correre ai ripari non sembra restarne molto.

Ha fatto poi discutere l’assenza del leader cinese Xi Jinping, che a onor del vero ormai da tempo ha deciso di non spostarsi più fisicamente dalla nazione. 

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L’occasione perfetta per il Presidente Usa per ammonirlo davanti alla comunità internazionale e per sottolineare quanto la sua assenza responsabilizzi la leadership mondiale degli Stati Uniti. Si, perchè Biden nel corso della conferenza ha ribadito le aspirazioni americane su scala globale: “Gli Usa devono e vogliono guidare il mondo”.

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