Continuano a fare discutere le dichiarazioni del Ministro del Mise Giorgetti, che spinge sulla candidatura di Draghi al Quirinale per dare vita a un semi presidenzialismo de facto. Il centrodestra è infatti convinto di vincere le elezioni e tagliare fuori la sinistra dal governo. I dem dal canto loro rifiutano questa ipotesi, anche se fonti vicine al Pd raccontano di un Letta che in caso di voto anticipato, sarebbe comunque convinto di poter vincere.
Con le Quirinarie sempre più vicine, la strategia del Partito Democratico è chiara: si potrà ragionare sui possibili nomi del successore di Mattarella soltanto nel momento in cui la legge di bilancio e i progetti con il Pnrr saranno già ben avviati. Una linea che il segretario Letta continua a ripetere da settimane ai giornalisti ma che però non sembra essere condivisa dagli altri partiti che invece continuano a discutere al loro interno su possibili nomine e candidature. Hanno poi fatto scalpore in questi giorni le dichiarazioni di Giorgetti che ha auspicato la candidatura di Draghi per dare vita a un semi presidenzialismo de facto, in grado di far risorgere a suo parere una politica ormai debole. Dichiarazioni che sembrano aver però scatenato l’ira di Salvini, che ha indetto una consiglio federale interno per ristabilire la sua leadership e la linea da seguire in merito all’interno della Lega.
Ci sono naturalmente poi le obiezioni costituzionali alla proposta di Giorgetti, perché è difficile pensare che un Presidente della Repubblica possa assumere un ruolo del genere all’interno di una democrazia parlamentare. E infatti interrogato dai giornalisti a riguardo, Bersani non ha nascosto la sua indignazione: “Fatevelo di legno il Presidente della Repubblica, visto che della Costituzione non frega niente a nessuno. Faccio gli auguri a Giancarlo Giorgetti che ora ha il problema di rimodulare la Lega. A quelli che hanno giurato sulla Costituzione dico: leggetela”. Sul tema in realtà si è anche pronunciato di recente il noto costituzionalista Ainis, che ha spiegato come un’ipotesi del genere “sarebbe troppo” per la nostra costituzione, una forzatura troppo grande.
In molti però ritengono che quella di Giorgetti sia stata una semplice strategia per “spingere” i partiti al voto anticipato e monetizzare il consenso che il centrodestra sembra ancora avere rispetto a una sinistra che invece fa molta fatica. In ogni caso, nessuno sembra comunque escludere l’ipotesi di Draghi al Quirinale. Non lo ha fatto nemmeno Giuseppe Conte, che ha spiegato che sulla possibile candidatura del premier “Non ci sono preclusioni. Ovviamente, bisogna verificare che ci siamo tutte le condizioni e lo ripeto: questo non significa che un attimo dopo si vada alle elezioni”. Salvini però si è dimostrato molto scettico sulla reale possibilità di andare ad elezioni anticipate anche nel caso in cui Draghi accettasse di “trasferirsi” al Quirinale.
Di sicuro, in molti all’interno della maggioranza hanno adesso il timore che una possibile elezione di Draghi al Quirinale, possa portare conseguenze imprevedibili che i partiti difficilmente sarebbero in grado di gestire. Senza dimenticare come secondo molti, continuare ad insistere sulla candidatura del premier, equivale al momento a bruciarlo. In proposito, Agi è riuscita a raccogliere una fonte anonima in parlamento, la quale ha dichiarato senza mezzi termini che “così facendo non si fa un gran favore al presidente del consiglio: mancano tre mesi all’elezione del Capo dello Stato e si rischia di bruciarlo”.
Ma non solo perché, nel caso invece la sua elezione diventi realtà, la fonte parlamentare ha poi indicato un possibile successore di Draghi alla presidenza del Consiglio: si tratterebbe dell’attuale Ministro dell’Economia Daniele Franco, fedelissimo di Draghi che lo aveva espressamente scelto nella sua squadra di governo, fuori dalle nomine politiche. Circolano naturalmente altri nomi, quello del premier non è certo l’unico. A sorpresa ad esempio, è stata avanzata anche la candidatura di Pier Ferdinando Casini, che potrebbe ad esempio mettere d’accordo sia il centrodestra che Italia Viva (nonostante sarebbe forse il momento di iniziare a collocare politicamente il partito di Renzi nella stessa casella di Forza Italia). Renzi in merito si è già pronunciato più volte, invitando ad esempio alla cautela su Draghi, anche perchè a suo parere continuare a proporlo significa bruciarne la candidatura, perché alle Quirinarie, spiega, “chi entra Papa esce cardinale”. L’ex premier non ha comunque dubbi sul fatto che “Draghi farebbe bene il presidente della Repubblica come fa bene il premier o come farebbe ai vertici delle istituzioni europee”.
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Ma il Pd in quel caso sarebbe disposto ad allearsi con i 5 Stelle? Per Bersani si, ma i rapporti tra il resto dei dem e la compagine pentastellata non sono in realtà così idilliaci. Di sicuro lo strappo con Italia Viva, dopo la tagliola sul Ddl Zan, che il Pd imputo apertamente a Renzi, il Pd si ritrova costretto a rivedere il suo posizionamento e possibili nuove alleanze.
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