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Programma nucleare iraniano, come siamo arrivati alla situazione attuale?

Dopo i burrascosi rapporti tra USA e Iran sembra difficile immaginare che la storia del programma nucleare iraniano inizi proprio con l’aiuto degli americani. Bisogna tornare alla guerra fredda e alle operazioni parte della strategia di contenimento operata dagli USA: gli atomi per la pace del presidente Eisenhower.

Nel 1967 il primo reattore nucleare attivo sul territorio Iraniano era, infatti, uno dei reattori di ricerca da 5 megawatt forniti dagli USA. L’Iran ha, poi, firmato il Trattato di non proliferazione nucleare (TNP) nel 1968 e lo ha ratificato nel 1970. Da questo momento in poi il programma nucleare iraniano è rimasto soggetto alla verifica dell’AIEA.

La partecipazione degli Stati Uniti e dei governi dell’Europa occidentale al programma nucleare iraniano continuò fino alla rivoluzione iraniana del 1979. Via il governo dello scià, arriva la repubblica islamica sciita (molto legata alla legge coranica, shari’a). La vicenda della rivoluzione è lunga e complessa ma, semplificando, dopo la crisi degli ostaggi all’ambasciata americana la cooperazione nucleare fu decisamente interrotta. Gli USA, in particolare, interruppero la fornitura di uranio altamente arricchito (HEU) per il centro di ricerca nucleare di Teheran. Ciò ha costretto il reattore a chiudere per alcuni anni.

Nel 1981, i funzionari iraniani conclusero che lo sviluppo nucleare del paese doveva continuare. Negoziati hanno avuto luogo con la Francia alla fine degli anni ’80 e con l’Argentina nei primi anni ’90, e sono stati raggiunti accordi. Negli anni ’90, la Russia formò un’organizzazione di ricerca congiunta con l’Iran, fornendo all’Iran esperti nucleari russi e informazioni tecniche. L’Iran ha beneficiato del contributo tecnico di entrambi i competitor della guerra fredda (in parte anche dalla Cina).

Programma nucleare iraniano, dall’energia alle armi

 L’inizio degli anni duemila è segnato dal sospetto dell’AIEA he l’Iran stia arricchendo l’uranio a percentuali superiori a quelle stabilite per l’uso civile. L’Iran garantisce che il suo uranio sia arricchito a percentuali inferiori al 5% ma AIEA lancia l’indagine che si conclude nel 2003. L’Iran era sistematicamente venuto meno ai suoi obblighi di riferire le proprie attività all’AIEA, secondo l’accordo di salvaguardia del TNP. Allo stesso tempo si riportava che non esisteva alcuna prova di un programma di armi nucleari.

Dopo vari ritardi, nel 2006, l’AIEA ha riferito al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite il mancato rispetto dell’accordo di salvaguardia da parte dell’Iran. Il Consiglio ha chiesto, quindi, all’Iran di sospendere i suoi programmi di arricchimento e ha imposto sanzioni quando il paese si è rifiutato. Nel corso degli anni ci sono state diverse proposte per una soluzione alternativa al nucleare ma l’Iran ha sempre rifiutato. L’Iran, infatti, sostiene che il programma sia necessario per la sua sicurezza energetica e che tali “accordi a lungo termine” sono intrinsecamente inaffidabili. Andiamo avanti di 20 anni e, come scritto nello scorso articolo, l’Iran continua ad avere poca fiducia negli accordi con gli occidentali.

Ma alla fine l’Iran aveva le armi nucleari oppure no? È noto adesso che l’Iran aveva stabilito il suo programma di armi nucleari, noto come Progetto Amad, alla fine degli anni ’90/inizio 2000. Il progetto prevedeva l’acquisizione e la produzione di materiale nucleare di tipo militare. Si pianificava il collaudo di componenti di armi nucleari e la pianificazione della costruzione di un’arma nucleare unica. Il progetto sembra essere terminato improvvisamente nel 2003. Solo nel 2011, l’AIEA ha rilasciato un documento contenente tutte le informazioni conosciute in quel momento sul Progetto Amad.

L’accordo del 2015 e le prospettive future

Nonostante attacchi informatici e sanzioni, il programma nucleare iraniano ha continuato ad avanzare negli anni. Anche se l’Iran e altre nazioni hanno avviato alcuni colloqui per rallentare lo sviluppo nucleare dell’Iran, nessuno ha portato ad accordi formali. Fu solo il 14 giugno 2013, quando elessero presidente Hassan Rouhani, che i negoziati con l’Iran presero una piega più promettente. In uno dei suoi primi discorsi da presidente, Rouhani ha espresso il suo desiderio di negoziare con il P5+1 sullo sviluppo del programma nucleare in Iran.

I negoziati si sono conclusi il 14 luglio 2015 con la firma del JCPOA. Lo scopo di questo accordo è quello di rallentare i progressi dell’Iran verso la costruzione di un’arma nucleare, riducendo o fermando attività di arricchimento dell’uranio. L’Iran, in linea di massima è riuscito a rispettare i limiti dell’accordo ma, allora, qual è stato il problema con gli USA?

Leggi anche: Iran nucleare, i negoziati riprenderanno entro fine novembre

Il problema principale con l’accordo è che, per quanto l’imiti l’attività nucleare, non copre il test dei missili. L’Iran continua a testare missili, dando preoccupazioni non solo gli Stati Uniti ma anche le Nazioni Unite e altre nazioni coinvolte nel JCPOA. Questo perché un missile è la metà di ciò che serve per avere un’arma nucleare in grado di minacciare un altro paese. Questo è stato il ragionamento di Donald Trump quando ha ritirato gli USA dall’accordo nel 2018, il JCPOA non preveniva il rischio di armi nucleari. Adesso si vuole tornare verso un accordo ma il diplomatico Rouhani ha lasciato il posto al più rigido Raisi. Le sue parole in merito sembrano chiare “questioni regionali e missilistiche non sono negoziabili”. Terrà fede alla sua parola?

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