Nella legge di Bilancio previsti 12 miliardi per il taglio delle tasse

Il governo approva la legge di Bilancio, il premier Mario Draghi si sposta in conferenza stampa per fare chiarezza sui contenuti della manovra: colpisce la portata della somma stanziata per il taglio delle tasse, circa 12 miliardi invece degli 8 pronosticati dalle prime indiscrezioni. Ecco come verranno spesi i soldi previsti dalla manovra. 

mario draghi
MeteoWeek.com (Photo by Sean Gallup/Getty Images)

Per il taglio delle tasse ci sono 12 miliardi, non 8, per ridurre la pressione fiscale nel 2022. Otto miliardi vanno ad un intervento mirato per ridurre le imposte sulle società, sulle persone, sul cuneo fiscale”: è questo uno dei primi punti toccati da Mario Draghi nell’esposizione dei contenuti della legge di Bilancio in conferenza stampa. Una notizia che si sovrappone a quanto trapelato dalle prime indiscrezioni, che prevedevano 8 miliardi per il taglio delle tasse. Sul come effettuare questo taglio delle tasse, il governo dovrà attendere il confronto con le parti sociali e le Camere. Due i punti fondamentali: taglio di Irap e taglio del cuneo fiscale. Fino a questo momento Draghi dice di esser soddisfatto della manovra, preannunciando una crescita del Pil “ben oltre il 6% per quest’anno, e di circa il 4,7% nel 2023. Poi aggiunge: non è garantito che la crescita continui, ma “ci sono le basi” perché sia “a un livello più alto” e sia “più equa” e di “qualità”. L’occhio – ribadisce Draghi – sarebbe rivolto a una crescita attenta alla coesione sociale, e in questa ottica va inserito anche il taglio delle tasse. “Destiniamo quasi 40 miliardi in un triennio alla riduzione delle imposte, di cui 24 al cuneo e la parte restante agli incentivi fiscali, alle famiglie e imprese“, mentre per gli investimenti la cifra sale esponenzialmente: “Saranno 540 miliardi di euro nei prossimi 15 anni, considerando sia le risorse del Piano nazionale di riforme, sia i fondi già stanziati sia quelli di questa legge di bilancio”.

Legge di Bilancio, taglio delle tasse e crescita

La parola d’ordine ripetuta da Draghi più volte è la parola “crescita”, ma una crescita che non guarda esclusivamente ai numeri del Pil, ma alla sua qualità e uniformità: “È un momento per l’Italia molto favorevole, dobbiamo essere capaci di mantenere questa crescita anche negli anni a venire. Gli ultimi due trimestri sono stati notevoli, il quarto si preannuncia egualmente positivo. L’Italia cresce molto ora, ma questa legge di bilancio non assicura che questa crescita continui in futuro, dovranno essere gli italiani a contribuire, ma oggi si gettano le basi perché continui a un livello più alto e sia anche più equa“. Una crescita di questo tipo, sottolinea Draghi, è tanto più importante perché “dal problema delle pensioni così come dal problema del debito pubblico si esce solo crescendo molto. E questo è lo spirito di questa legge”.

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Pensioni

E proprio a proposito delle pensioni – tema caldo su cui si sono accese le tensioni con i sindacati – la decisione presa dal governo conferma uno stop a Quota 100, Quota 102 per tutto il 2022 e un percorso rivolto al sistema contributivo pieno. “Il nostro impegno è tornare al contributivo. Quota 100 finisce quest’anno e la nuova misura prevede una transizione a Quota 102, con 38 anni di contributi e 64 anni di età, e abbiamo rafforzato Opzione donna e Ape social”. Per il dopo “il governo è disponibile ad confronto intenso con le parti sociali” e con il Parlamento “perché l’obiettivo è il pieno ritorno al contributivo che è la scatola dentro cui tante cose si possono aggiustare, come ad esempio recuperare al lavoro chi ne è uscito e si trova in nero. Il tasso di occupazione è basso e le misure prese sono proprio per far entrare nel mondo del lavoro i giovani e anche i vecchi andati in pensione che vorrebbero lavorare, e bisogna fare in modo che lo facciano senza essere puniti”.

Reddito di cittadinanza

reddito cittadinanza
MeteoWeek.com

Altro tema caldo è rappresentato dal reddito di cittadinanza, a proposito del quale il governo aggiunge una stretta in termini di controlli e criteri di percezione del reddito. In Consiglio dei ministri il tema è stato a lungo dibattuto dai ministri del M5s, non tutti i nodi sono stati sciolti, ma l’impianto della modifica viene comunicato con una certa sicurezza dal premier: la somma percepita attraverso il reddito verrà gradualmente diminuita in caso di offerta di lavoro rifiutata, mentre il reddito decadrà alla seconda offerta rifiutata. Non c’è dubbio che “condivido il principio del reddito di cittadinanza, ma bisogna che abbia un’applicazione che sia esente da abusi e non sia da intralcio al funzionamento del mercato del lavoro”. Per questo è necessario rendere più appetibile l’accettazione dell’offerta di lavoro piuttosto che la percezione del reddito, e per questo è necessario affinare il sistema di controlli in grado di confermare che il soggetto interessato abbia effettivamente ricevuto offerte prima dell’inizio del decalage. “Su questo ci stiamo ancora ragionando“, spiega Draghi. Ma “è chiaro che il sistema precedente non ha funzionato. È stato un disincentivo al funzionamento del mercato del lavoro, almeno ‘in bianco’, in tanti casi invece ha incentivato il lavoro in nero, associato a quello che non è stato pensato come un sussidio. Quindi i controlli saranno diversi e molto più precisi, anche ex ante”.

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Le altre misure

A tutto questo si aggiungano le altre misure corpose della manovra, tra le quali spicca il rinvio di un anno della plastic e della sugar tax, un’estensione del superbonus 110% “al 2023 per i condomini e per gli Iacp” (poi portato al 70% nel 2024 e al 65% nel 2025), la proroga del bonus facciate al 2023 (con una percentuale di intervento del 60%), circa 1,5 miliardi per Cig e pensione, e un fondo garanzia per piccole e medie imprese di circa 3 miliardi. Su alcuni punti cardine, ad ogni modo, la partita sembra essere ancora aperta: bisogna capire, nello specifico, come utilizzare i 12 miliardi per la riduzione della pressione fiscale, come riformare il meccanismo del reddito di cittadinanza, come ristrutturare il sistema pensionistico in modo da non penalizzare eccessivamente i lavoratori anziani (soprattutto quelli dei lavori più usuranti) prestando anche attenzione a non penalizzare i giovani. Insomma, la manovra è stata approvata dal Consiglio dei ministri, la prima battaglia è vinta. Ma è solo la prima.

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