Affossare il Ddl Zan è stato il primo “test” verso le Quirinarie?

Sono in molti all’interno del Pd a sostenere che i voti mancanti dei franchi tiratori, quelli che hanno permesso di applicare la tagliola sul disegno di legge contro l’omotransfobia, siano stati il primo vero “test” verso le elezioni per il Quirinale. 

Meteoweek – Screnshoot da Wikipedia

“Quello che è accaduto oggi è gravissimo perché questa tagliola doveva avere i numeri per essere bocciata. I numeri c’erano, ma il problema è una forza politica si è sfilata, Italia Viva, che ha cominciato a flirtare con i sovranisti, dicendo che i voti non c’erano al Senato e che bisognava trattare con il centrodestra”, 

Non usa mezzi termini Alessandro Zan, comprensibilmente arrabbiato dopo la tagliola che nella giornata di ieri si è abbattuta sul suo disegno di legge contro l’omotransfobia. D’altronde il deputato del Pd era stato chiaro già poche ore prima della votazione: rinviare la discussione sul Ddl, significava nei fatti, metterci sopra una pietra tombale: “Se passa la tagliola, il DDl è morto”

E il giorno dopo, è tempo di bilanci politici per il Partito Democratico, che sembra non avere dubbi su chi sia il vero “colpevole” di quanto accaduto ieri. 

“Sul ddl Zan oggi al Senato un colpo molto grave ai diritti e temo una prova generale per il quarto scrutinio per il Quirinale. È tempo che il campo progressista prenda piena coscienza della situazioneha commentato su twitter Bersani, in un attacco nemmeno troppo velato a questi “progressisti”. Il riferimento naturalmente è Italia Viva, perché un po’ tutti all’interno del Pd, sono convinti che siano loro i veri franchi tiratori che hanno nei fatti affossato la legge. Stupisce in tal senso il lungo silenzio di Renzi, ma fino a un certo punto: già ieri la sua era stata un’assenza a sorpresa, sono in molti ad aver scoperto soltanto poche ore prima del voto che l’ex premier era volato in Arabia Saudita. 

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Il vero nodo della questione, perchè purtroppo diventa difficile pensare che il Ddl Zan possa al momento “risorgere”, è un altro: quanto accaduto ieri è un primo test per le prossime elezioni presidenziali? Italia Viva ha semplicemente iniziato a prendere le “misure” su come accordarsi con la destra per l’elezione del prossimo Presidente della Repubblica?

Alessandro Zan ne è convinto, spiegando che ieri “si è giocata un’altra partita, quella per il Quirinale, sulla pelle nostra, sulla pelle di tanti cittadini che ci chiedevano una legge di civiltà”. 

Italia Viva, fin dalla sua fondazione, ha inseguito quella stessa vocazione centrista con cui Renzi si è presentato al governo quando era ancora era all’interno del Pd. Una linea politica post-ideologica in cui si cerca un compromesso a prescindere dalla bandiera politica (Il partito del fare, direbbe Renzi, contro gufi che discutono di massimi sistemi e criticano a prescindere).  Che Renzi poi abbia sempre dimostrato di avere una particolare predilezione per Forza Italia, non è certo un mistero.  

Illuminante in tal senso l’intervista che il deputato di Italia Viva Mattia Mor ha rilasciato a Formiche.net: Siamo distanti dal Movimento 5 Stelle, nella stessa misura in cui siamo distanti dalla Lega e da Fratelli d’Italia”. 

Non dal Pd o da Forza Italia dunque.  Resta però il fatto che in quell’intervista la visione comune a cui fa riferimento, sembra trovare molte più spende nel centrodestra che non i area dem: “Su alcuni temi la nostra visione è molto similare a quella dei forzisti. Ma questo non significa necessariamente allearsi”.

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È vero che poi Mor aggiunge che Italia Viva nasce in seno al Pd, che rimane un naturale alleato”, così come lo è che Renzi fu il vero dominus delle scorse Quirinarie, fregando nei fatti Berlusconi, che credeva invece di poter concordare con lui il suo candidato. Da quel momento in poi, e ancora di più con la fondazione di Italia Viva, l’affinità con il centrodestra è diventata troppo grande, troppo visibile. Che poi si sia scelto di fare un’alleanza strategica in una regione, la Sicilia, in cui certi equilibri a destra sembrano inamovibili, sembra una scelta molto più politica che pragmatica. 

E forse allora è vero, quanto accaduto ieri, è stata una prima prova per capire i rapporti di forza (e di numeri) che si instaureranno nelle trattative che porteranno ad eleggere il nuovo Presidente della Repubblica.

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