Come il seme che, diventato albero, tocca il cielo, il regno di Dio parte dalla vita quotidiana, che possiamo “colorare” di bellezza.
Gioisca il cuore di chi cerca il Signore.
Cercate il Signore e la sua potenza,
cercate sempre il suo volto. (Sal 104,3-4)
L’ardente aspettativa della creazione è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Rm 8,18-25
Fratelli, ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi.
L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio. La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità – non per sua volontà, ma per volontà di colui che l’ha sottoposta – nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio.
Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. Nella speranza infatti siamo stati salvati.
Ora, ciò che si spera, se è visto, non è più oggetto di speranza; infatti, ciò che uno già vede, come potrebbe sperarlo? Ma, se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza.
Parola di Dio.
R. Grandi cose ha fatto il Signore per noi.
Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia. R.
Allora si diceva tra le genti:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia. R.
Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia. R.
Nell’andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni. R.
Il granello crebbe e divenne un albero.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 13,18-21
In quel tempo, diceva Gesù: «A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo posso paragonare? È simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami».
E disse ancora: «A che cosa posso paragonare il regno di Dio? È simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».
Parola del Signore.
A cosa si può paragonare il Regno di Dio? A qualcosa di semplice innanzitutto, che nasce nel cuore. È un seme piccolo e umile di bellezza che, piantato dentro di noi, cresce e diventa qualcosa che ci unisce a Dio e alle cose celesti. È quel lievito di vita che, anche se è un pizzico, cambia la nostra, la eleva, le dona gioia.
Il commento al Vangelo di ieri:
Con due metafore apparentemente semplici Gesù vuole dirci che il suo Vangelo e il suo regno iniziano a partire dal nostro cuore che, come un terriccio con il seme, accoglie Dio e riesce a toccare il cielo. A cominciare dalla vita quotidiana, che possiamo “colorare” di bellezza; una bellezza che dura, che non torna indietro, ma che ci cambia per sempre.
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