Mentre il confronto sulla legge di Bilancio si fa sempre più intenso, mentre governo e maggioranza cercano di trovare un compromesso anche in merito a Quota 100, i partiti cercano di orientare le proprie dichiarazioni e richieste verso un orizzonte comune, evitando il più possibile polemiche interne, a partire dalla Lega di Matteo Salvini. Ecco come i nodi sul volto del partito potrebbero venire al pettine nel post-amministrative.
Matteo Salvini sta affrontando un momento di crisi, questo è evidente: la disfatta alle amministrative, le gaffe del suo candidato prediletto Bernardo, le sfide lanciate da Giorgia Meloni che chiede un centrodestra più compatto, la vicinanza di Giorgetti a Mario Draghi di certo non gli stanno facendo un buon servizio. Certo, la situazione, ormai lo sappiamo, è frutto di una strategia politica voluta e attuata dallo stesso Salvini, che ha provato a svolgere il ruolo di oppositore interno della maggioranza, nella ormai classica formula: Giorgetti al governo, Salvini alla lotta. Il doppiogioco, però, non potrà durare a lungo. O meglio: potrà farlo solo a patto di consumare lentamente la credibilità del leader del Carroccio. La sostituzione di Salvini, vista in quest’ottica, sembrerebbe solo questione di tempo: che sia allontanato in maniera tranchant dalla Lega di governo o che sia costretto a ripetuti passi indietro che lo porteranno a un calo di consenso sembra solo una questione marginale. Il problema è che nel frattempo la Lega dovrà prendere posizione su dossier non di secondaria importanza, come la legge di Bilancio. E’ a questo punto che i nodi potrebbero venire al pettine in maniera più lampante. Il tema caldo, più in particolare, è quello sulle pensioni. Dopo l’apertura di Salvini sul superamento graduale di Quota 100, dopo la proposta del leader della Lega di applicare Quota 102 per due anni, l’esecutivo starebbe lavorando ora a diverse ipotesi, tra cui un percorso che prevede Quota 102 nel 2022, Quota 103 nel 2023 e Quota 104 (pensione a 66 anni) nel 2024.
Anche in quest’ottica andrebbe letta la prudenza di Claudio Durigon, responsabile del dipartimento Lavoro della Lega: “Contrariamente a quanto sostenuto da alcuni media, la Lega non è ‘verso il sì’ alle nuove misure sulle pensioni. Stiamo ancora lavorando alla riforma, con buonsenso e determinazione. L’obiettivo è non tornare alla Fornero”. Fa eco il sottosegretario al Mef della Lega, Federico Freni: “L’obiettivo della Lega è evitare un ritorno alla Fornero: la discussione per una riforma ragionevole è in corso. Inutile soffermarsi ora su numeri e quote: dobbiamo dare risposte concrete alle lavoratrici ed ai lavoratori che attendono di poter andare in pensione“. La situazione è delicata non solo per il confronto tra la Lega e altre forze di maggioranza (il Pd ad esempio si dice contrario al meccanismo delle Quote, che sembra penalizzare soprattutto le donne). La situazione è delicata anche perché Salvini dovrà riuscire a gestire il dossier portando qualche risultato a casa, senza far saltare il banco. E infatti Salvini con Quota 100 mette la maglia del diplomatico e cerca un confronto al tavolo: insieme a Silvio Berlusconi riunirà i ministri di Lega e FI sulla manovra e si dice pronto per affrontare i temi aperti con Mario Draghi.
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La nuova strategia meno urlata e più di intesa risponderebbe a un obiettivo stabilito con Berlusconi e condiviso dal leader di Forza Italia a seguito delle amministrative. L’obiettivo, stando al Corriere, sarebbe quello di far valere maggiormente il peso del centrodestra di governo, operando “dall’alto”: l’idea è di mettere a confronto i ministri di entrambi i partiti per concordare la linea da adottare sul tavolo di Palazzo Chigi. Salvini, che avrebbe concordato con il premier un incontro a settimana, dovrebbe farsi portavoce delle istanze concordate con gli alleati. D’altronde, proprio qualche giorno fa, in Sala Umberto, Salvini aveva dato appuntamento ai suoi parlamentari per fare il punto della situazione a seguito delle amministrative e dopo il vertice con Berlusconi e Meloni. Proprio in quell’occasione aveva ribadito: “Basta personalismi e iniziative non concordate in tv dei parlamentari e basta parlare con i giornalisti raccontando pure i dettagli degli incontri di partito. Il momento è delicato“. Basta personalismi, dunque. E il motivo sembra chiaro: le amministrative sono andate male e da FdI arrivano “troppe rotture di coglioni” (dice Salvini nell’audio rubato dal Foglio), serve una linea netta e condivisa. Ma c’è anche un altro motivo dietro il tentativo di agire d’intesa con i ministri.
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E questo motivo si chiama Giancarlo Giorgetti. Salvini ha capito che questa continua e indiretta smentita tra la linea di governo e quella di lotta finirà per consumarlo. E ha capito che un suo ministro sembra più spesso d’accordo con Draghi di quanto non sia d’accordo con il leader del partito. Per questo Salvini ora cerca di indossare la maglia della Lega di governo e di riprendere in mano le redini della situazione. Anche perché Giorgetti continua a blindare Draghi e da Washington ribadisce: “Ho notato un sentimento di credibilità, c’è questo sentimento di simpatia, di fiducia legata soprattutto alla presenza di Draghi, il cui standing internazionale aiuta”. Poi ancora, per Giorgetti, che sia presidente del Consiglio o al Quirinale, “il nome di Draghi rappresenta una garanzia“. Certo, fa capire il ministro, sarebbe meglio avere Draghi premier fino al 2023. D’altronde, “la Lega ha fatto una scelta di responsabilità, quando ha deciso di stare nel governo. Poi ognuno legittimamente porta avanti le sue istanze, ma alla fine si troverà una mediazione. Sapevamo di perdere in termini di consenso con questa scelta, ma la politica si fa pensando al medio e lungo termine, e parlo della politica con la ‘p’ maiuscola“.
Insomma, per una buona parte della Lega Draghi va blindato, e Salvini deve fare i conti con questo. Se non ci riuscirà, le conseguenze sono evidenti. Per questo cerca di ricomporre il doppio gioco portato avanti fino ad ora, per questo cerca di riattaccare i due volti del suo partito. Per questo, forse, sta seguendo il consiglio di Luca Zaia sulla Stampa: bisogna “portare avanti un’azione di lotta insieme a quella di governo, sono due componenti inscindibili”. Poi la chiosa su Salvini: “La linea politica la decide il segretario e il segretario non è in discussione”. Il segretario non sarà in discussione, ma la linea della Lega sì, visto che le due componenti fino a questo momento non sono rimaste inscindibili come auspicato da Zaia. Salvini riuscirà a portare a termine l’ennesima trasformazione indenne?
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