La camorra controllava gli ospedali di Napoli: pompe funebri, cibo, trasporto, costruzione, lavanderia e persino i parcheggiatori abusivi
Gli ospedali dovevano ricorrere alle imprese scelte dalla criminalità organizzata nelle gare d’appalto legate alle strutture sanitarie come il servizio di trasporto ammalati, le onoranze funebri, le imprese di costruzione e quelle di pulizie. Sotto inchiesta a Napoli finiscono gli ospedali del Cardarelli, Monaldi, Cotugno e Cto (afferenti all’azienda dei Colli) e l’azienda ospedaliera universitaria Federico II.
La Procura della Repubblica di Napoli e la Direzione Distrettuale Antimafia hanno emesso 48 custodie cautelari nei confronti di affiliati all’Alleanza di Secondigliano, il clan era in grado di corrompere imprenditori e pubblici ufficiali. Tra gli indagati ci sono anche i sindacalisti delle aziende ospedaliere, che avevano raggiunto un accordo con i clan “distinto per un’attività di controllo e turbamento illecito relativamente alla gestione degli ospedali“.
Secondo gli inquirenti esisteva una “sistematica pressione estorsiva sulle imprese appaltatrici“, corrompendo pubblici ufficiali e turbando le procedure amministrative. A capo di tutto c’era il boss Andrea Basile, ora in carcere, che con i principali cartelli camorristici di Napoli si erano spartito il business e insieme “adottavano le decisioni di maggior rilievo pianificando le strategie operative più opportune per l’incremento delle attività illecite del clan, volte soprattutto al controllo degli appalti pubblici in ambito ospedaliero“.
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Insieme a Basile sono finiti in carcere anche tre dipendenti di una delle società aggiudicatarie dell’appalto delle pulizie per l’ospedale Cardarelli, che avrebbero fornito informazioni ai clan del Vomero circa le ditte titolari di appalti. In cella anche Marco Salvati, titolare dell’associazione per il trasporto infermi Croce San Pio, accusato, tra l’altro, di “contribuire al rafforzamento e all’espansione del clan Cimmino-Caiazzo-Basile“. Stessa accusa rivolta a Giuseppe Sacco, che con la sua ditta “versava sistematicamente nelle classe del clan somme di denaro a seguito dell’aggiudicazione di ogni appalto per il servizio di bar nelle strutture ospedaliere“.
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Tutto era sotto il controllo dei clan: i servizi di distribuzione di cibi e bevande, pompe funebri e di lavanderia. In caso contrario c’era da pagare un pizzo, riscosso con minacce. A pagare persino i posteggiatori abusivi intorno agli ospedali, i parcheggiatori infatti dovevano versare 150 euro al mese e 5 euro al giorno come tangente. Il “versamento” doveva avvenire in prossimità delle festività religiose.
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