Sara Pedri scriveva all’amica:«Durante i turni di 12 ore non bevo e non vado neanche in bagno»

Sara Pedri, ginecologa scomparsa dal 4 marzo scorso da Trento, scriveva così nei messaggi a un’amica. A Chi l’ha visto i familiari:«Non ne poteva più, ce l’hanno annientata»

Sara Pedri-Meteoweek.com

Ieri sera, durante la trasmissione “Chi l’ha visto?” su Rai 3, sono emersi alcuni messaggi ritrovati sul telefono della ginecologa Sara Pedri, che aveva inviato all’amica Giovanni quando aveva cominciato a lavorare all’ospedale Santa Chiara di Trento. «Non ti nascondo che ci sono stati momenti piuttosto bui. È un altro mondo. Tutto viene fatto diversamente da come ero abituata. Arrivo per la guardia di 12 ore, e non mi alzo dalla sedia se non per fare la visita. Non bevo, non mangio, non faccio pipì. Considera che pranzo due volte a settimana, quando non lavoro», aveva detto Sara all’amica.

Da novembre la dottoressa ha cominciato a manifestare un forte malessere sfociato poi nella scomparsa del 4 marzo scorso, dopo aver lasciato la sua auto nei dintorni del ponte di Mostizzolo (Val di Non). Sara aveva cominciato una nuova vita in Trentino ma non era come se l’aspettava. A Chi l’ha visto, la madre racconta:«Aveva scelto il reparto di ginecologia di Cles, anche pensando di poter esser vicina alle montagne e andare a sciare». Invece, passato qualche mese, raccontava alle amiche di non poterne più.

Sara aveva trovato una casa a Cles, a 40 minuti macchina dall’ospedale, dopo turni di 12 ore. Anche sul lato sentimentale le cose non andavano:«Con Guglielmo è dura. Gli chiedo scusa tutti i giorni. Io voglio stare con lui, ma è dura. Non ci sentiamo tutto il giorno, se non la sera», diceva. Poi gli insulti ricevuti, «lo schiaffo alla mano ricevuto il 20 gennaio» prima di essere mandata via dalla sala operatoria di fronte ai colleghi, il clima teso in reparto, gli orari davvero pesantissimi.

Sara Pedri, Saverio Tateo-Meteoweek.com

E poi le vessazioni subite dai vertici del reparto, che 15  tra infermieri e medici hanno denunciato, avrebbero formato un mix di elementi che avrebbero contributo ad acutizzare il malessere di Sara, al punto da portarla a sparire, come sostengono i familiari della ragazza. «Mi dà l’idea che episodi simili siano stati continui, dato che hanno portato all’annientamento dell’identità di mia sorella», dice Emanuela Pedri. «Da lontano non riuscivamo a renderci conto dello stato in cui era», spiega la madre Mirella in trasmissione, «ce ne siamo accorti solo il 19 febbraio, quando siamo riusciti a convincerla a tornare a casa, prendendosi malattia. Non dormiva la notte, aveva un calo ponderale, si mangiava le unghie, si abbracciava lo stomaco, guardava sempre in basso, non lasciava mai la sua camera e non stava in compagnia. A inizio febbraio mi chiedeva aiuto, e noi da casa le abbiamo dato qualche consiglio per scrivere al direttore sanitario Luzietti di Cles. Lei ha scritto una lettera, ma non l’ha mai spedita».

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In una lettera del 7 febbraio, trovata da Chi l’ha visto, emerge il malessere di Sara che chiede di essere mandata al reparto di ginecologia dell’ospedale di Cles, dove aveva vinto il concorso. Spiega delle lunghe distanze da percorrere «anche con condizioni meteorologiche difficili e pericolose durante l’inverno», del «carico di ore giornaliero dalle 6 alle 21, anche per più giorni a settimana», del fatto che non è facile affrontare tutto questo vivendo «sola, lontana dalla famiglia, e senza aiuto nella vita quotidiana».

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Poi racconta delle “umiliazioni e mortificazioni” in reparto e la scarsa attenzione dei vertici nel far inserire una ragazza che si è appena specializzata, cosa che ha prodotto in lei«una paura mai provata nell’affrontare le pazienti e il lavoro inerente l’ostetricia, da provocare nel mio animo un’insicurezza e una debilitazione che hanno causato un forte calo di peso». Infine, scrive: «Ho tentato di andare avanti nella speranza di entrare a Cles. Dottore, mi aiuti, la prego, mi indichi come dovrei comportarmi. Lavorare a Cles era il mio sogno».

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