Cinque aziende per il traffico di rifiuti tra Calabria ed Emilia Romana sotto sequestro. Tra gli arrestati anche Giancarlo Pittelli
Un traffico illecito di rifiuti tra Calabria ed Emilia Romagna ha portato all’arresto di 29 persone vicine ad ambienti collegati all’Ndragheta, altre 44 sono indagate. Il gip del Tribunale di Reggio Calabria ha disposto il sequestro di cinque aziende di trattamento rifiuti, il tutto è avvenuto nell’ambito dell’operazione Mala Pigna eseguita dai carabinieri forestali. Tra gli indagati risulta anche un rappresentante delle forze dell’ordine infedele del catanzarese.
L’operazione è stata supportata dai reparti dei carabinieri ambientali attivi in Calabra, Sicilia, Lombardia ed Emilia-Romagna, con il supporto dello squadrone eliportato Cacciatori Calabria. Le misure, emesse dal gip di Reggio Calabria, sono collegate alle indagini condotte dal Nipaaf – Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale Agroalimentare e Forestale dei Carabinieri Forestali di Reggio Calabria e coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria.
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Tra gli arrestati risulta esserci anche l’avvocato ed ex-parlamentare Giancarlo Pittelli, già imputato nel maxiprocesso Rinascita-Scott, l’accusa è quella di concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo la Dda, Pittelli era “uomo politico, professionista, faccendiere di riferimento avendo instaurato con la ‘Ndrangheta uno stabile rapporto ‘sinallagmatico’“. Questo rapporto, per i pm, era “caratterizzato dalla perdurante e reciproca disponibilità, infatti Pittelli avrebbe garantito “la sua generale disponibilità nei confronti del sodalizio a risolvere i più svariati problemi degli associati, sfruttando le enormi potenzialità derivanti dai rapporti del medesimo con importanti esponenti delle istituzioni e della pubblica amministrazione“.
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Secondo gli investigatori l’ex-senatore Pittelli aveva “illimitate possibilità di accesso a notizie riservate e a trattamenti di favore“. Per questo “veicolava informazioni all’interno e all’esterno del carcere tra i capi della cosca Piromalli detenuti in regime carcerario ai sensi dell’articolo 41 bis“. I boss che avrebbero usufruito del rapporto con Pittelli sono Giuseppe Piromalli detto “Facciazza” e il figlio Antonio Piromalli reggente della cosca.