Cosa accade al governo Draghi il giorno dopo le amministrative? Quasi nulla. Il presidente del Consiglio aveva già anticipato che non permetterà di vincolare le scelte dell’esecutivo ai ritmi e alle oscillazioni elettorali. “L’azione del governo non può seguire il calendario elettorale” ma quello “negoziato con la Commissione europea per il Pnrr“, aveva detto. Eppure, qualche considerazione in più alla luce delle ultime votazioni è possibile farla…
Il presidente del Consiglio Mario Draghi tira dritto: è questa l’immagine che il premier sta costruendo attorno a sé, e che si vede riconfermata il giorno dopo la fine delle amministrative. E’ una sorta di dirigismo pronto a piegarsi alle ragioni della logica, dei numeri, di Bruxelles, di qualche concessione per alimentare il quieto vivere, ma pronto a non scendere a patti con realtà politiche che lui stesso ritiene illogiche. Per questo Draghi aveva tirato dritto sulle richieste di Matteo Salvini, per questo lo ha fatto nei confronti delle proteste No Green Pass. Ora, ripropone lo schema per le amministrative: è illogico pensare che l’azione di governo debba lasciarsi influenzare dagli esiti delle amministrative, sembra sottolineare Mario Draghi con il suo silenzio sui risultati delle votazioni. Non è successo nulla di rilevante per l’esecutivo. Infatti già domani il premier dovrebbe convocare una cabina di regia sul Documento programmatico di bilancio da inviare a Bruxelles.
Successivamente sul tavolo dell’esecutivo approderà la manovra economica. Mercoledì Draghi sarà in Parlamento per informare le Camere sulla posizione dell’Italia al prossimo Consiglio europeo. “Il governo va avanti“, “l’azione del governo non può seguire il calendario elettorale“, ma quello “negoziato con la Commissione europea per il Pnrr e per le raccomandazioni che sono state date dalla Commissione all’Italia“, aveva detto due settimane fa dalla Slovenia. Ebbene, l’intenzione sembra proprio quella di non rispondere ai nuovi equilibri locali (espressi alle amministrative), per lasciar spazio a uno sguardo più internazionale. Eppure, sarebbe disonestà intellettuale far finta che con le ultime elezioni non sia successo niente.
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Il governo ora potrebbe esser più forte, anche se Draghi non lo dice
Ciò che è accaduto è che il governo potrebbe uscire rafforzato dalle ultime amministrative. Tutto dipenderà da come il centrodestra deciderà di gestire la pesante sconfitta appena subita, che lo ha portato a perdere in tutte e 5 le grandi città aperte alle urne. Più in particolare, Salvini potrebbe decidere di alzare i toni per rifarsi della sconfitta, o potrebbe decidere di cambiare definitivamente rotta, sostenendo una Lega più “governativa”. Fatto sta che una sconfitta di questo tipo toglie argomenti e forza agli attacchi di una Lega che assume le parti di un antagonismo interno. Qualcosa è successo, dunque, anche se non immediatamente visibile o individuabile.
E all’interno di questo quadro, un altro elemento concorre a rafforzare il governo Draghi: la pesante sconfitta del candidato sostenuto da Fratelli d’Italia a Roma, Enrico Michetti. Una vittoria di Michetti avrebbe significato un rafforzamento degli attacchi provenienti dall’opposizione, una legittimazione elettorale ad alzare i toni. Ovviamente, amministrative e politiche sono su due piani diversi: la bocciatura di Michetti non equivale alla bocciatura di Giorgia Meloni. Ciò non toglie che, a livello simbolico, una vittoria alle amministrative di Roma avrebbe suggellato il nuovo peso politico di un partito di opposizione che arriva ad essere, secondo diversi sondaggi, il primo partito d’Italia.
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… E con sostenitori ancora più decisi
Infine, il governo Draghi esce rafforzato perché con più convinzione il centrosinistra, vincitore un po’ ovunque, si stringe attorno alla figura del premier, ripetendo: l’agenda Draghi è la nostra agenda, avanti fino al 2023. A dirlo esplicitamente è stato il segretario del Pd Enrico Letta, che non ha perso occasione per lanciare un primo affondo al centrodestra: “II Partito Democratico cresce e vince sostenendo il governo Draghi. Il Pd è a suo agio in questa situazione politica, altri sono in difficoltà“. Poi ancora, dal Pd emerge la convinzione che il quadro politico “regga e che rafforzi il governo“. Per Letta l’astensione rappresenta certamente un fenomeno preoccupante, ma il segretario del Pd guarda il bicchiere mezzo pieno: “In questo risultato ha pagato positivamente non solo aver scelto i migliori candidati, l’unità della nostra coalizione e la generosità del Pd, ma anche la chiarezza e la coerenza del Partito democratico per la sicurezza e la libertà. Noi siamo dalla parte del Green pass e con gli italiani che vogliono che il Paese riparta“. E sul fronte più apertamente governativo si schiera anche Forza Italia, che dalla sconfitta alle amministrative trae una legittimazione a portar avanti una politica moderata, di compromesso e interlocuzione: “I risultati premiano la nostra proposta politica, moderata e dimostrano che questa è la ricetta vincente, capita dagli elettori“, dicono da Forza Italia, stando a quanto riportato da Agi.
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Come sarà la futura azione di governo
Un primo banco di prova degli equilibri post-amministrative e di una rinnovata convinzione in un esecutivo solido fino al 2023 sarà rappresentato sicuramente dalla legge di Bilancio 2022, che dovrebbe approdare in Parlamento entro domani, 20 ottobre. La manovra dovrebbe pesare intorno ai 25 miliardi e gli animi si scaldano intorno all’allocazione delle risorse. Al momento l’intenzione di Draghi, stando a quanto riportato da La Stampa, sarebbe quella di equilibrare la decisioni attribuendo, in base alla necessità, qualche concessione al centrosinistra e qualche concessione al centrodestra, evitando di galvanizzare una delle due parti politiche. Anche perché Draghi continua ad avere bisogno di un fronte unito per portare a termine le sue manovre. Le prime indiscrezioni ufficiali parlerebbero dunque di una modifica graduale e parziale di due bandiere politiche importanti, Quota 100 per la Lega e il reddito di cittadinanza per il M5s.
“Le prime indiscrezioni ufficiali che arrivano sulla manovra economica – scrive Ilario Lombardo sulla Stampa – sono il riflesso delle debolezze dei due partiti di maggioranza usciti sconfitti dal voto. E dei timori di Mario Draghi. Concedendo un compromesso sulle pensioni, con Quota 102, dunque nella direzione auspicata da Matteo Salvini, e sul reddito di cittadinanza, salvaguardando gran parte della formula voluta dai M5S, il presidente del Consiglio” intende tenere uniti tutti i pezzi. Il punto è evitare di apportare queste modifiche scontentando tutti, i sostenitori delle misure e gli antagonisti. Sarà questo il vero banco di prova del cosiddetto “governo dei migliori”.