Lo Smart working è destinato ad aumentare nelle aziende. Sia in quelle che prima della pandemia non lo utilizzavano sia in quelle che lo utilizzavano in maniera marginale.
I cambiamenti indotti dalla pandemia nel mondo del lavoro sono destinati dunque a lasciare un segno permanente in Italia. Arriva sul tema la ricerca di Willis Towers Watson: Benefit trend survey, Ritorno al lavoro in presenza (svolta su un campione di circa 155mila lavoratori). Fino a due fa, in Italia, l’82% dei dipendenti lavorava in ufficio, il 12% in modalità ibrida, il 6% da remoto. Nel 2021 siamo passati al 32% di lavoratori in ufficio, 31% in modalità ibrida e 38% da remoto.
Willis Towers Watson prevede che solo due dipendenti su cinque lavoreranno in azienda. Nel dettaglio il 42% in presenza, il 35% in modalità ibrida e il 23% da remoto. La modalità ibrida, ovvero sia da remoto sia in presenza, tra due anni resterà comunque più diffusa di quella completamente a distanza. Tuttavia, quest’ultima ha registrato l’anno scorso una maggiore crescita proporzionale rispetto alla modalità ibrida.
“Il lavoro ibrido è destinato a giocare un ruolo di primo piano in futuro, andando a coprire fino a un terzo della forza lavoro aziendale. Abbiamo sperimentato cambiamenti profondi durante il Covid e le persone hanno bisogno di essere sostenute in questa transizione. Nel passaggio verso la “nuova normalità” le aziende devono concentrarsi sulla employee experience, personalizzando l’offerta di benefit, integrando il wellbeing nei propri programmi e supportando i dipendenti in un contesto di lavoro più agile e flessibile”. Queste le parole di Alessandro Brioschi, health & benefit senior consultant di Willis Towers Watson. Nel prossimo biennio un terzo delle aziende si aspetta che la maggioranza dei dipendenti abbia modalità di lavoro da remoto o ibride.
In base agli accordi di lavoro futuri, la nuova normalità, solo il 23% passerà la maggior parte del suo tempo sul luogo di lavoro. Il 18% sarà sempre in azienda, il 26% in modalità mista, il 13% maggiormente da remoto. Il 20% (risultato comunque notevole) opererà solo da remoto e raramente in azienda. In tutto, quindi, il 33% lavorerà soprattutto da casa.
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Riguardo alle aziende che progettano un rientro nella sede fisica, le preoccupazioni riguardano la sicurezza. Alla domanda quando prevedi che la tua società abbandoni i protocolli di sicurezza? Il 47% non sa dare una risposta certa. Il 27% prevede non prima del secondo quadrimestre del 2022 o dopo. Solo il 17% già per il primo quadrimestre dell’anno prossimo e il 6% alla fine di quest’anno. Invece alla domanda su quando si prevede di tornare in azienda? Il 20% pensava di rientrare nel secondo quadrimestre 2021, mentre il 23% nel terzo quadrimestre, il 28% negli ultimi quattro mesi. Il 13% più prudente pensa, invece, che il rientro sarà previsto nei primi quattro mesi dell’anno prossimo, il 4% addirittura nel secondo quadrimestre.
Per lo smart working è previsto in Europa Occidentale un aumento medio annuo dei lavoratori “agili” del +3,6%. Si arriverebbe così a circa 123 milioni nel 2022. In Italia si prevedono circa 10 milioni di smart workers per il 2022 (circa il 36% del totale).
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“L’improvviso boom nel lavoro da casa genererà un cambiamento permanente con molti benefici sia per le aziende sia per i dipendenti.” Questo è il pensiero di Lorenzo Ciccarelli Rewards Associate Director di Willis Towers Watson Italia. “Le aziende stanno realizzando che nel mondo post – Covid, le modalità di lavoro flessibile potranno incrementare la produttività, attrarre i talenti e far aumentare la diversity. La sfida ora è ripensare l’organizzazione del lavoro e le politiche di remunerazione, così da migliorare la propria performance e controllare i costi e i rischi”.
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