Marco Minniti, ex-ministro dell’Interno ed esponente dem, parla dei fatti di sabato alla Cgil e dell’eventualità di sciogliere Forza Nuova
Un lungo editoriale sui fatti alla Cgil, sulla violenza neofascista, sull’applicazione della legge Scelba e Forza Nuova. Torna a parlare Marco Minniti, esponente dem e già ministro dell’Interno nella scorsa legislatura, attaccando duramente le formazioni che si ispirano al ventennio e le proteste contro l’introduzione del Green Pass obbligatorio per i lavoratori.
“Quando si progetta e poi si tenta di assaltare la sede di un governo. Quando si attacca e si devasta la sede di un sindacato. Quando si usa sistematicamente la violenza nei confronti delle forze di polizia. Non siamo di fronte ad una protesta degenerata in atti inaccettabili. Si tratta di qualcosa di più, di molto di più. Si chiama ‘eversione’” – scrive Minniti nel suo editoriale.
“Una parola che una democrazia spera di utilizzare sempre di rado. Molto di rado. E che, tuttavia, non dovrebbe mai mancare nel vocabolario di coloro che la rappresentano, siano essi al governo o all’opposizione – continua l’ex-Ministro -. Una ‘minaccia radicale’, appunto, che non consente giri di parole. In democrazia, l’eversione si stronca. È semplicemente un dovere. Gli arresti di queste ore sono stati una prima, forte risposta. Si indaghi. Si vada fino in fondo. La nostra democrazia ha le capacità e la forza morale per farlo“.
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“Un atto eversivo, dunque, progettato, guidato, innescato da Forza Nuova e dalla sua leadership collettiva. Un’organizzazione che affonda il suo passato e il suo presente nella storia della destra più radicale ed estremista. Un’organizzazione che non ha mai rotto con il nazismo e il fascismo – scrive Minniti – né tantomeno con le organizzazioni terroristiche che a essi si ispiravano. Un atto eversivo, dunque, di matrice fascista con la minaccia di una più ampia e diffusa reiterazione. Ci sono tutti gli estremi per un decreto, ben motivato, di scioglimento di Forza Nuova da parte del ministero dell’Interno. Una decisione impegnativa ma giusta. Con l’auspicio che sia anche tempestiva. Ci sono passaggi in cui la rapidità delle scelte ne testimonia la forza. Sarebbe molto importante che su una scelta di questo tipo ci fosse una adesione corale. Non si tratta di mettere da parte convincimenti e battaglie politiche ma di aderire al principio di salvaguardia della ‘salute della Repubblica’“.
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“Abbiamo forze di Polizia tra le migliori al mondo, forse, le migliori, nella attività di Ordine pubblico. Una delle prerogative più difficili e delicate per una forza di polizia. Saper ‘leggere’ una piazza, saper tenere insieme fermezza e dialogo. Le polizie italiane lo hanno imparato in lunghi anni di esperienza che, necessariamente, si sono incrociati con la storia del nostro Paese. Una storia, oggi di ‘successo’, passata, tuttavia, da momenti difficilissimi e drammatici come, per esempio, quelli del G8 di Genova. Forti, fortissimi di questa consapevolezza si analizzi se e, in caso, cosa non ha funzionato. È il modo migliore per evitare personalizzazioni e strumentalizzazioni. Da ragazzo, all’inizio degli anni ’70, ho incrociato e vissuto una delle pagine più buie della storia della Repubblica: ‘il boia chi molla’. Il più organizzato, duraturo, partecipato tentativo di ‘rottura democratica’ della storia italiana e forse non solo”.
Minniti poi ricorda: “Reggio Calabria era ed è la mia città. Lì c’erano i capi della rivolta, c’erano Avanguardia Nazionale e Ordine Nuovo, il cuore di tenebra del neofascismo italiano. Non casualmente, successivamente, sciolti ai sensi della legge Scelba. Poi c’era la gente, il popolo dei quartieri. La protesta, anche la più radicale, è un pezzo di ogni democrazia. C’è un limite invalicabile: l’uso della violenza. Quella sì, fuori da ogni confine di convivenza e di civiltà. Una democrazia deve saper distinguere tra ‘i cospiratori’, gli squadristi e la gente comune. Con gli uni si è durissimi con la forza della legge, agli altri si sta accanto. Non per dargli ragione. Anzi. Sapendo che in ballo alla fine c’è sempre un sentimento: la paura“.
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E infine l’ex-ministro conclude: “Quanto di più profondo e incondizionato esista nell’animo umano. Al punto tale da non riuscire a volte a confessarla financo alle persone più care. Ancor di più oggi, in epoca di pandemia. Paura per la vita, per gli affetti, per il lavoro. In una sola parola, paura per il futuro. I cattivi maestri, utilizzando anche l’arte sapiente della menzogna e del pregiudizio fanno di tutto per tenere le persone incatenate alle loro paure. Compito di una democrazia è non lasciarle sole, star loro accanto e con la forza del dialogo e le evidenze della scienza liberarle dalla paura“.