Gli scontri a Roma durante la manifestazione No Green Pass hanno portato a dodici arresti tra sabato e domenica: tra loro, Roberto Fiore, fondatore del partito di matrice neofascista Forza Nuova, e Giuliano Castellino, capo romano dell’organizzazione neofascista. Dopo l’assalto alla sede della Cgil, sono state immediate le reazioni della politica, ma Meloni e Salvini stentano a dire parole definitive a riguardo. E questo è inaccettabile.
Sono dodici le persone arrestate tra sabato e domenica per gli scontri tra manifestanti e polizia durante il corteo No Green Pass a Roma, alle soglie dell’estensione dell’obbligo anche a tutti i lavoratori (a partire dal 15 ottobre). Fonti di polizia ad Ansa hanno fatto sapere: tra gli arrestati risultano anche Roberto Fiore, fondatore del partito neofascista Forza Nuova e Giuliano Castellino, capo romano dell’organizzazione neofascista. Al centro degli scontri, l’occupazione del Pronto Soccorso del Policlinico Umberto I e l’assalto alla sede romana della Cgil, in Corso d’Italia, vicino a Villa Borghese. Tra coloro che si sono diretti verso la sede del sindacato, sono stati fotografati proprio Fiore, e Castellino, che tra l’altro era sotto regime di sorveglianza speciale. Per questo, a ventiquattro ore dall’evento, la reazione della politica è stata decisa. O almeno, di una certa parte della politica.
Enrico Letta aveva anticipato: “E’ ora di sciogliere Forza Nuova”. Ora il Pd lavora al testo della mozione da depositare a Montecitorio: lo scopo è chiamare il Parlamento a definire che esistono i presupposti giuridici per lo scioglimento di Forza Nuova. Molto probabilmente, la mozione non conterrà altre indicazioni di metodo, in modo da poter perseguire due strade: lo scioglimento della forza politica sulla base di una sentenza della magistratura o tramite decreto legge che il governo può emanare in “casi straordinari di necessità e urgenza“. L’iniziativa è stata accolta con favore, seppur in maniera più tiepida, anche dal M5s di Giuseppe Conte, mentre Italia viva ha fornito un appoggio condizionato: “Siamo favorevoli a sciogliere Forza Nuova. Ma vediamo come è scritto il testo“, dice Ettore Rosato.
Le inaccettabili ambiguità della destra
Ma è dalla destra che arriva il silenzio più ambiguo, che punta il dito sugli atti di violenza e non sul fascismo, sul mancato mantenimento dell’ordine pubblico (e quindi su Luciana Lamorgese) e non su chi, quell’ordine pubblico, ha promesso di ribaltarlo. In un Paese con una Costituzione che impedisce l’apologia di fascismo, in un Paese con una storia democratica legata a doppio filo all’anti-fascismo, non solo partiti fascisti continuano ad esistere, ad agire, a compiere atti di violenza, ma hanno anche l’ardire di promettere una mobilitazione reiterata: “Finché il Green pass non verrà ritirato definitivamente la rivoluzione popolare non fermerà il suo cammino, con o senza di noi. Ieri è stato uno spartiacque tra vecchio e nuovo, il popolo ha deciso di alzare il livello dello scontro”, rilancia Forza Nuova. In questo Paese qui, ci sono due partiti candidati – che ci piaccia o no – a guidare la prossima tornata elettorale: Lega e Fratelli d’Italia.
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Assalto Cgil, Salvini: “La Lega non sarà in piazza”
In questo stesso Paese, quei due partiti schivano in ogni modo una chiara condanna del fascismo. Matteo Salvini in una diretta Facebook ha già specificato, in merito alla manifestazione convocata dai sindacati sabato 16 ottobre, dopo l’assalto alla sede della Cgil: “Noi saremo nei gazebo della Lega (per raccogliere firme per i referendum della giustizia, ndr.), non in piazza“. Poi l’affondo al centrosinistra: “Ho visto che nonostante ci siano i ballottaggi la sinistra organizza delle manifestazioni il sabato. Ma come? Prima del voto non bisognerebbe stare in silenzio? Noi saremo ai gazebo delle libertà, per una giustizia giusta per un Paese sereno, democratico e solidale con chi lo merita“, spiega, senza spiegare che la condanna del fascismo non è campagna elettorale, è rivendicazione delle conquiste democratiche. Non riguarda i singoli partiti politici, ma la Repubblica tutta. E dovrebbe riguardare, di conseguenza, anche la Lega. Poi la condanna da parte del Carroccio arriva, ma nei confronti della violenza generica: “Non esiste nessuna ideologia che giustifichi la violenza e l’aggressione isoliamo i violenti dalle piazze ma teniamole vive e colorate le piazze“. Alla fine, comunque, Salvini rigetta la matrice dell’assalto alla Cgil, ma scegliendo il “mal comune mezzo gaudio”: “A Roma sono stati arrestati violenti di destra, a Milano sono stati arrestati elementi di sinistra, sono tutti criminali e violenti. Sono antifascista, anticomunista e anti-estremista“.
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Assalto Cgil? Colpa di Lamorgese, dice Salvini
E visto che il problema per Salvini è la violenza, e non la matrice di questa violenza, la colpa – vien da sé – è della ministra dell’Interno Luciana Lamorgese: perché “un estremista di destra come Castellino che aveva un Daspo, non poteva andare allo stadio e aveva il divieto di partecipare a manifestazioni era in piazza del Popolo con il microfono, davanti a migliaia di persone, a inneggiare alla violenza. Possibile che nessuno se ne sia accorto? Chi glielo ha permesso? Chi non lo ha impedito? Chi è l’attuale ministro dell’Interno? Ha fatto tutto quello che doveva e poteva? O è incapace, inadeguato, impreparato, oppure è peggio. A chi è convenuto che ieri una manifestazione con migliaia di persone perbene, di tutte le idee politiche, le finisse in vacca per colpa di 50 o 1.200 criminali e delinquenti? Spero che non ci sia nessun secondo fine“. Le infiltrazioni e le violenze neofasciste durante l’assalto alla Cgil secondo Salvini potrebbero esser state favorite per delegittimare tutta la manifestazione. Con un triplo salto carpiato, Salvini passa a sospettare secondi fini da parte del governo senza passare per il via: la condanna della matrice fascista. Poi, a proposito di Forza Nuova: “I partiti non si sciolgono per decreto. C’è una legge, non si sciolgono in base all’umore di qualche parlamentare del Pd o di qualche pseudo intellettuale di salotto. C’è la legge, rispettiamola“.
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Meloni dice di non conoscere la matrice delle violenze
Non va molto meglio se si passa alla leader di Fratelli d’Italia che, in maniera un po’ più astuta, in casa condanna il fascismo e fuori casa ricombina le carte. “Nel dna di Fratelli d’Italia non ci sono nostalgie fasciste, razziste, antisemite. Non c’è posto per nulla di tutto questo. Nel nostro dna c’è il rifiuto per ogni regime, passato, presente e futuro. E non c’è niente nella mia vita, come nella storia della destra che rappresento, di cui mi debba vergognare o per cui debba chiedere scusa. Tantomeno a chi i conti con il proprio passato, a differenza di noi, non li ha mai fatti e non ha la dignità per darmi lezioni”, dice Meloni in un’intervista al Corriere della Sera. La specifica è d’obbligo anche dopo la recente inchiesta Fanpage sulla cosiddetta “lobby nera” in FdI a Milano. Chiara Valcepina, Massimo Robella, Carlo Fidanza, Jonghi Lavarini, sono tutti nomi ormai esplicitamente legati a posizioni di difesa del fascismo, da cui – esploso il caso – Meloni si è in alcuni casi allontanata.
Ora dice: “Il ‘pericolo nero’, guarda caso, arriva sempre in prossimità di una campagna elettorale…”, ma poi aggiunge: “Quella più arrabbiata sono io. Io che ho sempre detto ‘nessuno si azzardi a giocare su certe cose’, che ho allontanato soggetti ambigui, chiesto ai miei dirigenti la massima severità su ogni rappresentazione folkloristica e imbecille, anche con circolari ad hoc. Perché i nostalgici del fascismo non ci servono: sono solo utili idioti della sinistra, che li usa per mobilitare il proprio elettorato. Si è chiesta perché mentre noi marginalizziamo questa gente, la sinistra la valorizza, dandole un peso che non ha mai avuto?”. Infine: “Dico due cose: immaginare che Fratelli d’Italia possa essere influenzato o peggio manovrato da gruppi di estrema destra è ridicolo e falso. E dico che queste campagne servono per allevare giovani nostalgici, ignoranti della storia, affascinati dal proibito e dal folklore di un fascismo che non hanno nemmeno vissuto, a differenza di chi la guerra l’ha vissuta e ne porta le ferite. Beh, queste persone sono un’arma per i nostri nemici, perché diventano il loro strumento per attaccarci”.
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Poi però, fuori casa, partecipando a Madrid a un evento organizzato dal partito ultra-nazionalista Vox, Giorgia Meloni mischia le carte in merito all’attacco alla Cgil: “La matrice non la conosco. Nel senso che non so quale fosse la matrice di questa manifestazione ieri, sarà fascista, non sarà fascista non è questo il punto“. E il suo marginalizzare diventa uno sminuire: l’unico punto fermo “è che è violenza, è squadrismo e questa roba va combattuta sempre“. Fonti del Pd replicano che “se Giorgia Meloni non sa riconoscere la matrice della violenza di ieri, se non sa chi siano gli esponenti di Forza Nuova arrestati per quegli atti di violenza, glielo spieghiamo noi: sono i capi di una organizzazione notoriamente e orgogliosamente fascista. Glielo spiegheremo anche in Parlamento: ci aspettiamo che lo comprenda così bene da sostenere la nostra proposta di sciogliere l’organizzazione fascista Forza Nuova“. Insomma, Salvini e Meloni dovrebbero capire che marginalizzare e sminuire sono due azioni radicalmente diverse. E che a volte potrebbero anche scegliere di adottare fino in fondo la prima.