Il tampone non è efficace nella rilevazione dei positivi. Il vaccino potrebbe diventare l’unico modo per ottenere il lasciapassare
Il tampone come sistema per il rinnovo del Green Pass potrebbe presto essere eliminato. Gli esperti del Governo potrebbero infatti decidere in questi giorni che l’unica modalità di accesso per il lasciare passare sia quella della vaccinazione, infatti il tampone non garantisce la certezza di essere negativi e in ogni caso va rinnovato ogni 48 ore. Esclusa quindi a priori la possibilità di estenderlo alle 72 ore.
“Allungare il tempo di validità dei tamponi per il green pass a 72 ore può essere un compromesso ma farebbe perdere dei positivi” e i tamponi fai da te “non sono una soluzione perché non arrivano dove si annida il Sars-Cov-2” afferma Carlo Federico Perno, direttore di Microbiologia dell’ospedale Bambino Gesù di Roma. “La carica virale di questa infezione cresce rapidissimamente nelle fasi iniziali dopo il contagio, quindi può succedere che una persona sia negativa un giorno e positiva il giorno dopo, e questa è una routine classica per chi studia questo tipo di malattia. Quindi più stretta è la finestra di tempo, più siamo sicuri di non perdere persone. Se poi la politica deve fare una sintesi, direi, che 72 ore può esser ragionevole, ma dobbiamo sapere che qualche positivo lo perdiamo” afferma l’esperto.
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Quindi l’idea dei tamponi acquistati in farmacia e somministrati in casa del governatore del Veneto Luca Zaia è bocciata. “Il Sars-Cov-2 si trova nella parte posteriore della rinofaringe, per questo i tamponi vanno fatti inserendo in profondità il bastoncino. Con i tamponi fai da te, lo si va a cercare nella parte anteriore, ma il virus non sta qui davanti e rischiamo di dare un certificato di negatività che non è attendibile” continua Perno.
Impossibile escludere anche alcune categorie di lavoratori dall’obbligo di Green Pass. Per il direttore del Bambino Gesù “ho difficoltà, da medico, a pensare a delle deroghe ad alcune categorie, perché così facendo le diamo a persone che infetteranno altre che, a loro volta, ne infetteranno altre ancora“.
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Dello stesso avviso anche il direttore della clinica di malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, Matteo Bassetti. “Qualunque decisione venga presa di allungamento del tampone è una decisione politica, non è una decisione scientifica” afferma. “Il tampone già a 48 ore rischia di avere una finestra in cui uno potenzialmente se già infettato potrebbe essere diventato positivo, figuriamoci a 72 ore. Non dimentichiamoci che il Green Pass non è stato introdotto per far diventare un ‘tamponificio’ l’Italia ma perché la gente si andasse a vaccinare, se oggi avere il Green Pass vuol dire continuare a fare il tampone finisce per non avere più senso il green pass allora ripensiamolo, forse vale la pena anche pensare di eliminarlo“.
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Per Andrea Crisanti, direttore Dipartimento di Microbiologia Molecolare Università di Padova, invece il Green Pass a chi effettua il tampone dovrebbe essere rilasciato, senza vaccino, solo se questo è stato effettuato nelle ultime 24 ore. “Il Green Pass è un’anomalia perché la protezione del vaccino per quanto riguarda l’infezione dopo sei mesi, passa dal 95 al 40%, quindi aver protratto la validità del vaccino da 6 mesi ad un anno non ha nulla di scientifico. Si tratta di una misura per indurre la popolazione a vaccinarsi: abbiamo raggiunto livelli importanti di vaccinazione” dice Crisanti. E aggiunge “Vi è poi l’aspetto del tampone dopo due/tre giorni: non c’è nulla che giustifichi misure di questo genere perché ci si può infettare il giorno dopo oppure quando si effettua il tampone avere inizialmente essere infetti a livelli bassi. Il Green Pass – rileva ancora Crisanti – per avere un impatto sulla trasmissione dovrebbe essere limitato a quelli che hanno fatto la seconda dose entro sei mesi e a chi ha fatto il tampone dopo le 24 ore. È chiaro che questa non è una cosa praticabile”.
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