Danni per pianificare e tentare di eseguire l’omicidio di Ndrangheta su mandato della cosca Crea di Rizziconi per punire a morte un ex sodale. Il “presunto traditore”. Gravissimo per il gip il rischio reiterazione a carico di Candiloro, Formosa e Zappia.
Inizialmente progettato «con gli scavatori» — e cioè comuni armi da sparo, «più efficaci» — poi architettato con l’uso dei «giocattoli» — gli esplosivi. I mandanti in prima battuta ritenevano gli esplosivi «troppo rischiosi, è un casino qui da noi: con un discorso così siamo finiti». Così parlavano, in decine di chat su telefonini criptati, Giuseppe Zappia, 52 anni, di Nuvolera, Gianenrico Formosa, di Flero, e Francesco Candiloro. A carico di tutti il gip Gaboardi ha convalidato il fermo del pm Catananti della Dda per detenzione e porto abusivo di armi da guerra. Si trattava, infatti, di una bomba a mano M75 a lungo custodita in un capannone di Isorella poi custodite a Milano.
Un gruppo di fuoco nel quale si sarebbe a un certo punto ritrovato coinvolto, ingaggiato a suo dire da Formosa, anche Philip Spinel. Philip, che avrebbe aiutato «nella preparazione e nella prossima esecuzione dell’attentato», è detenuto per detenzione di armi da guerra, collaboratore di giustizia dal marzo scorso. «Elevatissimo» il suo grado di attendibilità e molti i riscontri esterni, scrive il gip nelle 55 pagine della sua ordinanza. Ha ricostruito nomi, date, ruoli e sopralluoghi a Belluno sin dal 2019, l’ultimo nel settembre 2021 (di Candiloro). E proprio con lui il teste avrebbe dovuto posizionare la bomba a mano, la mattina del 18 luglio 2020, «nella sottoscocca dell’auto» del bersaglio. «Con un filo da pesca annodato alla sicura e legato a una vicina catasta di legno: così appena lui parte…boom». Ma la casa era in ristrutturazione, e non c’era nessuno.
Se non affiliati, scrive il gip, Formosa e Zappia vengono ritenuti «contigui» alla criminalità organizzata di stampo ‘ndranghetista. Il primo «è certo goda di notevole credibilità nel contesto degli ambienti criminali calabresi che spesso di lui si servono per compiere attività illecite». Il secondo invece «è riconducibile alla famiglia Zappia-Ferraro di San Martino di Taurianova», mentre Candiloro agli stessi Crea. Tanto che proprio le chat per il giudice hanno permesso di disvelare «i diversi livelli coinvolti nel progetto omicidiario». Il primo composto dai mandanti, «certamente riconducibili alla cosca Crea». Il secondo, in cui Vincenzo Larosa ha avuto il mandato di uccidere e che “a tal fine ha incaricato Tripodi e Candiloro”. E il terzo livello «composto dal gruppo di fuoco incaricato di uccidere: Tripodi, Candiloro, Zappia, Formosa e Spinel, da lui ingaggiato.
Compenso stimato per Larosa: 150 mila euro, «pronti per il disturbo». A Formosa, alias «il pelato», ne sarebbero spettati 50 mila, per «il lavoro della montagna» lo chiamavano in chat nella primavera 2020. «Se prende i soldi deve fare con gli scavatori», non senza fare i conti con il Covid. Propizio il momento da sfruttare, che imponeva di circolare con la mascherina, ma meglio dopo il 3 giugno. «Quando, cioè, sarebbero state tolte le restrizioni agli spostamenti» sarebbe stato più facile compiere l’omicidio di Ndrangheta.
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Proprio nel giugno 2020, il 6, il primo riferimento nelle intercettazioni al «giocattolo»: la bomba. Se Formosa e Candiloro sono rimasti in silenzio, Zappia è l’unico ad aver parlato, per respingere ogni accusa e negare legami con gli altri indagati. Ma anche lui resta in carcere. Per il giudice a carico degli indagati sussistono «chiaro pericolo di fuga», “pericolo di inquinamento delle prove” e “un gravissimo rischio di reiterazione”.
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