Prosegue l’escalation sulla delega fiscale all’interno della maggioranza: dopo la decisione della Lega di martedì di disertare il Consiglio dei ministri, Mario Draghi e Matteo Salvini hanno tenuto due conferenze stampa dai toni abbastanza accesi. Per questo nella giornata di ieri il premier è tornato a specificare: non ci sarà nessuna patrimoniale. La Lega sembra aver abbassato i toni, ma basterà?
La strappo è avvenuto ufficialmente nella giornata di martedì, quando Matteo Salvini ha fatto disertare ai suoi il Consiglio dei ministri che ha ugualmente approvato il testo della delega fiscale, senza i voti della Lega. Due i motivi ufficiali dell’opposizione, uno di merito e l’altro di metodo: il primo riguarda il fatto che la delega prevede una riforma del catasto che, secondo il leader della Lega, aprirebbe le porte a una patrimoniale; il secondo motivo riguarda il ritardo con cui la Lega ha avuto accesso alla bozza (circa 20 minuti prima dell’approvazione). A quel punto, si sono sprecate le dichiarazioni incrociate: Mario Draghi in conferenza stampa ha fatto sapere che non ci sarà nessun aumento delle tasse e ha ribadito che, nelle interlocuzioni precedenti con la Lega, erano emersi i presupposti per un’approvazione della bozza presentata. Salvini, dal canto suo, ha alzato ancor di più i toni, forse esacerbati dal post amministrative: “Questa è una patrimoniale. Non ci sarà mai il sostegno della Lega. Non firmo un assegno in bianco a un ministro che dice che si deciderà nel 2026″. Per questo – ribadisce Salvini – la Lega chiede al Parlamento di modificare la legge delega, “basta intervenire su due commi dell’articolo 7″ (in realtà non lo chiede tutta la Lega: quando gli viene chiesto quale sia la strategia di Salvini, Giorgetti risponde: “Boh, chiedete a lui“).
Giunti a questo punto, è evidente che si ponga una questione di durata del governo. E quando si tocca il tema, Salvini rassicura (esattamente come aveva fatto verso le fasi finali del Conte I): se si fa quello che si deve, il sostegno al governo resta. E’ questo il mantra che viene ribadito anche questa volta: “Il passaggio che porta all’emersione del nero e dell’abusivo va benissimo, ma ogni possibilità attuale o futura di un aumento della tassa sulla casa non potrà mai avere il sostegno della Lega. Il sostegno della Lega al Governo non è in discussione quando si tratta di tagliare le tasse (…) La Lega è dentro la maggioranza. Se vogliono, escano Letta e Conte perché il Parlamento ha dato la fiducia a Draghi per abbassare le tasse non per aumentarle”.
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All’interno di questo quadro, Draghi è intervenuto una seconda volta nel giro di due giorni sulla delega fiscale e sulle tensioni con la Lega. Anche la sua posizione è parsa irremovibile, a partire da una sottolineatura d’obbligo per sgomberare il campo da accuse pretestuose: il governo – ribadisce Draghi – non aumenterà le tasse. “Non c’è nessuna patrimoniale” ma solo volontà di “trasparenza, noi abbiamo deciso che non si tocca nulla, le persone continueranno a pagare quanto pagano oggi“, ribadisce in una conferenza stampa al termine del vertice Ue in Slovenia. Poi la spiegazione del perché la sua non è una promessa vana, ma fondata su una considerazione strategica: “Il motivo è semplice, l’ho detto tante volte: l’economia italiana prima del Covid era molto fiacca e quando è entrata nella pandemia ha avuto un trauma, un tracollo tra i più alti tra i paesi Ue. Ora è il momento in cui le attività economiche sono ripartite, quindi lasciamo che ripresa si consolidi, non turbiamola con attacchi fiscali: questo il motivo dietro a questa decisione”. Insomma, “quella sul catasto è una operazione di trasparenza. Perché nascondersi dietro l’opacità e calcolare le tasse sulla base di numeri che non hanno senso? Sono numeri che sono stati verificati vent’anni fa, moltiplicati per un numero, 160, che è il frutto di un negoziato. Non è meglio fare luce, essere trasparenti? E poi la decisione se far pagare o meno è una decisione assolutamente diversa ma intanto facciamo chiarezza”. Non aumento delle tasse ma calcolo ponderato in maniera più adeguata, volendo riassumere la posizione di Draghi.
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Poi, a proposito della tenuta del governo e delle tensioni con la Lega, Draghi assume una posizione statuaria: “Il governo va avanti, l’azione del governo non può seguire il calendario elettorale“, ma quello imposto dall’Europa per le riforme. A voler esser pignoli, Giorgetti lo aveva anticipato qualche giorno fa: “Appena arriveranno delle scelte politicamente sensibili la coalizione si spaccherà (…) Mancherà un anno alle elezioni e Draghi non può sopportare un anno di campagna elettorale permanente”. Il ministro leghista aveva anticipato che Draghi non lavorerà in un clima di accuse aprioristiche e campagne elettorali. Ciò non toglie che Draghi proverà comunque a blindare il governo, tirando dritto e svincolandolo dai giochi politici sulle percentuali di consenso. “Salvini ha detto che la sua partecipazione non è in discussione: ci vedremo nei prossimi giorni“, ribadisce ora il premier. Il leader della Lega, dal canto suo, ammorbidisce i toni ma mantiene il punto: “Bene Draghi contro patrimoniale e nuove tasse sulla casa, adesso il Parlamento in Aula tolga ogni accenno a riforma del Catasto che preluda a nuove tasse sulla casa“. Poi ancora: se Draghi dice “che non aumenterà le tasse, mettiamolo per iscritto. Di lui mi fido, di altri no“.
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Insomma, i toni sono tali per cui è necessario un incontro risolutivo. Mario Draghi e Matteo Salvini – stando al Corriere – si vedranno domani, o forse sabato. Obiettivo: discutere le prossime scadenze di governo. La pace, stando al quotidiano, è già data per acquisita. Il problema è il post, la strategia che Salvini vuole portare avanti e i toni che Draghi vuole assumere per gestirla e/o frenarla. Ecco allora che, con ogni probabilità, a breve si tornerà a parlare di discoteche, ecco allora che a breve bisognerà decidere cosa fare con le concessioni balneari all’interno del provvedimento sulla concorrenza, un testo di riforma che dovrebbe approdare in Cdm prima della fine del mese. Ecco allora che questi temi potrebbero essere declinati da Draghi in un compromesso teso a rabbonire le posizioni del leghista su questioni ben più strutturali. Da Palazzo Chigi smentiscono ogni tipo di compromesso piegato a valutazioni elettorali: “Non leggono l’azione di governo come strumento di composizione del conflitto politico“, ribadisce il Corriere. Il governo fa quello che deve fare, insomma, e cerca di farlo al meglio.
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Fatto sta che per ottenere questo risultato è necessario procedere bene e rapidamente, per recuperare un altro mantra dall’archivio della memoria. Vien da sé che continue tensioni con la Lega non aiuteranno l’azione dell’esecutivo. Due, a questo punto, le strade: o Draghi cerca un incontro su questioni relativamente di poco conto, o tira dritto nell’aspettativa che – prima o poi – le esigenze di governo incontreranno quelle della Lega. Difficile dire quale sarà l’effettiva strategia del premier. Per ora possiamo solo notare che, almeno su un livello di facciata, l’intenzione sembra quella di tirare dritto: il premier avrebbe intenzione di programmare almeno due Consigli dei ministri a settimana, fino al 31 dicembre. In ballo ci sono più di 50 adempimenti da varare per l’attuazione del Pnrr. Per non parlare della legge di Bilancio, quella della concorrenza, e della gestione della pandemia (meno pressante ma comunque ancora presente). Insomma, tutto il resto deve rimanere necessariamente alla porta. Non c’è tempo per le mediazioni inutili, sembra ribadire Palazzo Chigi. Il problema è che Salvini e Draghi non condividono lo stesso concetto di inutilità.
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