Un ex dipendente della funivia del Mottarone, Stefano Carlo Gandini. anni prima del drammatico incidente, aveva segnalato dei malfunzionamenti alla cabina 3, quella che a maggio scorso è precipitata causando la morte di 14 persone. L’uomo ha portato alla Procura di Verbania alcuni documenti audio e video che testimoniano problemi ad un discriminatore e perdite di olio dalla centralina dei freni. In una registrazione messa a verbale Gabriele Tadini, capo servizio dell’impianto, dopo esserne venuto a conoscenza, lo intima di non curarsene, mentre il gestore dell’impianto Luigi Nerini lo minaccia di licenziarlo.
La strage della funivia del Mottarone, che a maggio scorso ha causato la morte di 14 persone, sarebbe potuta essere evitata. La Procura di Verbania, con il prosieguo dell’indagine, non nutre più alcun dubbio in merito a ciò. L’ultima conferma è arrivata tramite la testimonianza di Stefano Carlo Gandini, un ex dipendente della struttura, che è stata e sarà ancora fondamentale per mettere in chiaro i gradi di consapevolezza di tutti gli indagati. Le prove portate agli inquirenti dall’uomo, un mese dopo l’incidente, dimostrano che già nel 2019 c’erano stati dei problemi alla cabina 3, quella precipitata, e che anche in quella occasione i forchettoni erano inseriti. Il procuratore, anche grazie a tali documentazioni, ha potuto insistere davanti ai giudici del Tribunale del riesame di Torino per l’arresto di Luigi Nerini, gestore dell’impianto, e di Enrico Perocchio, direttore di esercizio, che erano stati invece scarcerati dal gip Donatella Banci Buonamici per mancanza di gravi indizi di colpevolezza. Erano stati disposti gli arresti domiciliari, invece, nei confronti di Gabriele Tadini, capo servizio dell’impianto, che risulta anch’egli coinvolto nelle suddette prove.
I video, le foto e gli audio consegnati lo scorso 7 giugno da Stefano Carlo Gandini alla Procura di Verbania dimostrano che la cabina 3 già nel 2019, due anni prima della strage della funivia del Mottarone, presentava dei malfunzionamenti. Il materiale immortala dall’interno un giro di prova in cui sono evidenti «i forchettoni inseriti» e la «centralina dell’impianto frenante», su cui gli inquirenti stanno ancora indagando per comprendere quali problemi non risolti avesse a tal punto da non evitare la caduta della cabina su cui si trovavano il piccolo Eitan Biran, unico sopravvissuto della tragedia, e le 14 persone che hanno perso la vita, molte delle quali giovanissime.
I problemi alla cabina 3, in quella occasione, consistevano in dei malfunzionamenti a un discriminatore e in perdite di olio dalla centralina dei freni. Essi non sono, secondo gli inquirenti, legati a quelli che hanno causato la tragedia, ma le prove sono ugualmente utili a chiarire le dinamiche all’interno della struttura. Stefano Carlo Gandini, infatti, ne parlò con i suoi superiori e, poco dopo, la segnalazione arrivò all’ufficio del capo servizio Gabriele Tadini, il quale tuttavia non se ne curò. Il giorno successivo gli disse di «stare tranquillo, ‘tanto la funivia non cade’». Il gestore dell’impianto Luigi Nerini, invece, lo intimò di non dire nulla. «Nelle registrazioni lo si sente intervenire dal suo ufficio ove ha minacciato di licenziarmi», è stato messo a verbale. Dopo pochi mesi, racconta l’ex dipendente, «trovai un nuovo lavoro e preferii licenziarmi».
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La difesa di Luigi Nerini, gestore dell’impianto, e di Enrico Perocchio, direttore di esercizio, al contrario, ha tentato nei mesi scorsi di utilizzare la testimonianza e la documentazione presentata dall’ex dipendente Stefano Carlo Gandini a suo vantaggio. In particolare, l’entourage di legali vorrebbe dimostrare attraverso esse tali prove che gli indizi di colpevolezza ricadono esclusivamente su Gabriele Tadini, il capo servizio, in quanto i vertici erano soliti affidargli numerose deleghe per la gestione della funivia del Mottarone. Gli addetti ai lavori, secondo la loro versione, si attenevano proprio alle sue indicazioni. “Attendiamo la decisione dei giudici con serenità e non è una frase fatta”, ha detto l’avvocato, Andrea Da Prato.
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