Non pagavano i fornitori della merce con la scusa della crisi del Covid. Il loro capo, detto Scarface, sarebbe in rapporti con Cosa Nostra
Un’altra truffa affiorata durante il periodo del lockdown. Lo scorso anno un gruppo di persone ha utilizzato due società nella zona di Padova per rilevare altre attività immettendo nel loro capitale sociale denaro per accreditarle presso i fornitori e avviare collaborazioni commerciali. Il problema è che, finiti gli acquisti relativi a prodotti edili, elettronici e agroalimentari, la banda non pagava adducendo scuse legate alle restrizioni oppure utilizzavano assegni scoperti e bonifici bancari successivamente annullati. I prodotti acquistati arrivavano alle aziende, ma venivano in seguito portati in un capannone in provincia di Brescia e infine distribuiti a dei commercianti.
Il gruppo è finito in manette con l’accusa di associazione a delinquere, nel capannone dove gli accusati tenevano il materiale le Fiamme Gialle di Este avevano sequestrato beni per oltre 1.2 milioni di euro, sempre frutto degli illeciti. Una volta divenuto impossibile rimandare i pagamenti o trovare scuse soddisfacenti, i truffatori hanno spostato la sede dileguandosi nel nulla, per un danno complessivo ai fornitori pari a 1,4 milioni di euro.
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Nell’appartamento del capo della banda, situato in un quartiere esclusivo di Milano e del valore di circa un milione di euro, la Guardia di Finanza ha trovato tre auto di lusso e arredi molto costosi, sebbene il soggetto risultasse nullatenente. L’uomo, William Alfonso Cerbo, ha diverse ipotesi di legami con il clan mafioso Mazzei. Nella sua abitazione rinvenute anche diverse foto di Tony Montana, il protagonista del film Scarface, da cui il soprannome di Cerbo. “Scarface” ora si trova ora in carcere e nel bresciano.