La svolta nel caso relativo alla morte di Laura Ziliani, la vigilessa scomparsa da Temù, in provincia di Brescia, l’8 maggio 2021, è arrivata. Le due figlie ed il fidanzato della maggiore sono stati arrestate. Per le giovani l’accusa è di omicidio volontario, mentre per il ragazzo è di occultamento di cadavere. La versione dell’incidente in montagna non aveva mai convinto gli inquirenti, che hanno indagato sul passato della famiglia e, in base alle ultime indiscrezioni, hanno trovato degli indizi di colpevolezza. L’autopsia, infatti, ha rivelato la presenza di «benzodiazepine» nel corpo della vittima.
L’autopsia e gli esami tossicologici effettuati sul corpo di Laura Ziliani, la donna scomparsa a Temù lo scorso 8 maggio, hanno incastrato le due figlie Silvia e Paola Zani, rispettivamente 27 e 19 anni. Le giovani sono state arrestate con l’accusa di omicidio volontario insieme al fidanzato della maggiore, Mirto Milani, il quale le avrebbe aiutate ad occultare il cadavere. La rilevazione del «benzodiazepine», un farmaco che vanta proprietà ansiolitiche e sedativo-ipnotiche, nel sangue della vittima, acclara l’ipotesi che quest’ultima sia stata avvelenata. In passato probabilmente era già successo, come aveva testimoniato una sua amica, alla quale aveva raccontato di “aver dormito per 36 ore”. Una rivelazione che, a seguito del ritrovamento della donna priva di vita, aveva fatto scattare i sospetti nei confronti della famiglia. Essi, nelle scorse ore, sono diventati qualcosa di più. La versione dell’incidente in montagna, sostenuta dalle due indagate, d’altronde, non aveva mai convinto gli inquirenti.
Le indagini sulla morte di Laura Ziliani
Le indagini sulla – in un primo momento – scomparsa e – successivamente al ritrovamento del corpo – morte di Laura Ziliani erano state avviate nella mattinata dell’8 maggio 2021, quando proprio le due figlie Silvia e Paola Zani avevano denunciato il mancato ritorno a casa della madre al termine di una passeggiata nelle montagne di Temù, in provincia di Brescia. Agli inquirenti, intorno alle 12.00, avevano raccontato che la donna era uscita presto e che sarebbe dovuta tornare alle 10.00 per accompagnarle a disfarsi di alcuni materassi nella discarica, ma ciò non era mai avvenuto. Nei giorni successivi, vicino alla riva del fiume Oglio, erano stati ritrovati degli averi appartenenti alla vittima: una scarpa e i jeans. Soltanto ad agosto, tuttavia, il corpo è stato ritrovato. A vederlo un bambino di 10 anni. Il luogo, tuttavia, non era compatibile con quello relativo al percorso che avrebbe dovuto effettuare. Da qui erano nati i primi sospetti.
I primi accertamenti effettuati sul corpo di Laura Ziliani dal medico legale Andrea Verzeletti agli Spedali Civili di Brescia non avevano evidenziato segni di violenza, tanto che gli inquirenti iniziarono a convincersi ulteriormente della poca plausibilità dell’ipotesi che la cinquantacinquenne potesse avere perso la vita in un incidente in montagna oppure a causa di un malore. In quel caso, infatti, cadendo si sarebbe ferita. Il cadavere, inoltre, non mostrava segni di una lunga permanenza in acqua. Da qui la tesi che potesse essere precedentemente occultato in un luogo che aveva rallentato il processo di decomposizione. Soltanto gli esami tossicologici, tuttavia, hanno fatto sì che la verità venisse alla luce. Nel sangue della vigilessa, infatti, sono state ritrovate ingenti quantità di «benzodiazepine», un sedativo con cui la donna potrebbe essere stata avvelenata. L’autopsia ha confermato che erano presenti lesioni interne. A mettere il farmaco in dosi letali in una tisana sarebbero state proprio le figlie.
LEGGI ANCHE -> Puigdemont arrestato, in Sardegna sit in delle forze indipendentiste: “Grave atto”
LEGGI ANCHE -> Il chirurgo positivo al Covid che operò d’urgenza un paziente: «Dovevo salvare una vita»
Il movente
Il Gip di Brescia Alessandra Sabatucci, nelle scorse ore, ha disposto una misura cautelare in carcere nei confronti di Silvia e Paola Zani per omicidio volontario e di Mirto Milani per occultamento di cadavere. Nell’ordinanza si legge che «il proposito omicidiario è il frutto di una lunga premeditazione e di un piano criminoso che ha consentito loro di celare per lungo tempo la morte e di depistare le indagini». Il movente, secondo gli inquirenti, sarebbe di natura economica. Le figlie di Laura Ziliani volevano appropriarsi dei suoi averi: «I tre indagati avevano un chiaro interesse a sostituirsi alla vittima nell’amministrazione di un vasto patrimonio immobiliare al fine di risolvere i rispettivi problemi economici».