A Napoli, questa mattina, si sono svolti i funerali di Samuele Gargiulo, il bambino precipitato dal balcone venerdì scorso nel rione Sanità. In carcere, con l’accusa di omicidio volontario, c’è Mariano Cannio. Il collaboratore domestico ha problemi psichici e tutti, nel quartiere, ne erano a conoscenza. A testimoniarlo è uno dei vicini di casa. “Ho il diavolo dentro”, questo gli disse tempo addietro il presunto assassino.
I problemi psichici di Mariano Cannio, il domestico che ha lanciato dal balcone il piccolo Samuele Gargiulo, erano noti agli abitanti del rione Sanità di Napoli. Ciò, tuttavia, non aveva mai impedito alle famiglie, tra cui anche quella della vittima, di accoglierlo nelle rispettive case per svolgere le faccende. Nessuno, infatti, avrebbe mai potuto credere che l’uomo potesse compiere un gesto simile. I segnali in merito alla sua instabilità, nonostante ciò, erano stati in passato evidenti. A rivelarlo sono proprio i vicini di casa, i quali lo conoscevano bene. Uno di loro, in una intervista rilasciata al Corriere della Sera nel giorno dei funerali del bambino di quattro anni, ha parlato del passato dell’assassino e dei suoi recenti comportamenti.
Mariano Cannio aveva problemi psichici
Antonio (nome di fantasia), vicino di casa di Mariano Cannio, in passato aveva notato le stranezze dell’uomo, accusato dell’omicidio volontario di Samuele Gargiulo. In passato gli aveva urlato contro senza alcun motivo, poi quella frase che ad oggi suona terrificante: “Ho il diavolo dentro”, così avrebbe detto. Il male del collaboratore domestico, che venerdì scorso ha lanciato giù dal balcone di una abitazione del rione Sanità il bambino di quattro anni, ha radici lontane. “La mamma di Mariano era malata di nervi. Veniva continuamente ricoverata per problemi psichiatrici. Stava molto male e anche questo lo sapevano tutti. Il padre era un notissimo ladro di case. Lo chiamavano ‘O Gnocco, Tonino ‘o Gnocco, ma non ho mai saputo perché. Nè mi sono mai spiegato per quale motivo nessuno ha mai messo in collegamento i problemi del padre e della madre di Mariano con lui”, racconta.
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Nonostante la famiglia di Mariano Cannio non fosse raccomandabile, quest’ultimo godeva della fiducia dei residenti nel quartiere. In tanti lo avevano assunto come collaboratore domestico. “Era un ragazzo molto noto. Un tipo strano? Decisamente, ma eravamo abituati a vederlo così. Ormai neanche ci facevamo troppo caso, era normale. Lavorava nelle case, aiutava come poteva per guadagnare qualcosa e alla fine si era conquistato la fiducia di tutti, senza nessuna riserva”, dice ancora Antonio. Poi quelle numerose stranezze, gli gesti inconsulti a cui nessuno aveva mai dato un grande peso. Adesso assumono un valore certamente diverso. “Oggi è fin troppo facile dire che si poteva prevedere una cosa del genere. Mariano era il ragazzo che tutti aiutavano e che aiutava tutti. Sul quale nessuno aveva mai fatto considerazioni di nessun tipo. Ripensare a quei segnali adesso fa male, ma non è giusto farlo considerando le cose che sono successe. Niente di tutta questa storia è giusto o ha un senso”, ha concluso.