La Camera ha approvato il secondo decreto Green Pass con 335 voti favorevoli, 51 contrari e 3 astenuti. Il provvedimento passa ora al Senato, dove il governo ha posto la fiducia. Pesa ancora l’ambiguità della Lega, riconfermata anche dal voto finale sul Green Pass alla Camera, dove circa metà partito ha disertato.
Il secondo decreto Green Pass incassa il via libera alla Camera, dove ottiene 335 voti favorevoli, 51 contrari e 3 astenuti. Il provvedimento, che aveva già ottenuto la fiducia in Aula, passa ora all’esame del Senato per ottenere l’ok definitivo. Il decreto approvato riguarda misure urgenti per l’esercizio delle attività scolastiche, universitarie, sociali e per la regolamentazione dei trasporti a lunga percorrenza. In sostanza, riguarda l’estensione dell’obbligo di Green Pass agli ambiti sopracitati. Il decreto, tuttavia, contiene anche le misure previste dal terzo decreto Green Pass, tra cui l’estensione dell’obbligo di Certificazione a chiunque acceda nelle strutture scolastiche e universitarie e l’applicazione dell’obbligo vaccinale per i lavoratori delle Rsa. Ora la palla passerà al Senato, dove il governo ha già posto la richiesta di fiducia sulla conversione in legge del Ddl Green Pass.
A pesare, a spingere il governo a chiedere nuovamente la fiducia, è soprattutto il sostegno a intermittenza della Lega. O meglio, a guardare i numeri della votazione alla Camera, si potrebbe dire “il sostegno dimezzato”. Il decreto in aula ha incassato solo 69 voti favorevoli da parte dei leghisti, su 132 deputati. Risultano assenti giustificati 12 leghisti, mentre 51 sono i deputati che risultano assenti ingiustificati. Il giorno precedente hanno votato la fiducia 80 leghisti su 123, 41 gli assenti non giustificati. Al netto di questi dati, risulta che nella Lega la percentuale di votanti in tema Green Pass è poco più del 52%, mentre le assenze sono il 38%. Numeri che creano sconcerto nel resto della maggioranza, che ha sì una quota di assenti ingiustificati, ma non così alta: 25 deputati su 76 per Forza Italia, 30 su 158 per il M5s, 13 su 93 per il Pd.
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La situazione suscita un certo nervosismo soprattutto perché il processo di regolarizzazione del Green Pass non finisce qui, resta da definire le modalità di applicazione del Green Pass anche al Parlamento. Così come resta da capire come affrontare il prossimo step previsto dallo stesso decreto sul “super Green Pass”, ovvero un’eventuale estensione della capienza di cinema, teatri, eventi sportivi, sociali e ricreativi. Si attende, su questo punto, il parere del Cts entro il 30 settembre. Il Comitato tecnico-scientifico ascolterà il ministro Dario Franceschini e le richieste delle regioni, che chiedono un progressivo ampliamento della capienza prima all’80 e poi al 100%. La Lega, all’interno di questo quadro, porta avanti la sua battaglia sulla riapertura delle discoteche. Bisognerà capire se una contrattazione si aprirà su questo versante.
Intanto nella Lega c’è chi difende l’alto numero di assenze, appellandosi alla libera scelta dei parlamentari, e chi le minimizza. Tra questi ultimi c’è Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera, che afferma: “Più della metà dei deputati della Lega ha votato il decreto Green pass 2. Considerato che, tra gli assenti, 12 erano in missione per impegni istituzionali, che 12 erano in malattia e uno era addirittura a vaccinarsi, è davvero pretestuoso fare dietrologia su chi era in aula e chi no“. Poi ancora: “Se poi aggiungiamo che siamo alle porte delle elezioni amministrative e che quindi molti parlamentari, candidati anche a sindaco, sono impegnati sui territori e che anche negli altri partiti si sono registrate defezioni, cade ogni pretestuosa insinuazione. La Lega ha votato con il governo il Green Pass 2”. Insomma, secondo Molinari sarebbe colpa delle amministrative.
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Tuttavia, a riaprire i dubbi, a sottolineare che una spaccatura interna al partito esiste a tutti gli effetti, è lo stesso Matteo Salvini, che da Milano giustifica in altro modo le assenze dei parlamentari: ascoltando le parole di Salvini, non sarebbe una questione di saturazione dell’agenda, ma una vera scelta politica, secondo il leader della Lega del tutto legittima. “I parlamentari sono liberi di esserci o no. Ognuno è libero di agire secondo coscienza, siamo in democrazia e non in un regime“, ribadisce. Lo stesso appello alla libertà che adotta parlando dell’addio alla Lega di Francesca Donato, europarlamentare definita no-vax. L’addio era stato commentato dal governatore fiulano Fedriga in maniera tranchant e fortemente connotata politicamente: “Nella Lega non c’è spazio per i no-vax”. Anche Matteo Salvini aveva salutato l’abbandono di Donato in modo estremamente freddo (“Tanti auguri“), ma ora sui no-vax specifica: “La Lega è un movimento democratico con decine di amministratori locali e milioni di consensi. Ogni idea è rispettata e rispettabile“.
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Insomma, a voler ricollegare le dichiarazioni dei vari esponenti della Lega, il quadro appare più chiaro: le correnti non sono innocue scuole di pensiero, ma vere e proprie fratture che cercano di ricomporsi a colpi di dichiarazioni a distanza, producendo altrettante fratture. E non solo all’interno del partito. E’ il Corriere a sottolineare l’irritazione degli alleati di Forza Italia. A pesare, non sono solo delle amministrative non rosee, non solo i cambi di casacca, ma anche questioni squisitamente politiche. Di nuovo, il cuore profondo della Lega che pulsa sotto i governismi e gli europeismi di questi ultimi mesi. La frenata arriva da Antonio Tajani, che commenta in questo modo il disegno di Salvini sul gruppo unico all’Europarlamento: “Impossibile dialogare con Afd e Le Pen perché sono contro l’Europa“. Difficile capire cosa arriverà a riappianare i rapporti, se un definitivo, ennesimo, stravolgimento della Lega, o uno stravolgimento delle alleanze politiche.
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