In Messico non viene fatta giustizia per i casi di femminicidio, soprattutto nel caso in cui le vittime siano state oggetto di sparizione. La denuncia arriva da Amnesty International, che all’interno del suo rapporto ha sottolineato come troppo spesso i crimini di questo genere rimangano impuniti proprio in virtù delle negligenze delle autorità. Da qui l’appello a «dare massima priorità al contrasto alla violenza contro le donne» della direttrice generale Edith Olivares Ferreto.
I casi di femminicidio preceduti da sparizione forzata in Messico destano una particolare preoccupazione in Amnesty International, che ha redatto sul tema un rapporto. Esso mette in evidenza la negligenza della Polizia nello svolgere le indagini e le mancate azioni delle autorità giudiziarie. I crimini, infatti, molto spesso rimangono impuniti, poiché mancano le prove – andate perse – oppure perché non vengono perseguiti i reali colpevoli. Il problema perdura ormai da diversi anni. Le vittime che vengono citate dal documento dell’associazione umanitaria sono quattro: Nadia Muciño Márquez, uccisa nel 2004; Daniela Sánchez Curiel, scomparsa nel 2015 e che la famiglia sostiene sia stata vittima di femminicidio: Diana Velázquez Florencio, scomparsa e poi uccisa nel 2017; e Julia Sosa Conde, scomparsa e uccisa nel 2018. Nessuno ha mai pagato per le loro morti. In totale, soltanto nel 2020, sono state uccise 3723 donne e gli assassini di ben 940 di queste sono ancora in libertà.
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“Ogni femminicidio ha un impatto tremendo sulle famiglie delle vittime: cercano verità, giustizia e riparazione e finiscono per diventare vittime a loro volta. Continuiamo a chiedere alle autorità federali e statali messicane di dare massima priorità al contrasto alla violenza contro le donne”, ha dichiarato Edith Olivares Ferreto, direttrice generale di Amnesty International Messico. Da qui l’appello allo Stato affinché vengano messe in atto delle misure, anche dal punto di vista economico, che possano favorire la ricerca della giustizia. Alla negligenza degli agenti e dei magistrati, infatti, si aggiunge anche l’eccessivo lavoro che la Procura deve gestire quotidianamente, nonché l’assenza di materiali necessari per svolgere le indagini – che spesso vengono acquistati dai funzionari stessi – e di luoghi consoni in cui è possibile mettere in sicurezza le prove e raccogliere le testimonianze.