Nell’intervista che il nonno di Eitan, Shmuel Peleg ha rilasciato a N12, trasmessa stasera, ha dichiarato: “Ho perso la fiducia nel sistema giudiziario italiano”.
Ha poi raccontato la sua versione dei fatti, soprattutto sulla tutela affidata a Aya Biran. Peleg ha rammentato che in quegli stessi frangenti doveva riportare i “cadaveri della sua famiglia in Israele. Potevo occuparmi di una procedura di tutela?”, peraltro – ha spiegato – avvenuta “tutta in italiano”. Secondo Shmuel Peleg doveva “essere una cosa temporanea” e non gli sarebbero state spiegate le cose “in maniera completa”. “Io non ho mai rinunciato alla tutela su Eitan”.
Shmuel Peleg nell’intervista – la cui autrice gli ha puntualmente sottolineato che è stata violata la legge – ha ribadito che Eitan è arrivato in Israele “in maniera legale”. “Ho deciso di salvare il piccolo – ha raccontato l’uomo specificando di non avere avuto complici – Ho preso una Kia, i passaporti sono stati controllati dall’autorità portuale e quindi siamo decollati in maniera legale”. Alla domanda perchè abbia affittato un aereo privato, Peleg ha risposto che voleva “essere il più veloce possibile” che non voleva che Eitan fosse “esposto a persone estranee” ma sempre con vicino uno di famiglia. Ad un’altra domanda che in questo modo è stata violata la Convenzione dell’Aya, Peleg – molto emozionato – ha replicato: “che cosa è la Convezione? Io sono il nonno e non me ne intendo di Convenzioni. Sono in una lotta difficile, in un vortice. La mia famiglia è a pezzi. E i nostri pensieri vanno solo al bene di Eitan”. “La mia vita è cambiata – ha insistito – ho perso 5 persone per colpa di gestori irresponsabili e avidi di denaro.
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Diventi una persona diversa”. Peleg ha poi detto che Eitan “è felice e si trova nel posto dove deve essere: casa sua è in Israele”. Il nonno del piccolo ha quindi ribadito che Eitan è israeliano, figlio di genitori israeliani andati in Italia per studiare. “Abbiamo fatto piani perchè tornassero, cercato un appartamento in Israele. Era chiaro a tutti che la famiglia sarebbe tornata in Israele: questo era il loro testamento”. Peleg ha poi definito “senza senso” il fatto che durante l’intervista sia stata ricordata la sua condanna per violenze familiari nell’ambito del divorzio dalla moglie Etty. “Non c’è alcun legame”, ha denunciato, ricordando che il giudice di allora lo ha autorizzato a crescere i suoi figli. Poi ha ribadito di volere che “Eitan cresca con la figlia Gali, il suo compagno e i nonni Biran in Israele nel calore di una famiglia”.
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Ed ha escluso con forza che ci siano interessi economici dietro l’intera vicenda ricordando che è stato proposto che le somme dovute per gli indennizzi siano “congelati in un fondo fino ai 18 anni del piccolo”. Infine l’appello ad Aiya, la zia affidataria della tutela: “mi rivolgo a lei, che venga a sedersi a parlare del futuro di Eitan. Cosa che sarebbe dovuta avvenire fin dal primo momento”.
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