Arrivano novità sul caso del parroco-pusher di Prato, faceva prelievi da 40 mila euro dal conto della curia e cercava partner sulle app di incontri.
Il 27 agosto gli agenti della squadra mobile sono entrati per la prima volta nell’appartamento dei festini, quello in cui Don Francesco Spagnesi conviveva da anni con Alessio Regina, hanno rilevato la presenza di «due bottiglie d’acqua modificate». Si tratta di due «boccette» per fumare il crack, segno inequivocabile di un consumo assiduo di cocaina.
Parroco di Prato, faceva prelievi da 40 mila euro dalla curia
Nell’ordinanza di arresto firmata dal gip Francesca Scarlatti erano chiari due aspetti: il prete 40enne non solo consumava e finanziava l’acquisto di droga, ma era direttamente lui «a recarsi materialmente a reperire gli stupefacenti», secondo tre canali di rifornimento. Il consumo di droga era sconfinato nell’abuso e i due compagni cercavano sulle applicazioni di incontri per adulti «ogni sette dieci giorni» una persona, «preferibilmente omosessuale e propensa all’uso di droga», per farla partecipare a questi festini.
Leggi anche -> Impedisce l’ingresso nel negozio ai clienti senza mascherina: massacrato di botte e rapinato
Don Francesco pareva volersi liberare del peso della doppia vita. Ha reso la sua confessione dopo che la polizia ha colto il suo compagno nell’intento di ritirare la droga dello stupro importata dall’Olanda. Le descrizioni dei frequentatori degli appuntamenti in questa prima fase dell’indagine fanno emergere il profilo di un tossicodipendente più che quello di uno spacciatore, reato di cui l’ex parroco della Castellina è accusato assieme al suo compagno.
Leggi anche -> Un Posto al Sole, anticipazioni 16 settembre: Fabrizio è sull’orlo di una crisi di nervi
È vero che Don Spagnesi «chiedeva agli ospiti un piccolo rimborso per la benzina» che faceva sottintendere una partecipazione alla spesa per l’acquisto della droga, ma è altrettanto palese la mancanza di una volontà di guadagnare dalla cessione degli stupefacenti. Il profilo della tossicodipendenza si manifesta anche nei comportamenti: il contabile della diocesi lo rimprovera su WhatsApp «di aver notato ingenti ammanchi dal conto corrente della Curia e spese non giustificate», fra cui «prelievi da 40 mila euro in soli due mesi» e «pagamenti presso Pos per 75 mila euro», cifre a cui si somma un ammanco di 20 mila euro su cui sta indagando la Misericordia pratese, di cui il prete era Correttore.
Ad aprile il vescovo Nerbini gli aveva revocato il potere di firma per l’operatività bancaria e Don Francesco aveva cominciato a rivolgersi ai parrocchiani con messaggi personali. Dopo poco tempo, non riuscendo a reperire il denaro che gli serviva, scrive alla maggior parte dei suoi conoscenti con lo stesso intento.