L’Italia ha bisogno del nucleare? Tutti ne parlano ma nessuno lo vuole, colpa anche dell’immaginario collettivo riguardo i grandi disastri ed il sogno di un’Italia ad energia rinnovabile.
Il cambiamento climatico è causato dalle attività umane che hanno riversato nell’atmosfera una quantità senza precedenti di gas serra, come anidride carbonica (CO2) e metano. Questi ultimi trattengono il calore impedendogli di fuoriuscire nello spazio, in maniera simile al vetro di una serra. Al fine di centrare gli obiettivi ambientali europei c’è quindi bisogno di una drastica e immediata riduzione delle emissioni di questi gas.
Abbiamo già parlato di come i permessi ad inquinare europei hanno avuto importanti ricadute sulle bollette degli italiani ma le conseguenze possono essere peggiori. Il disastro climatico, infatti, dovrebbe riprendere ad essere l’argomento principe del dibattito politico dei prossimi anni per via dei suoi irreversibili danni. Purtroppo è un argomento scomodo, tecnico e ostile ad elettorato ed opinione pubblica. Cerchiamo di fare il punto, quindi, sul cambiamento climatico, fabbisogno energetico ed energia nucleare. Se non ti interessi del clima, il clima si interesserà di te.
Quando ci si chiede se l’Italia ha bisogno del nucleare si fa ovviamente riferimento al nostro fabbisogno energetico. Infatti, per quanto le auto elettriche possano aiutare, il grosso della Co2 equivalente viene emessa dai produttori di energia elettrica. Insomma la macchina può anche essere elettrica ma il problema rimane se la sua energia è prodotta da una centrale elettrica a gas. Il settore energetico globale è oggi il maggior responsabile delle emissioni di gas serra. In Europa, la produzione di elettricità produce all’incirca il 35% delle emissioni totali.
Non vogliamo le centrali a carbone e a gas ma non vogliamo nemmeno il nucleare. Solare ed eolico possono mandare avanti un intero paese da soli? Il primo problema di eolico e solare è l’intermittenza. Il sole ed il vento non sono costanti ma a noi l’energia serve 24h su 24. Possiamo usare delle batterie? Potremmo ma al momento non ci sono batterie in grado di conservare quantità notevoli di energia in modo efficiente. In tutti i paesi è necessario avere, accanto alle rinnovabili, una cosa definita baseload. Una base di produzione energetica, attiva sempre e stabile, alla quale si possono aggiungere tutte le rinnovabili possibili.
Al momento la nostra base load è principalmente legata al gas. Secondo problema delle rinnovabili è la densità energetica. Per produrre la stessa quantità di energia di una centrale nucleare o a gas, eolico e solare occupano una quantità di terreno molto maggiore. Terzo problema è l’inquinamento dovuto alla costruzione e al mantenimento di eolico e solare, molto più difficile e dispendioso (sembra strano) di una centrale nucleare.
Il problema principale della produzione di energia nucleare è legato alle scorie radioattive ossia al combustibile nucleare residuo prodotto dalle centrali nucleari di fissione. A differenza delle centrali termoelettriche, che producono fumi, questi impianti emettono isotopi, ossia atomi altamente instabili e difficili da smaltire che perdurano nel tempo e producono radiazioni molto pericolose per la salute dell’uomo e dell’ambiente. Le scorie nucleari, infatti, restando radioattive anche per migliaia di anni, possono causare pericolosi disastri ambientali e danni irreparabili per l’uomo, ad esempio malattie come la leucemia e gravi patologie del sistema nervoso.
In prossimità degli impianti sono state, inoltre, rilevate alte percentuali di malattie congenite nei bambini ed un preoccupante aumento degli aborti spontanei o feti malformati. Ciò avviene presumibilmente a causa del fatto che i materiali prodotti dallo sfruttamento dell’energia nucleare emettono radiazioni alfa, beta e gamma, responsabili di alterare il patrimonio genetico delle cellule e dunque di arrecare gravi danni ai tessuti, di qui la proliferazione di malattie quali il cancro e patologie genetiche ereditarie.
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L’Italia non ha più centrali sul suo territorio ma vanta una importante tradizione in materia. L’Italia ha effettivamente generato elettricità da centrali nucleari tra il 1963 e il 1990. L’incidente di Chernobyl del 1986 portò però a un drastico cambio di rotta. Risalgono al 1987 i tre referendum abrogativi che diedero inizio alla scomparsa del nucleare in Italia. Essendo stata la prima ad abbandonare il nucleare in Europa, l’Italia è all’avanguardia nel decommissioning. Tale procedura è quella che si occupa di gestire tutti i passaggi del processo in sicurezza sia per i lavoratori, i cittadini e l’ambiente
“L’Italia non abbraccerà l’energia nucleare e su questo siamo tutti d’accordo, così come siamo d’accordo sulle priorità di questa fase storica: efficienza, rinnovabili, economia circolare, riduzione delle bollette e una transizione ecologica inclusiva, che non lasci indietro nessuno”. Lo dichiara la sottosegretaria al ministero della Transizione Ecologica Ilaria Fontana ma siamo davvero tutti d’accordo?
Il leader leghista, Matteo Salvini ha affermato in questi giorni: “L’energia nucleare è quella più pulita e sicura. La Svezia di Greta ha otto centrali”. Il sindaco di Milano Beppe Sala ha risposto prontamente “Gli italiani si sono già espressi in un referendum”. In generale, il tema del nucleare sembra molto polarizzato e ricco di ideologie. La destra sembra più propensa ad un ricorso a questa tecnologia mentre la sinistra sembra sottolineare la volontà popolare espressa nei referendum avvenuti su questo tema.
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Cingolani di recente ha detto che il referendum riguardava le tecnologie del passato e non può impedirci di valutare le possibilità per il futuro. Molti, infatti, in Italia e all’estero, cercano di ricordare che le centrali nucleari in costruzione oggi sono molto diverse da Chernobyl e hanno fatto tesoro delle lezioni del passato. Il nostro ministro per la transizione ecologica vuole tenere una via aperta per l’eventuale arrivo delle miracolose centrali di quarta generazione.
Oggi, infatti, il Corriere della Sera torna a parlare dell’ipotesi di un impianto da edificare in un’area del mantovano, vicino al letto del fiume Po. Si tratta di un progetto degli Anni Settanta caldeggiato dall’allora ministro dell’Industria, il democristiano Carlo Donat Cattin. Vicino a un corso d’acqua perché ne serve tanta per raffreddare il ciclo del vapore che fa funzionare gli impianti. E sarebbe una centrale a fissione di quarta generazione con meno rifiuti da smaltire.
Non tutte le centrali sono uguali, e non tutte sono nuove. Infatti, più del 65% dei reattori attivi ha più di 30 anni. Di questi, il 17% ha più di 40 anni. Vietare le automobili sulla base delle misure di sicurezza presenti una vettura degli anni 60’ sarebbe quantomeno discutibile. Con la costruzione della centrale di Kashiwazaki (Giappone) nel 1996, è stata inaugurata una nuova generazione di reattori, la cosiddetta Generazione III/III+. Tale classe di reattori presenta notevoli avanzamenti rispetto alla precedente Tra questi, l’evoluzione più importante è l’inserimento di sistemi di sicurezza passivi. Questi, in caso di necessità, entrano in azione senza bisogno dell’intervento di operatori o sistemi elettronici. Detto in parole semplici, il reattore è costruito in modo tale che, se dovesse esserci un surriscaldamento dello stesso, la reazione nucleare tenderebbe a spegnersi proprio a causa delle leggi fisiche che la governano.
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Sono in fase di sviluppo i reattori di IV generazione, che porteranno un ulteriore miglioramento della sicurezza dell’impianto e la minimizzazione degli scarti radioattivi. Ci sono anche gli” Small Modular Reactors”: reattori di piccola taglia che permettono una produzione più conveniente in fabbrica. Come tutte le innovazioni in ambito nucleare, però, c’è bisogno di un grande supporto statale lo sviluppo. Un supporto su tre livelli: finanziario, regolatorio e di policy. L’Italia è disposta a “scommettere” ed investire sul nucleare o aspetterà che altri paesi facciano da apripista e ci indichino la via?
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