Carlo Nordio riprende i temi proposti da Silvio Berlusconi in un articolo su “il Giornale” per parlare di giustizia e magistratura. “Il peggior crimine è condannare un cittadino innocente.”
Tutto ha avuto inizio con Silvio Berlusconi che cita Piero Calamandrei per ribadire i principi posti a garanzia dei cittadini in uno stato liberale. La preoccupazione costante di ogni giudice, dice l’ex premier, dovrebbe essere quella di condannare un innocente. Questo evento costituirebbe una lesione del garantismo costituzionale e come un “assist” ai veri criminali, nei confronti dei quali non ci sarebbero le risorse per fare giustizia. Dal 1991 al 31 dicembre 2020 i casi sono stati 29.659: in media, poco più di 988 l’anno. Il tutto per una spesa complessiva dello Stato gigantesca, tra indennizzi e risarcimenti veri e propri: 869.754.850 euro e spiccioli, per una media appena superiore ai 28 milioni e 990 mila euro l’anno.
Quali punti ha toccato l’articolo di Berlusconi?
Innanzitutto si è parlato della necessaria terzietà del giudice, che deve essere distante dalle ragioni di entrambe le parti processuali. Per questa ragione il leader di Forza Italia riafferma la necessità della separazione delle carriere di giudicanti ed inquirenti. Ovviamente, in conclusione, non poteva mancare l’avvertimento per cui il politico è noto: la magistratura è politicizzata e principalmente comunista.
Successivamente il premier si è soffermato sulla fallibilità umana e, quindi, sulla possibilità di errori giudiziari. In proposito l’invito è quello a ridurre al massimo la carcerazione preventiva, soportattuto se la finalità è quella di ottenere una confessione. Si ricorda, in merito, l’importanza sistematica della presunzione di innocenza nel nostro ordinamento.
Terzo punto toccato è la durata del processo, vista anch’essa come parte della “punizione” dell’imputato. Silvio Berlusconi, infatti, vede la durata del processo come un grave danno alla qualità della vita del presunto innocente.
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Ultimo elemento sottolineato è come dopo una assoluzione non dovrebbe esserci un processo di appello. Nel sistema anglosassone, ad esempio, non c’è questa possibilità in quanto se il primo giudice ha avuto dubbi sufficienti ad assolvere allora un giudice di appello non può condannare sulla base delle medesime prove. Il principio è quello della “condanna al di là di ogni ragionevole dubbio”.
Si tratta di temi complessi e citazioni che spaziano da Giovanni Falcone a Kafka ma, in larga misura, si tratta di punti fondamentali della proposta referendaria di Lega e Radicali.
Cosa ha detto Carlo Nordio?
L’ex pm inizia subito dalla considerazione fatta sul condannare un innocente. “Lo Stato può anche sopravvivere sia pur malamente se non riesce a punire i crimini. Ma se condanna gli innocenti perde legittimazione etica e politica, si sgretola”. Subito dopo, Carlo Nordio si esprime sulla separazione delle carriere: “La separazione delle carriere è consustanziale al sistema processuale accusatorio, cosiddetto alla Perry Mason, che noi abbiamo adottato in modo imperfetto con l’attuale codice Vassalli.”
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“Nei Paesi dove questo sistema è vigente, dagli Usa al Regno Unito, dal Canada all’India ecc. non esiste la possibilità di transitare dall’una funzione all’altra come da noi. Dirò di più. Nel sistema americano il giudice può diventare pm perché questa carica è elettiva. E se questo District Attorney infila una serie di indagini costose e sbagliate viene mandato a casa, mentre da noi viene promosso, com’è accaduto nel caso Tortora e in tanti altri. In conclusione la separazione delle carriere è necessaria ma non sufficiente.”
Referendum e riforma della giustizia
“Dobbiamo scegliere tra i due sistemi inglese e americano, e coniugare poteri e responsabilità: in Gran Bretagna il pm è l’avvocato dell’accusa, e non dirige le indagini, affidate a Scotland Yard: mentre in Usa il Procuratore è il capo della polizia giudiziaria, come da noi, ma ha una responsabilità elettorale. L’Italia è l’unico paese al mondo dove il pm ha le garanzie del giudice e i poteri del superpoliziotto, senza rispondere a nessuno”.
In merito al quesito referendario di Lega e Radicali è stato toccato anche il punto della responsabilità dei giudici in caso di errori. “Un magistrato inetto, incapace o peggio ancora in malafede non va colpito sul portafoglio, ché tanto è assicurato. Va punito nella carriera, e cacciato dalla magistratura”.
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Ampliando il discorso al di là dei confini dell’articolo di Berluscono, l’ex pm ha parlato anche della riforma Cartabia. Ha definito il suo lavoro un “miracolo” che ha salvato la durata dei processi tramite il ricorso all’improcedibilità senza toccare la riforma Bonafede sulla prescrizione. Restano certamente problemi applicativi e dubbi da parte dei giuristi ma la soluzione è riuscita a soddisfare le richieste europee.
Carlo Nordio e le vicende processuali di Silvio Berlusconi
In conclusione l’ex pm condivide molti dei principi garantisti elencati da Berlusconi ma non per questo lo esenta da critiche. “Berlusconi è stato vittima sia delle toghe che di sé stesso. L’informazione di garanzia notificata a mezzo stampa a Napoli è stata una gravissima violazione di legge, ma nessuno ha mai indagato sui responsabili depositari del segreto violato. Quando però Berlusconi ne ha avuto la possibilità, invece di agire con riforme serie e organiche ha perso tempo con leggi personali, oltretutto inutili per le sue vicende. Una grande occasione perduta”. Vede positivamente la riforma Cartabia ma ritiene sia il minimo indispensabile a cui si auspica possa seguire il successo del referendum di Lega e Radicali.