Peggiora sempre di più la condizione dei tentativi di resistenza in Afghanistan, concentrati soprattutto nella regione del Panjshir: nei giorni scorsi i talebani hanno annunciato la conquista della regione, che però presenta ancora focolai di resistenza accesa. Stando a quanto riportato da Tolo news, la provincia presenta ora strade chiuse, l’assenza totale di corrente elettrica e linee telefoniche interrotte. Gli abitanti della provincia temono la fame.
Lunedì scorso durante una conferenza stampa a Kabul il portavoce dei talebani Zabihullah Mujahid ha annunciato la caduta della provincia del Panjshir a seguito dell’espugnazione della capitale Bazarak: “Con questa vittoria, il nostro Paese è del tutto fuori dal pantano della guerra“, ha ribadito, assicurando agli abitanti della provincia che i loro diritti saranno rispettati. Un annuncio che però non ha ancora annullato la realtà dei fatti: nel Panjshir gli scontri continuano, sotto forma di guerriglia. In assenza di aiuti provenienti dall’Occidente in grado di bilanciare gli aiuti dal Pakistan, tuttavia, è solo questione di tempo prima che questi focolai di lotta si spengano totalmente. E c’è da dire che il governo talebano sta facendo di tutto per piegare la provincia. L’emittente Tolo news parla di strade chiuse, corrente elettrica assente e linee telefoniche interrotte per sconfiggere definitivamente il Fronte Nazionale di Resistenza guidato da Ahmad Massoud.
Stando a quanto riportato dall’emittente, ora gli abitanti della provincia temono che l’isolamento completo del territorio porti la popolazione alla fame. Di fronte a queste notizie, il membro della commissione culturale dei talebani Anaamullah Samangani ribadisce: nella provincia “le condizioni sono normali e sotto il controllo” dei talebani. A questo si aggiungono le promesse del ministro afghano per i rifugiati, Khalil ur-Rahman Haqqani, che annuncia: a breve il governo darà il via agli aiuti umanitari per gli sfollati del Panjshir. Tuttavia, ormai l’abbiamo imparato, c’è sempre una profonda distanza tra ciò che i talebani affermano e ciò che i talebani fanno. E l’altra faccia della medaglia la mostra il Fronte Nazionale di Resistenza.
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”La resistenza non è finita, ma è appena iniziata”, scrive il Fronte nazionale di resistenza del Panjshir su Twitter, per poi denunciare le “crudeltà” messe in atto dai talebani nella Valle. Dalla resistenza parlano di “omicidi e atti di vendetta“, e di migliaia di espulsioni dalla valle. Il nuovo governo dell’Afghanistan continua “la pulizia etnica e il mondo sta solo a guardare e resta indifferente a questa situazione”, sottolineano dal fronte. ”Il popolo del nostro Paese è cresciuto con un’idea di sviluppo che i Talebani non accettano”, hanno proseguito gli uomini del Panshir, ribadendo tutta la distanza tra loro e i talebani: “Noi difendiamo i diritti della popolazione, delle donne, i valori e i diritti umani”. A confermare l’intenzione di non arrendersi è anche un’intervista al Corriere della Sera di Wali Massoud, fratello del Leone del Panshir, Ahmad Shah Massoud, e zio del figlio di quest’ultimo, Ahmad Massoud, che è leader del Fronte Nazionale di Resistenza.
“Chi conosce la valle del Panjshir sa che controllare la piccola strada che corre nel fondo valle non significa prendere il Panjshir. Il Panjshir non è caduto. I talebani possono sognarlo e il mondo magari crederci, ma è falso“. Insomma, la famosa frase attribuita a un talebano e riferita agli Stati Uniti potrebbe esser applicata anche alla resistenza anti-talebana nel Panjshir: “Voi avete gli orologi, noi abbiamo il tempo”. Lo ribadisce, indirettamente, lo stesso Wali Massoud, che ricorda che non è la prima volta che il Panjshir si trova a fronteggiare una situazione del genere: “Lo stesso fecero i sovietici e anche i talebani del primo emirato riuscirono a penetrare la valle e prendere la strada. Tutto uguale a ciò che sta succedendo oggi. Ma poi, i mujaheddin sono sempre riusciti a scacciare l’invasore“.
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In breve, in Afghanistan esiste ancora una resistenza armata che ha intenzione di non mollare, nonostante gli attacchi del regime talebano, nonostante gli aiuti dall’Occidente non siano arrivati (è difficile mettersi apertamente contro i talebani quando aspetti ancora di poter rimpatriare occidentali e collaboratori). In questo quadro possono avere un senso le parole di Deborah Lyons, rappresentante speciale del segretario generale delle Nazioni Unite per l’Afghanistan, nel suo intervento in Consiglio di Sicurezza: “I Talebani hanno conquistato il potere, ma non ancora la fiducia di tutto il popolo afghano“. Vero, ma il problema è che il ritiro è stato organizzato come una ritirata, il problema è che ha lasciato ai talebani mezzi e “ostaggi” da poter utilizzare a piacimento, il problema è che gli accordi di Doha sono stati firmati proprio con i talebani. E neanche di quelli più morbidi. Insomma, poco conta notare che non tutti gli afghani hanno fiducia nei talebani, se poi li abbandoniamo a loro stessi.
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