Oggi inizia il processo sugli attentanti del 13 novembre a Parigi che sconvolsero l’occidente. Il più grande processo francese del dopoguerra
Parigi, 13 novembre 2015: vengono uccise 137 persone e quasi 400 rimangono ferite negli attentati terroristi avvenuti in vari quartieri del centro della Capitale. Lo Stade de France, i locali su Rue Alibert, il ristorante La Belle Équipe e soprattutto il teatro Bataclan, sono alcuni dei luoghi dove un gruppo di terroristi dell’Isis spara all’impazzata sulla folla. Tra i morti anche alcuni attentatori e Valeria Solesin, la ragazza italiana italiana che si trovava al Bataclan dove si stava esibendo il gruppo degli Eagles of Death Metal.
Oggi, a quasi sei anni da quel giorno che sconvolse Parigi e il mondo, inizia il più grande processo del dopoguerra in Francia che vede coinvolti 20 imputati, 330 avvocati e 1.800 persone costituite parte civile. Secondo le autorità militari francesi, il rischio di nuovi attentanti è ancora alto, tanto che il Palazzo di Giustizia di Parigi è un bunker inaccessibile, le strade di Ile-de-la-Citè e la zona attorno Notre Dame, dove si svolge il dibattimento, sono chiuse e sorvegliate. I primi tre giorni serviranno per la presentazione dei capi di imputazione, convocazione delle vittime (circa 1.800 coloro che si sono già presentate) e l’organizzazione delle udienze. “Il mondo intero ci guarda, ciò che fa la differenza tra una civiltà e la barbarie sono le regole del diritto” ha detto il ministro della Giustizia, Eric Dupond-Moretti, all’inizio del processo.
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ABDESALAM TRA I PRIMI IN AULA
Nel banco degli imputati c’è anche Salah Abdeslam, l’unico attentatore kamikaze rimasto in vita dopo gli attacchi di Parigi, arrestato a Bruxelles nel marzo 2016. Il giorno degli attentanti sarebbe dovuto morire suicida, invece decise di abbandonare la cintura di esplosivo che lo avrebbe reso un “martire” insieme ai compagni con cui aveva organizzato e messo in atto le azioni. “Non c’è altro Dio all’infuori Allah e Maometto è il suo messaggero” ha esordito Abdeslam questa mattina davanti ai giudici francesi. “Mi chiamo Abdeslam Salah. I nomi di mio padre e di mia madre non hanno niente a che vedere qui. Ho rinunciato a ogni professione per diventare un combattente dello Stato Islamico” ha continuato, prima che il presidente della giuria tagliasse il suo intervento.
HOLLANDE: “TESTIMONIERO’ PER LE VITIME”
Nel 2015 Francois Hollande era il presidente in carica. Ha dichiarato che si presenterà in tribunale per testimoniare ciò che accadde il 13 novembre, quando era allo Stade de France per assistere alla partita amichevole di calcio tra Francia e Germania, “non per il bene della politica francese, ma per le vittime degli attacchi“. Hollande ha riferito di aver sentito in modo intenso il peso della responsabilità quella notte e per i giorni e le settimane successivi all’attacco.
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UN PROCESSO ENORME
Si prevede che il processo durerà almeno 9 mesi, sarà letto il riassunto dei 542 volumi di atti con circa un milione di pagine. Ancora da chiarire molte delle dinamiche degli attentati, in particolare il ruolo di Abdeslam, chi abbia coordinato le azioni e fornito le armi. Lunedì prossimo saranno ascoltati i primi testimoni, molti di loro hanno rimostranze a parlare con la stampa. Per questo motivo ogni persona coinvolta indosserà un cordoncino colorato per tutta la durata del processo: rosso per chi non fosse disponibile a parlare con la stampa, verde se disponibile a farlo.
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Fra gli altri imputati figurano: il tunisino Sofien Ayari, 28 anni, Osama Krayem; Mohamed Bakkali, 34 anni, accusato di aver noleggiato le auto servite per gli attentati, Abdellah Chouaa e Ali El Haddad Asufi; Adel Haddadi e Muhammad Usman, 34 e 28 anni, che accompagnarono i kamikaze dello Stade de France; Farid Kharkhach e Ali Oulkadi accusati di aver aiutato Salah Abdeslam a nascondersi a Bruxelles il 14 novembre; Oussama Atar considerato il membro dell’Isis che ordinò gli attentati di Parigi. Altri, latitanti o presunti morti, saranno processati in contumacia.