Dopo le tende divisorie nelle Università pubbliche, slogan e bandiere dei talebani al posto dei murales che abbellivano le strade di Kabul
Ieri è ufficialmente nato il governo ad interim in Afghanistan, guidato dal mullah Hassan che figura nella lista Onu dei terroristi, il suo vice è Ghani Baradar che dal 2018 ha condotto le trattative di Doha per il ritiro americano. Alla Difesa è andato Yaqub, figlio del mullah Omar, il fondatore dei talebani, e all’Interno Haqqani, leader della omonima rete, alleata dei talebani, ritenuta vicina ad Al Qaida: è ricercato dall’Fbi per terrorismo. Il nuovo governo, ha dichiarato il portavoce degli studenti coranici, “affronterà i problemi immediati, soprattutto la povertà. Quello della sicurezza è risolto, la guerra non c’è più“.
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A dispetto delle dichiarazioni pubbliche che si sono succedute dal giorno della loro presa del potere, i talebani poco alla volta stanno mostrando il loro vero volto: nelle Università pubbliche dove è ripresa l’attività didattica sono comparse tende divisorie per separare gli studenti dalle studentesse che, tra l’altro, devono terminare le lezioni 5 minuti prima dei loro colleghi per non incrociarli all’uscita dalle aule mentre in quelle private alle studentesse possono insegnare solo donne o uomini anziani di comprovata moralità. Come se tutto ciò non bastasse, slogan islamici dei talebani stanno progressivamente e inarrestabilmente prendendo il posto dei murales: i primi a finire sotto la scure della rigida censura dei nuovi padroni dell’Afghanistan sono stati quelli realizzati dal collettivo di artisti di “Artlords” che da otto anni abbellivano le strade di Kabul dipingendo su muri e barriere anti-esplosione i soggetti più disparati, dall’omicidio di George Floyd all’annegamento dei rifugiati afghani in Iran fino alla firma dell’accordo di pace tra Usa e Talebani.
Afghanistan, al posto dei murales slogan e bandiere dei talebani: cancellato anche quello dedicato al medico-eroe Tetsu Nakamura
Uno dei murales più famosi nel centro di Kabul era dedicato al medico-eroe giapponese, Tetsu Nakamura, ucciso a dicembre del 2019: il suo ritratto è stato sostituito da uno slogan in cui ci si congratula con la nazione per la “vittoria”. Omaid Sharifi, il co-fondatore del gruppo artistico, ha affermato che anche se il murale è stato cancellato, il ricordo di Nakamura non svanirà mai. “Tutti i murales sono un’estensione di me, un’estensione di Artlords e un’estensione degli artisti che ci hanno lavorato”, ha dichiarato al “The Guardian”. “Alcuni di questi murales erano l’anima di Kabul. Hanno dato bellezza alla città e aiutato le persone che stavano soffrendo“, ha precisato. Sfidando le minacce di morte e nonostante sia stati apostrofati come infedeli dagli integralisti islamici, gli artisti di “Artlords” hanno continuato a realizzare capolavori fino all’ultimo: la mattina del 15 agosto, con i Talebani alle porte di Kabul, Sharifi e cinque suoi colleghi sono andati a lavorare su un murale all’esterno di un edificio governativo.
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“Ogni volta che ne vedo uno distrutto, sento che una parte di me viene distrutta e anche punita – ha puntualizzato Omaid Sharifi – Questi murales non appartengono solo a me o agli Artlords, appartengono al popolo afghano“. Tra i murales rimossi, riferisce il quotidiano britannico, figura anche quello che mostrava l’inviato speciale degli Stati Uniti, Zalmay Khalilzad, e il co-fondatore dei Talebani, Abdul Ghani Baradar, stringersi la mano dopo aver firmato l’accordo del 2020 per il ritiro delle truppe statunitensi dall’Afghanistan: al suo posto ora c’è una citazione in cui si dice che i Talebani sono i “veri difensori” del Paese.